Obiettivo relitti della Sardegna (ovvero devo poter arrivare più fondo)

Mi immergo da venticinque anni e sono appassionato da sempre di immersioni sui relitti. Finora ne ho visitati una sessantina, ma il loro fascino fa sì che non mi bastino mai… Purtroppo molti relitti sono affondati a profondità proibitive. Altri sono a profondità "importanti" che superano ampiamente il limite di 40 metri delle cosiddette immersioni ricreative e sono ben oltre i limiti prudenziali impostimi dai brevetti che finora ho conseguito.

Dal 2010 mi immergo utilizzando anche miscele trimix normossiche e questo mi hanno permesso di raggiungere i 60 metri di profondità, ma l’essere passato al "circuito chiuso" (l’immersione con il rebreather) per assurdo mi ha fatto regredire perché, nonostante questo abbia aumentato immensamente la mia possibilità di permanenza sul fondo, il mio brevetto CCR di primo livello conseguito nel 2019 mi limita alla "modesta" profondità di 45 metri. Ovviamente, come qualunque subacqueo esperto, anch’io ho sforato diverse volte i limiti del mio brevetto, ma mi sono reso conto che con il rebreather non si scherza, specialmente se si utilizzano miscele trimix ipossiche come diluente. Ed ecco che il desiderio di poter "andare più profondo" in sicurezza sfruttando le grandi potenzialità del mio CCR mi ha spinto a conseguire il brevetto CCR di secondo livello con il limite (ahimè) di 60 metri e utilizzo di miscele trimix normossiche come diluente.

Ma facciamo un passo indietro e vediamo come ci sono arrivato. Dopo il terribile 2020 in cui la pandemia di Covid-19 ha limitato anche la mia attività subacquea (sono stato fermo per circa sei mesi e ho fatto il minor numero di immersioni da quando mi immergo) ho deciso di  iniziare il 2021 con un obiettivo preciso: fare pratica con il mio rebreather, frequentare il corso CCR di secondo livello tenuto dal mio istruttore di riferimento Aldo Ferrucci e in autunno immergermi sui famosi relitti della Sardegna sudorientale.

Così, dopo aver accantonato i miei propositi di sbarazzarmi del mio eCCR rEvo (la "macchina infernale" acquistata nel 2019, con la quale dopo una sessantina di immersioni non avevo ancora trovato un buon feeling), a maggio del 2021, dopo otto lunghi mesi trascorsi all’asciutto, sono ritornato al Bikini Diving di Castellammare di Stabia, la località che ormai ho eletto come mia "casa al mare". Qui ho ricominciato ad immergermi con il rebreather con uno spirito diverso, forse dovuto alla forte motivazione che mi spingeva a riprovarci. L’aver fatto qualche bel tuffo tra Capri e il Banco di Santa Croce senza problemi e senza mai superare i 50 metri di profondità mi ha riconciliato con il mio rebreather e mi ha fatto capire che le difficoltà incontrate nella respirazione erano solo un problema di testa.

Gruppo di subacquei CCR del "Bikini rEvo Team"

Confortato dall’esito delle mie immersioni, dopo un paio di mesi sono tornato di nuovo a Castellammare per un paio di settimane e ho fatto un’altra quindicina di tuffi in CCR, con una puntatina anche a 63 metri a Capri sul fantastico traliccio di Punta Carena, sul quale non mi ero più immerso dal 2018, ovvero da quando ho abbandonato le immersioni in trimix con il pesante bibombola sulle spalle. Tutto è filato liscio e quindi ho finalmente deciso di iscrivermi al corso CCR di secondo divello che Aldo Ferrucci avrebbe tenuto proprio al Bikini Diving in ottobre.

Per prendere ancora più confidenza con il mio rebreather e per affrancarmi dalla vigile sorveglianza di mia moglie Angela (già brevettata di secondo livello da un anno) che sino ad allora mi aveva accompagnato in tutte le mie immersioni in circuito chiuso, a settembre sono tornato da solo al Bikini Diving di Castellammare per una settimana. Quella settimana ha significato per me un punto di svolta. Con l’amico Paquale Manzi ho fatto sette bei tuffi tra il fantastico Banco di Santa Croce, Capri e Ischia.

E’ stata in particolare l’immersione a Punta Sant’Angelo d’Ischia con Pasquale e Pietro Sorvino che mi ha fatto capire di essere finalmente pronto per affrontare quella che nella mia mente era l’“Operazione relitti della Sardegna”. Con i rebreather addosso e carichi di bombole di bailout, noi tre siamo scesi fino alla fine della parete che precipita sotto la Punta, arrivando sulla sabbia a 71 metri. Abbiamo utilizzato una miscela leggermente ipossica14/38, e tre bombole di bailout: 12/60, EAN50 e O2, con un run time di 80 minuti e 35 minuti di decompressione.

Era dall’estate del 2017 che non m’immergevo a Punta Sant’Angelo. L’avevo fatto insieme a Pasquale e mia moglie Angela, in configurazione tecnica con bibombola da 12 litri di trimix 21/35 e una stage S80 di EAN50 per la decompressione. Allora raggiunsi i 61 metri e il mio run time fu di 60 minuti, ma debbo dire che l’immersione in CCR di quest’anno oltre che più lunga è stata molto più confortevole e l’essermi spinto più fondo mi ha permesso di ammirare i rami di corallo che la volta precedente non ero riuscito a vedere.

Così alla fine di settembre sono ritornato ancora una volta a Castellammare per frequentare finalmente il corso CCR tenuto da Aldo Ferrucci. Nei giorni prima del suo inizio per “acclimatarmi” ho fatto ancora qualche tuffo sui 50 metri in circuito chiuso sul Banco di Santa Croce e anche un’immersione a Capri sul traliccio di Punta Carena fino a 62 metri.

Poi finalmente il 4 ottobre è iniziato il corso di Aldo con il ripasso di tutte le procedure di sicurezza apprese durante il corso di primo livello, tanta teoria e l’utilizzo di due bombole di bailout (EAN32 + EAN50 oppure 22/36 + EAN50 a secondo della profondità). Tutto è andato per il meglio e alla fine ho ottenuto il sospirato brevetto che mi ha consentito di raggiungere mia moglie Angela... un anno più avanti di me.

Sotto: il brindisi per il mio brevetto con Aldo e Mario

 

Terminato il corso siamo partiti direttamente per la Sardegna per partecipare alla "Deep Wrecks Villasimius", l’evento organizzato da Aldo Ferrucci per festeggiare i 20 anni di attività del diving "Pro Dive Scuba Service" di Stefano Bianchelli a Villasimius. Questo storico diving sull’isola è un centro di formazione sull’uso dei rebreather, ed è in grado di fornire ai subacquei tecnici ricariche di elio e ossigeno e soprattutto una competente guida, Stefano stesso, che conosce perfettamente l’ambiente e ha abilità tecnica unanimemente riconosciuta.

L’idea di trascorrere una settimana immergendomi in questa zona al sud della Sardegna dove si trovano alcuni relitti della Seconda Guerra Mondiale molto noti ai subacquei mi allettava da tempo. Il bacino del Mediterraneo durante la Seconda Guerra Mondiale è stato teatro di scontro tra la Regia Marina Italiana, supportata da altre marine dell’Asse, e la British Royal Navy, supportata dalle marine Alleate. Al largo di Villasimius c’è un vero e proprio cimitero di navi che avrei voluto visitare da parecchio tempo, purtroppo però la profondità piuttosto elevata di questi relitti ha fatto sì che prima mi dovessi preparare adeguatamente per poterlo fare. Ora dopo due mesi di immersioni con il rebreather era arrivato il momento finalmente!

Insieme ad Angela mi sono imbarcato sul grande traghetto della Grimaldi Lines in partenza da Napoli e dopo una lunga notte di navigazione siamo arrivati a Cagliari. Da lì in un’ora di auto lungo la bellissima strada litoranea abbiamo raggiunto Villasimius, un delizioso paesino sulla costa sudorientale della Sardegna che sorge tra le incantevoli baie sabbiose dell’Area Marina Protetta di Capo Carbonara. Si tratta di una località unica nel Mediterraneo, ricca di scorci mozzafiato, flora vivace e rigogliosa, lunghe spiagge e acque cristalline. Villasimius è una vera perla del sud della Sardegna. Colori intensi del mare, acque limpide e brillanti, deliziose calette, lunghe distese di sabbia bianca finissima intervallate da piccole scogliere granitiche, lagune e colline verdi ricoperte di fichi d’india e alberi di eucalipto… Sono scenari che infondono emozioni uniche.

Abbiamo alloggiato nel bellissimo Hotel Mariposas, all’interno del quale si trova il diving "Pro Dive" di Stefano Bianchelli. L’albergo è davvero un piccolo paradiso. Le camere sono in tante piccole costruzioni adiacenti l’una all’altra, circondate da un giardino curatissimo ricco di fiori e vegetazione, all’interno del quale si trova una bella piscina. La nostra piccola suite al primo piano aveva una bella terrazza affacciata sul giardino, nella quale spesso prima di andare a cena gustavamo un aperitivo a base di vino e ottimi formaggi locali. Il diving si trova al piano terra della struttura dell’hotel ed è attrezzatissimo: un grande compressore, la possibilità di caricare qualsiasi tipo di miscela, attrezzatura completa per il noleggio. Non conoscevo questo centro immersioni, ma fin dal primo momento mi ha dato l’idea di una grande organizzazione e professionalità, cosa di cui ho avuto la conferma nei giorni successivi.

L'Hotel Mariposas a Villasimius (CA)

A causa del Covid-19 la "Deep Wrecks Villasimius", che avrebbe dovuto svolgersi nella primavera del 2020 con una quindicina di partecipanti ed era stata già rimandata all’autunno per colpa del lockdown, è stata ulteriormente spostata all’autunno del 2021 e a causa delle forti limitazioni negli spostamenti ha visto la partecipazione soltanto di sei subacquei. Oltre a me e a mia moglie c’erano Jean e Marie Hélène, una coppia di francesi, e altri due francesi Christhoper e Christian, tutti subacquei tecnici rebreatheristi esperti.

 

E’ stato un piacere per me rincontrare Jean "Phi Phi", un subacqueo che avevo conosciuto nel viaggio del 2019 a Truk in Micronesia, e fare la conoscenza con la sua simpaticissima e vivace moglie Hélène. Nonostante la nostra scarsa conoscenza del francese e grazie all’inglese che mastichiamo abbastanza bene Angela ed io non abbiamo avuto difficoltà a comunicare con i nostri compagni di avventura, e in poco tempo si è creata con loro quella sintonia che lega tutti i subacquei di ogni parte del mondo.

Il nostro gruppo al completo sul gommone condotto da Stefano

Il giorno dopo il nostro arrivo sull’isola sono iniziate le immersioni. Per una intera settimana le nostre giornate si sono svolte con un ritmo ordinato e serrato, secondo orari precisi: alle 7.30 appuntamento nella terrazza dell’hotel per la colazione e alle 8 ritrovo al diving per caricare i nostri rebreather e un’infinità di bombole di bailout sul furgone con rimorchio che l’avrebbe portata al Marina di Villasimius dove ci imbarcavamo.

Intorno alle 9 si partiva dal Marina con il gommone (un comodissimo BWA di 8,40 metri spinto da un fuoribordo Suzuki da 250 cavalli) verso la nostra destinazione e dopo circa una ventina di minuti di navigazione ci si tuffava in acqua.

Tornati al diving ci aspettava il delicato risciacquo dell’attrezzatura e la sua preparazione per l’immersione del giorno successivo, mentre Stefano, efficientissimo, caricava le bombole di ossigeno e preparava le miscele per il diluente.

Più tardi ci ritrovava tutti insieme per un "robusto" aperitivo sardo a base di pecorino, salame e pane guttiau, accompagnato da dell’ottimo Cannonau o del Prosecco, e dopo si andava a cena in uno dei tanti ristoranti del paese per gustare le specialità del luogo.

Sono state giornate tutte uguali, scandite da ritmi precisi e molto intense. Giornate trascorse in allegria e spensieratezza, che sono passate molto in fretta, tanto che la sera andavamo tutti a letto prestissimo.

Il meteo nella settimana di ottobre della nostra permanenza sull’isola ci è stato veramente favorevole. Di giorno la temperatura era gradevolissima, intorno ai 22-25 gradi, con un bel sole splendente, mare prevalentemente calmo e solo qualche raffica di vento. Anche in acqua abbiamo trovato delle condizioni ideali: non abbiamo mai incontrato mare mosso né corrente fastidiosa e la temperatura sul fondo, a 60 metri e oltre di profondità, non è mai scesa sotto i 17 gradi. La visibilità poi è stata sempre eccezionale. Avevo sentito parlare della limpidezza di queste acque, ma la sabbia chiara sulla quale si stagliano le sagome scure dei relitti e la trasparenza dell’acqua regalano davvero un’atmosfera unica.

 

Un robusto aperitivo sardo al diving

A cena con tutto il nostro gruppo

La spiaggia del Giunco

Le nostre immersioni sono state tutte molto belle e si sono svolte in piena sicurezza. I relitti che abbiamo visitato sono tutti pedagnati, e ci sono anche alcune boe fissate lungo la cima alle quote decompressive principali. L’ormeggio è quanto mai sicuro. Inoltre Stefano provvedeva a calare in acqua a 6 metri una stazione decompressiva formata da un solido trapezio sostenuto da due galleggianti e assicurato alla cima di discesa/risalita. I pedagni erano fissati saldamente a centro nave di ogni relitto e data l’ottima visibilità di queste acque erano facilmente visibili sia da poppa che da prua dei relitti. Insomma una discesa e una risalita sicure e molto facili.

Per aumentare il nostro comfort in acqua verso la fine delle nostre lunghe decompressioni, mentre eravamo in sosta lungo la cima o sul trapezio, Stefano si tuffava in acqua, ci raggiungeva e ci scaricava delle nostre bombole di bailout di fondo, lasciandoci solo con l’EAN50 e l’ossigeno, in modo da poterci muovere più liberamente. Poi, una volta risaliti a bordo del gommone, ci aspettava una tazza di tè caldo insieme a una fetta di torta ogni giorno diversa preparataci dalla bravissima Annalisa, e, come chicca finale, buona musica rock sparata a palla dall’altoparlante, che ci dava la giusta carica. Insomma… un’organizzazione e un trattamento al top!

Angela ed io abbiamo fatto cinque immersioni su tre relitti diversi: l’Isonzo, il Loredan e il Valdivagna. I nostri compagni francesi invece si sono immersi anche sul relitto del Bengasi che giace a 95 metri di profondità ed è ampiamente oltre i limiti del nostro attuale brevetto. Noi abbiamo approfittato della giornata libera per fare un giro turistico passeggiando sulle meravigliose spiagge di sabbia finissima. Abbiamo visitato la spiaggia del Simius e l’attigua spiaggia del Giunco, dove c’è lo stagno dei Notteri, una laguna salmastra che ospita colonie di fenicotteri rosa. Ci siamo arrampicati sul promontorio che domina la laguna, dove sorge una torre aragonese, e da lì abbiamo potuto ammirare un panorama mozzafiato.

L’ultimo giorno avremmo dovuto immergerci sul relitto del Salpi, ma un forte vento da nord est e il mare formato ci hanno costretto a ripiegare per un’altra immersione. Avevamo raggiunto in auto la spiaggia di Porto Pirastu, situata in una piccola baia in località Capo Ferrato, lungo la costa orientale della Sardegna. Qui avrebbe dovuto venire a prenderci Stefano con il gommone carico della nostra attrezzatura, evitandoci così una lunga navigazione. Però dopo aver lottato a lungo con onde alte più di due metri e forte vento contrario Stefano ha dovuto tornare indietro ed è venuto a prenderci al Marina di Villasimius per condurci nuovamente sul relitto dell’Isonzo che si trova in una zona più riparata. Non è stato certamente un ripiego, perché l’Isonzo ci ha regalato un’altra bellissima immersione con mare calmo e acqua limpidissima.

Estremamente soddisfatto dopo l'immersione sul Loredan

Il giorno successivo il nostro piccolo gruppo si è disciolto. Ci siamo salutati con la promessa di rivederci il prossimo anno. Noi – se la salute ce lo permetterà – torneremo qui sicuramente, perché i colori di queste acque cristalline, la natura selvaggia e rigogliosa e i sapori dell’ottimo cibo che abbiamo gustato hanno fatto sì che almeno io abbia lasciato un pezzetto del mio cuore in questa parte della Sardegna. Adiòsu, Stefano, a si biri cun saludi!


I relitti e le immersioni

Segue la descrizione dei tre relitti che ho visitato, la loro breve storia e i brevi racconti delle mie immersioni. Le emozioni vissute non posso descriverle facilmente, perciò le tengo dentro di me insieme al ricordo di quelle bellissime ore trascorse sott’acqua in compagnia dei miei pensieri.

 

ISONZO

 

L’Isonzo era una nave cisterna armata di 3.390 tonnellate di stazza, lunga 80 metri e larga 12, appartenente alla Regia Marina Italiana,. Colò a picco il 10 aprile del 1943 a circa 12 miglia dal porto di Cagliari, colpita dai siluri del sommergibile britannico HMS Safari, lo stesso che in pochi minuti determinò anche la tragica sorte del Loredan e dell’Entella, facenti parte dello stesso convoglio partito da Cagliari e diretto a La Maddalena. Colpita da un siluro sotto la plancia e da un altro a poppa, la nave affondò lentamente portando con sè 22 uomini dell’equipaggio.

Il relitto giace coricato sul fianco di dritta e allontanandosi un pò, grazie alla limpidezza delle acque sarde, si riesce a coglierlo al meglio nel suo insieme con un colpo d’occhio eccezionale.

 

Nuotiamo dapprima verso poppa per ammirare il grosso cannone, poi ci dirigiamo verso prua nuotando davanti alla coperta e osservando l’interno dallo squarcio prodotto dal siluro britannico. Si vedono chiaramente due grossi lavabi di ceramica bianca sui quali non ci sono incrostazioni. Illuminate dalle nostre torce alcune cernie brune vanno a nascondersi tra le lamiere.
Arrivati a prua, possiamo ammirare il grande cannone, molto bello da fotografare, e l’argano salpa ancore. Sulla prua molto imponente spiccano le due grosse ancore che sono ancora negli occhi di cubia. Ci nuotiamo intorno lentamente e poi ritorniamo verso poppa sorvolando un mucchio di detriti e pezzi di lamiera staccatisi dalla nave e ora sparsi sul fondale sabbioso.
Tra i detriti distinguiamo benissimo le maniche a vento che davano aria ai locali sottostanti, ormai distaccatesi dalla coperta. Il cassero e pezzi del grande fumaiolo sono sparsi sul fondo a 57 metri di profondità, insieme agli alberi con la coffa di avvistamento. All’interno del cassero vediamo un mucchio di triglie che brucano nella sabbia, mentre intorno al relitto ci sono nuvole di anthias rosa e si vede qualche grosso dentice nuotare nel blu. Il relitto dell’Isonzo è piuttosto spoglio: a differenza di quello del Loredan che giace poco distante, stranamente non è colonizzato da gorgonie e organismi sessili, probabilmente a causa della non continua esposizione alla corrente che porta il nutrimento e non ne ha permesso la crescita.

 

 

 

Prof. max 56 m - Run time 97 min - Diluent 16/38 - Bailout 22/36 + EAN50

Prof. max 57 m - Run time 75 min - Diluent 10/57 - Bailout 22/36 + EAN50

 

Relitto dell'ISONZO
(fotografie di Aldo Ferrucci)

LOREDAN

 

Quello del Loredan è sicuramente il relitto più bello del Golfo di Villasimius e uno dei più belli del Mediterraneo: un relitto che affascina tutti i subacquei per i colori delle gorgonie che ne ricoprono interamente la fiancata e per la ricca vita che si cela tra le sue lamiere.

Questa bellissima nave mista da carico e passeggeri, appartenente alla Società Anonima di Navigazione Adriatica di Venezia, fu costruita a Monfalcone nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico e fu varata nel 1936. Era lunga 72 metri e larga 11 e aveva una stazza di 1.357 tonnellate. La nave fu requisita nel 1941 dalla Regia Marina Italiana e fu iscritta con la sigla D19 nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.

Armata con due cannoni da 102/45 mm, quattro mitragliere da 20/65 mm e due scaricabombe con 21 bombe di profondità antisommergibile, fu impiegata durante la Seconda Guerra Mondiale nel servizio di scorta armata ai convogli.

Alle ore 16 del 10 aprile 1943 partì da Cagliari per scortare un piccolo convoglio diretto a La Maddalena formato dalla nave cisterna militare Isonzo e dal vecchio piroscafo Entella carico di 3.500 tonnellate di carbone. Verso le ore 18.20, quando era a circa 12 miglia dal porto di Cagliari, mentre il piccolo convoglio navigava 1 miglio a sud di Torre del Finocchio, chiamata oggi Torre delle Stelle, fu avvistato dal sommergibile inglese HMS Safari che, dopo aver assunto una posizione idonea all’attacco, lanciò quattro siluri contro le navi italiane e s’immerse rapidamente. Un siluro raggiunse la prua del Loredan che affondò immediatamente al largo di Punta Elia portando con sè tutto l’equipaggio e adagiandosi a una profondità di circa 65 metri. Anche la nave cisterna Isonzo, centrata da due siluri sotto la plancia e da un altro a poppa, affondò più lentamente con la perdita di ventidue uomini mentre l’Entella evitò un siluro ma finì con l'incagliarsi accidentalmente vicino alla costa.

Il relitto del Loredan, adagiato sul fianco sinistro, si trova in posizione 39°08' N e 9°23' E a una profondità di 65 metri con le sovrastrutture centrali che raggiungono la profondità di 52 metri. La poppa è stata distrutta dall’esplosione del siluro, infatti si possono chiaramente notare le lamiere piegate verso l’interno. La chiglia è completamente colonizzata dalla rara Paramuricea chameleon (gorgonia gialla e rossa), che forma un rigoglioso e colorato giardino fiorito che emoziona i subacquei che s’immergono sul relitto. Il relitto non è grande, ma concentra una moltitudine di Paramuricea clavata (gorgonie rosse) con alcuni esemplari che raggiungono un metro di altezza. Osservando attentamente si riconoscono molti particolari: una mitragliatrice completamente concrezionata, le bombole per lo stoccaggio di gas, un grande piatto doccia di ceramica, l’ancora di rispetto e i cestelli carichi di munizioni. I passaggi all’interno del relitto sono diversi e attraversando lo squarcio prodotto dall’esplosione della poppa, contornato dai ventagli delle gorgonie, si può raggiungere la chiglia.

 

Scendiamo lungo la cima che arriva sulla murata di dritta della nave a 60 metri di profondità e ci limitiamo a nuotare all’esterno del relitto, infilando solo la testa in varie aperture per vedere i particolari dell’interno. Entriamo nella stiva di prua, che però è vuota e piena di sabbia. Poi nuotiamo sopra il cassero centrale, anch’esso completamente ricoperto di bellissime gorgonie, dirigendoci verso prua. Sulla sabbia intorno allo scafo della nave si vede il grande albero con la coffa e una parte del fumaiolo. Arriviamo fino alla prua, dove si distinguono il grosso basamento del cannone da 120 mm (che non c’è più) e il grande argano salpa ancore. Nuvole di centinaia anthias ondeggiano ovunque ed è ipnotizzante osservare la loro danza continua. All’interno delle sue zone un pò più nascoste come lo squarcio che si apre a mezza nave il relitto ospita delle piccole cernie brune che illuminate dalle nostre torce fuggono a nascondersi, mentre all’esterno vediamo nuotare qualche dentice e dei grossi saraghi.

Sono state due bellissime immersioni, con un tempo di fondo di una trentina di minuti e una lunga deco trascorsa attaccati alla cima di risalita.

 

 Prof. max 63.5 m - Run time 71 min - Diluent TX 12/45 -

Bailout TX 22/36 + EAN50

 

 

Prof. max 64 m - Run time 77 min - Diluent TX 9/62 -

Bailout TX 22/36 + EAN50


Relitto dell'ISONZO

Relitto del LOREDAN

L'elica del VALDIVAGNA

VALDIVAGNA

 

Il Valdivagna era un piroscafo da carico a vapore di 5.400 di stazza lorda, lungo 121 metri e largo16, costruito nel 1913 nei Cantieri San Rocco di Muggia, di proprietà della Società di Navigazione Martinolich di Lussino. Fu affondato verso le 10 del mattino del 9 gennaio 1941 dal sommergibile inglese HMS Pandora poco a nord di Villasimius in località Costa Rei.

Il relitto giace in assetto di navigazione alla profondità di 74 metri. Ormai spoglio del suo carico, le sue lamiere si sono invece ricoperte di bellissima vita marina: grandi ventagli di Paramuricea chameleon ricoprono tutta la murata di destra, aragoste fanno capolino con le loro antenne dai vari anfratti del relitto e, quasi sempre, i dentici in caccia del pesce azzurro sorvolano la parte superiore del ponte. Durante l’affondamento la nave ha perso la prua ed anche nella zona poppiera è spezzata, facendo presumere l’impatto di più siluri; nonostante ciò la zona poppiera è quella più integra e mantiene ancora in sede la grande elica a tre pale.

 

Siamo scesi lungo la cima che arriva sul lato di sinistra a mezza nave a circa 60 metri di profondità e ci siamo diretti dapprima verso prua passando sulla parte centrale del relitto che è interamente collassata. Lo scenario che si presenta agli occhi è bellissimo, perché le lamiere sono completamente colonizzate da grandi ventagli di gorgonie bicolori. Dopo essere entrati nella grande stiva di prua (vuota e piena di fango) siamo ritornati verso poppa, nuotando in mezzo a nuvole rosa di anthias e ci siamo affacciati alla grande sala macchine con il motore ben visibile. Il tempo a quella profondità è trascorso molto in fretta e non siamo arrivati a vedere l’elica, ma abbiamo staccato dal fondo dopo una ventina di minuti, come avevamo pianificato nel briefing prima dell’immersione. Dovremo ritornarci…

Prof. max 71 m - Run time 92 min - Diluent 8/60 - Bailout 22/36 + EAN50

Le stupende gorgonie sul relitto del VALDIVAGNA

 

Nel blu....

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