I relitti di TRUK LAGOON - Immersioni nella storia

Marzo - Aprile 2019


 

Il mio viaggio in Micronesia nel paradiso dei relitti
Si dice che i sogni sono solo l'inizio del viaggio che serve per farli diventare realtà....

io questo "viaggio" l'ho compiuto fino in fondo e ho realizzato un sogno che coltivavo da tanti anni.
Ma partiamo dall'inizio di questa storia...
Sono sempre stato molto appassionato di storia navale, in particolare della Seconda Guerra Mondiale. Del resto sono il nipote e il figlio di due ammiragli della Marina Militare che la guerra sui mari, purtroppo, l'hanno vissuta in prima persona.
Il mare e le navi mi hanno sempre affascinato fin da ragazzino ed è per questo che amo la vela e pratico la subacquea, specialmente le immersioni sui relitti.
C'è un posto nell'Oceano Pacifico settentrionale che entra nei sogni e nelle fantasie di tutti gli appassionati di relitti come me: questo posto, dall'altra parte del mondo, si chiama Truk!

 

Premessa storico-geografica
Avevo letto sui libri di storia il racconto della famosa
"Operazione Hailstone", il grande attacco attacco aereo sferrato dagli americani tra il 17 e il 18 febbraio 1944 che distrusse la base giapponese di Truk (oggi chiamata Chuuk) nelle Isole Caroline Orientali, un fazzoletto di isole e atolli tra i tanti arcipelaghi che punteggiano la zona occidentale dell’Oceano Pacifico settentrionale. Qui vi sono pochissimi abitanti, centinaia di isole e isolette, molte ancora disabitate, in una scenario tropicale che comprende una larga fetta del Pianeta da est a ovest entro pochi gradi di latitudine nord e sud. Si tratta di terre scoperte molto anticamente, soggiogate nel tempo a conquistatori diversi, multiculturali, l’una diversa dall’altra e colonizzate fino alle recenti due guerre mondiali prima da tedeschi e poi dall’Impero giapponese. In seguito, con lo sviluppo del turismo degli anni ’70 queste isole sperdute nell’oceano sono diventate delle mete uniche per gli amanti del mare, specialmente per i subacquei appassionati di relitti.

Nella laguna di Truk durante il secondo conflitto mondiale c'era la base avanzata giapponese più importante del Pacifico centrale. Infatti, dopo che nel 1914 le forze giapponesi occuparono la Micronesia, comprese le Isole Caroline, la laguna di Truk per la sua particolare conformazione fu scelta per ospitare le navi da battaglia più grandi della flotta giapponese e nel 1939 divenne la base della 4ª Flotta della Marina Imperiale Giapponese, un avamposto molto importante e strategico nel Pacifico.

Oltre ad essere un ancoraggio per le navi da guerra e sede delle strutture per il trasporto navale, presso la base di Truk vennero costruiti diversi aeroporti, una base per  idrovolanti e un attracco per i sommergibili e così questo arcipelago divenne la sede navale più importante all'interno delle Isole Marshall. Tuttavia i giapponesi non fortificarono mai a sufficienza la base di Truk contro possibili attacchi aerei o sbarchi dal mare degli alleati. Avendo capito questa criticità e soprattutto a seguito dell’avanzata degli americani che avevano già conquistato le isole più importanti delle vicine Gilbert e Marshall costruendovi numerose basi aeree, strategicamente importanti, i giapponesi a partire dall'ottobre del 1943 cominciarono a ritirare le navi da battaglia ancorate nella laguna, arretrando la base avanzata della loro flotta nel Pacifico settentrionale prima nelle isole di Palau e, poi verso l’Indonesia e ridislocando le principali navi da guerra al sicuro lontano da Truk. Per questo motivo nel corso dell’attacco aereo sferrato dagli americani nel febbraio del 1944 furono colpite prevalentemente navi ausiliarie e non navi da guerra, oltre a tutte le strutture militari di terra più strategiche, come i depositi di munizioni, gli hangar con il carburante, le piste di decollo/atterraggio e gli aerei a terra.
Dopo la conquista degli atolli di Maturo, Kwajalein e di Eniwetok nell'arcipelago delle Marshall (gennaio 1944), la Quinta Flotta americana ottenne 3 corazzate veloci, tra cui la Jowa e la New Jersy da 45.000 tonnellate, 3 portaerei veloci (due del tipo Essex e una leggera del tipo Langley) e 2 portaerei di scorta.
La "Task Force 58"
della Quinta Flotta aveva quindi a disposizione 12 portaerei, con un totale di 715 aerei tra caccia, bombardieri da picchiata e bombardieri siluranti. Le navi americane lasciarono l'ancoraggio di Majuro nelle isole Marshall per avvicinarsi all'obbiettivo e il 17 febbraio 1944 comparvero nei paraggi di Truk. La poderosa squadra navale comprendeva 9 portaerei, 6 corazzate, 10 incrociatori e 28 cacciatorpediniere. Nei due giorni successivi 72 caccia Hellcat decollarono dalle portaerei americane e puntarono sull'arcipelago, effettuando 1.250 sortite.
L'Operazione Hailstone durò due giorni e nel corso degli incessanti bombardamenti gli aerei americani oltre a distruggere le postazioni giapponesi sulle isole dell'arcipelago di Truk affondarono una quarantina di navi e fecero circa 4.500 vittime tra i soldati e i marinai giapponesi. Pur non essendo mai stato definitivamente chiarito il numero di navi giapponesi affondate nella laguna, dalle analisi fotografiche si è certi dell'affondamento di almeno 2 incrociatori leggeri, 4 cacciatorpediniere, 1 sottomarino, 9 navi ausiliarie e navi cisterna e due dozzine di navi da carico armate; inoltre furono abbattuti oltre 250 aerei giapponesi, alcuni dei quali sono ancora visibili nei bassi fondali della laguna.
L'attacco americano di fatto determinò la fine del ruolo di Truk come principale base navale giapponese e come potenziale minaccia per le operazioni alleate nel Pacifico centrale e, una volta distrutte le sue potenzialità offensive, gli alleati poterono proseguire la loro avanzata vittoriosa verso il Giappone, fino alla resa finale avvenuta il 2 settembre 1945.

Il mio sogno...
Da quando una ventina di anni fa ho incominciato ad immergermi con l’autorespiratore ad aria in circuito aperto i relitti delle navi sommerse mi hanno sempre appassionato. Questi "pezzi di fero arrugginiti", testimoni muti di una tragedia consumatasi nel mare, per me hanno sempre avuto un fascino particolare. A mano a mano che progredivo con le mie conoscenze subacquee ho iniziato a visitare sempre più relitti e a leggere molti libri dedicati ad essi.
La lettura del libro di
"La laguna di Truk" di Enrico Cappelletti, che esplorò il sito per molti anni e racconta delle sue immersioni  fece scattare il mio desiderio di visitare quello che per gli appassionati di tutto il mondo è un vero e proprio paradiso sottomarino. Poi, dopo aver letto anche il libro "Operazione di Hailstone"  di Lorenzo Dal Veneziano, che con le sue splendide immagini documenta le più belle immersioni sui relitti di Truk, il mio desiderio divenne ancora più forte.

La lunghezza e il costo di questo viaggio e il fatto che non trovassi mai nessuno che lo organizzasse hanno fatto sì che il mio desiderio di immergermi in questo "paradiso dei relittari" rimanesse solamente un sogno. I racconti sui relitti di Truk però continuavano ad affascinarmi e ad incuriosirmi, perché nonostante siano ormai trascorsi 75 anni dall’Operazione Hailstone, grazie a condizioni ambientali particolari ed uniche, la flotta navale affondata nella laguna con tutto il suo carico è rimasta in buona parte integra, ed è un vero e proprio museo sottomarino, unico nel suo genere, che un appassionato di immersioni sui relitti come me sogna di poter visitare almeno una volta nella vita.

La laguna di Truk (che oggi si chiama Chuuk Lagoon) come ho già detto fa parte dell'arcipelago delle Caroline Orientali, che è compreso negli Stati Federati della Micronesia (F.S.M.), ed è formata da un grande atollo di 132 km2 di superficie che ha un diametro di quasi 40 miglia. L'atollo è aperto verso l'oceano da più "pass", da cui emergono numerosi picchi vulcanici. Si trova nel Pacifico centro occidentale, poco al di sopra dell'equatore e non molto distante dall'antimeridiano che segna il cambio di data. Precisamente l'atollo di Truk è a 7° 25' di latitudine nord e 151° 47' di longitudine est, distante circa 1.000 miglia a sud est di Guam, un'isola che ha lo status di "territorio non incorporato degli USA" ed è il punto principale di approdo per le rotte aeree intercontinentali. Guam si raggiunge dall'Europa con un lungo volo della Korean Air che fa scalo a Seoul. Da Guam si prosegue per Truk con i voli infrasettimanali dell'United Airlines. Come dire un luogo... dall'altra parte del mondo!
Quando alla fine della scorsa estate l'amico Aldo Ferrucci lanciò l'idea di un viaggio a Truk, capii che questa era l'occasione buona per me e per mia moglie per poter finalmente realizzare questo sogno, e non esitammo a dare subito la nostra adesione. Poi incominciò l'impaziente attesa...

L’arrivo a Truk
E così, dopo mesi d’impaziente attesa, finalmente venerdì 22 marzo sera partiamo carichi di aspettative (e di bagagli…) dall’aeroporto di Milano Malpensa per la nostra spedizione dall’altra parte del mondo.

All’aeroporto di Milano io e mia moglie Maria Angela c'incontriamo con AldoFerrucci e con Orietta, Valter e Marina, mentre all'aeroporto di Seoul ci riuniremo con i due francesi Jean e Alain e i due belgi Harold e Robert partiti da Parigi e con i due giovani spagnoli Monica e Benito che vivono in Svizzera e sono partiti da Zurigo. In tutto saremo 12 persone e il nostro gruppo è abbastanza composito sia per nazionalità, che per sistema d’immersione (in circuito chiuso o aperto) e anche per età. Non posso fare a meno di notare che, ahimè, io sono decisamente il più anziano del gruppo...

Dopo il primo lunghissimo volo Korean Air, durato circa 11 ore, ci ritroviamo tutti a Seoul, da dove dopo una lunga attesa in aeroporto proseguiamo per Guam con altre 5 ore di volo Korean Air e infine, dopo un’altra lunga attesa, con un ultimo volo United Airlines di un paio d’ore arriviamo a Chuuk sull’isola di Weno (l'ex Moen), la più grande dell’arcipelago.

Fuori dell'aeroporto troviamo ad attenderci la navetta del nostro hotel. Noi dodici saliamo tutti su un vecchio pulmino; mentre il nostro enorme bagaglio (due grandi valige e un trolley a persona!) viene caricato nel cassone di un camioncino che ci precede. Percorriamo per alcuni chilometri la strada che lasciato il paese si dirige verso la parte sud ovest dell'isola di Weno: una strada tremenda solo in parte asfaltata e piena di buche e pozzanghere fangose.
Finalmente raggiungiamo il "Blue Lagoon Resort", dove alloggeremo per due settimane e da cui partiremo al mattino per le nostre immersioni. Ormai è domenica sera ed essendo due giorni che viaggiamo siamo tutti molto stanchi (io praticamente non ho chiuso un occhio per due giorni) e la differenza di fuso orario di 9 ore con l’Europa si fa sentire parecchio, ma l’entusiasmo e l’impazienza di cominciare le nostre immersioni ci fa quasi dimenticare le fatiche del viaggio. Giusto il tempo di andare a cena nella grande sala da pranzo con l’aria condizionata sotto zero (!!) e poi corriamo tutti a dormire.
Da domani avrà finalmente inizio la nostra bella avventura!

Il mattino seguente, prima ancora di andare a fare colazione, attraverso il prato che separa le nostre camere dalla laguna e il primo impatto con queste acque cristalline circondate da palme e mangrovie e da piccole spiaggette di sabbia bianca mi lascia davvero senza fiato. Il paesaggio è da cartolina e la sensazione è quella di essere davvero arrivato in un paradiso tropicale!

Chuuk ... un paradiso per pochi


Truk, oggi Chuuk, è una nazione veramente povera, con poca o nessuna economia ed estremamente remota. Non penso che sull’isola di Weno ci sia un turismo diverso da quello subacqueo. Ci sono solo due hotel di cui sono a conoscenza, che servono entrambi i subacquei. Non ci sono attrazioni turistiche da vedere o spiagge particolarmente attraenti. Le case sono prevalentemente baracche, spesso costruite con pezzi di lamiera ondulata, un misto tra una bidonville di periferia e una favela brasiliana. Vi sono alcuni bazar, un paio di supermercati, una banca, un posto di polizia, un modesto ospedale e alcune chiese (ovviamente le costruzioni più ricche dell’isola).

Ovunque vi è immondizia disseminata per terra e un’infinità di carcasse di automobili. Smaltire questi rifiuti evidentemente sarebbe troppo costoso, ma il degrado e la miseria che si percepiscono vedendoli sparsi ovunque sono grandi.

In tutti questi anni la vegetazione tropicale è cresciuta, riuscendo a nascondere le ferite della sanguinosa battaglia del 1944, i crateri delle bombe sono diventati laghetti e le rovine delle fortificazioni sono ricoperte da erbe e fiori multicolori.

Oggi la vegetazione rigogliosa della giungla abbraccia le case e le baracche e la natura si è ripresa a poco a poco il terreno che i giapponesi le avevano sottratto per costruire le loro fortificazioni, nascondendo le ferite inferte dal tremendo attacco americano.  
Sull’isola di Weno poche strade sono asfaltate, praticamente solo un tratto nel "centro" del paese, mentre per il resto delle strade sono di terra battuta e piene di buche che si allagano spesso a causa dei violenti e improvvisi acquazzoni tropicali.

Quello che mi ha particolarmente stupito è la quantità di macchine moderne e persino costose che circolano sull’isola: grandi suv, monovolume e fuoristrada americani, giapponesi e coreani, che per la maggior parte girano senza targa.

Per strada c’è un’infinità di bambini a piedi nudi che giocano. Ci sono molte donne con i loro abiti colorati a disegni floreali che vendono le loro merci in povere bancarelle e molti uomini nullafacenti che sembra che non sappiano come passare il tempo.
Mi sono chiesto come questa gente possa vivere, dato che i prezzi degli alimentari e delle merci che ho visto nel supermercato sono molto più cari che in Italia.

Moltissime persone lavorano nel resort nel quale ho alloggiato e nel diving: non ho mai visto un centro immersioni con cosi tanto personale! Dev'essere l'attività più importante dell'isola.

 

Le giornate nel resort
 

Dal 25 marzo al 5 aprile le nostre giornate trascorrono tra il resort e il diving e si susseguono praticamente tutte uguali per quanto riguarda gli orari, ma completamente diverse per ciò che riguarda le emozioni, nuove e differenti in ogni immersione che facciamo.
La sveglia è alle 6:30 del mattino e alle 7:00 in punto ci ritroviamo nella grande e gelida sala dove consumiamo tutti assieme la prima colazione. Ma perché mai questi "semi-americani" hanno la mania di tenere l’aria condizionata a temperature glaciali? E’ vero che di giorno la temperatura varia tra i 31 e i 34 gradi e soprattutto che l’umidità è insopportabile, ma entrare e uscire da locali che sembrano delle celle frigorifere ha fatto sì che prima o poi quasi tutti noi abbiamo avuto problemi di raffreddore, tosse e mal di gola.
Alle 8:00 precise di ogni mattina ci si ritrova al diving "
Blue Lagoon Dive Shop" e alle 8:30 si mollano gli ormeggi della barca e si parte per la nostra destinazione distante dai 15 ai 30 minuti di navigazione. Il personale del diving è cortese ed efficientissimo: al mattino troviamo le nostre bombole con i gruppi già assemblati, i rebreather e le stage già a bordo delle barche; e al pomeriggio, dopo essere stati scaricati e ricaricati di gas li ritroviamo di nuovo a bordo.
Debbo dire che essendo "un po’ avanti con gli anni" ho apprezzato molto questo servizio.
Terminata l’immersione, si torna a terra a sciacquare la muta e le attrezzature e poi alle 12:00 in punto ci si ritrova in sala da pranzo per la colazione. C’è giusto il tempo di collegarsi al WiFi della lounge per cazzeggiare un po’ su Facebook e fare una breve siesta in camera o sui lettini sul prato davanti alla spiaggetta e alle 14:00 in punto ci si ritrova di nuovo al diving per l’immersione del pomeriggio.
Terminata l’immersione, si torna in camera per rinfrescarsi e alle 18:00 ci si ritrova tutti insieme al bar all’aperto del resort per un aperitivo e quattro chiacchiere.

Poi alle 19:00 si cena e dopo la consueta tappa alla lounge del resort per collegarsi al WiFi e vedere le novità su Facebook, al massimo alle 21:00 si va a dormire.

Orari da caserma? Forse, ma il tempo qui a Truk vola e lo scopo principale del soggiorno sull’isola sono le immersioni.

Il diving

Il "
Blue Lagoon Dive Shop" è veramente un diving ben attrezzato, in grado di soddisfare qualunque esigenza.
E' senza dubbio uno dei migliori che io abbia mai visto.
Ha un parco bombole davvero imponente, formato da decine di S80 e S100 (equivalenti alle nostre 12 e 15 litri) mono attacco; ma c'è la possibilità di abbinarne un paio con i fascioni inox e di montare un doppio rubinetto con manifold per farne dei bibombola. Inoltre ci sono bombole decompressive di tutte le misure.
La flotta del diving è composta da almeno una dozzina di veloci lance a motore fuoribordo che possono trasportare comodamente 6-8 subacquei con la loro attrezzatura.
L'officina di riparazioni all'interno del diving è fornitissima. La stazione di ricarica è davvero immensa e ben attrezzata: ci sono 6 grandi compressori per l'aria, 4 booster per l'ossigeno e l'elio un banco di stoccaggio aria e Nitrox e persino un concentratore di ossigeno con il sistema PSA (Pressure Swing Adsorption) che è in grado di produrre ossigeno a partire dall’aria dell'ambiente circostante mediante adsorbimento sotto pressione. 
Oltre a ciò nel diving si trova un negozio che vende abbigliamento e altri souvenir per i turisti.

Purtroppo nei giorni della nostra permanenza la scorta di elio era terminata, quindi non abbiamo potuto utilizzare miscele Trimix, ma dato che le profondità massime delle nostre immersioni non sono mai state superiori ai 60 metri abbiamo potuto impiegare aria oppure EAN30, ed EAN50 per la decompressione.

 

Le immersioni

Clima tropicale e temperatura dell’acqua di 28 gradi costanti permettono di fare immersioni con mute leggere, anche se io ho preferito usare una 5 mm che si è rivelata utile specialmente durante i lunghi trasferimenti in barca con mare mosso e vento teso dove si era letteralmente lavati da secchiate di acqua. Il meteo ci è stato particolarmente favorevole. Per i primi 7-8 giorni il cielo è stato sereno o poco nuvoloso consentendoci di avere sott’acqua una visibilità ottima anche superiore ai 30 metri. Poi abbiamo avuto qualche pioggia, specie negli ultimi giorni: violenti e brevi acquazzoni tropicali che hanno intorbidito l’acqua ma che non ci hanno certo fatto rinunciare alle immersioni. Il mare, essendo all’interno di una laguna protetta dalla barriera corallina, non è stato mai particolarmente mosso, e il vento, a volte forte, ha creato solo una modesta corrente di superficie, mentre in profondità non abbiamo mai incontrato corrente. Solo il 1° aprile in occasione di una delle immersioni sulla "San Francisco Maru" il mare era molto mosso, con onde di oltre un metro, ma appena scesi sott’acqua non ci sono stati problemi.
Fin dal primo giorno siamo stati divisi in due gruppi di 6 subacquei ciascuno. Su una barca c’erano solo rebreatheristi in CCR: Jean, Alain, Harold, Robert, Monica e Benito. Mentre sull’altra barca c’eravamo io, Orietta, Valter e Marina in circuito aperto e Aldo e Maria Angela in CCR. Ovviamente i due in CCR facevano coppia tra loro e facevano quasi sempre immersioni più profonde.
Le due barche andavano ogni volta su siti diversi, perciò in acqua non eravamo mai più di noi 6 con la nostra guida. Praticamente il gruppo dei rebreatheristi lo abbiamo visto solo a pranzo e a cena…
I relitti sono tutti pedagnati, con una robusta cima attaccata a una boa sommersa a 5-6 metri di profondità che arriva a centro nave e in alcuni casi anche con una seconda cima su un’altra boa.
La nostra guida Meckency, oltre ad essere molto brava sott’acqua, ha stupito tutti per la sua abilità nel trovare i relitti senza alcun ausilio oltre alle mire a terra. Conduceva il barcaiolo sul punto preciso in cui si trovava il relitto, si tuffava in mare con solo maschera e pinne e la cima in mano e in un attimo raggiungeva la boa sommersa e vi attaccava la cima per un ormeggio sicuro della barca. Prima di ogni immersione ci ha fatto un bel briefing su come orientarci sul relitto e su cosa avremmo visto e poi, durante l’immersione, si è dimostrato sempre vigile e attento, oltre che un ottimo conoscitore dei percorsi da fare in penetrazione.
Anche il barcaiolo Stenson è un personaggio eccezionale. Oltre a condurre abilmente la barca mossa da due motori fuoribordo Yamaha da 40 hp indipendenti (nessun volante e nessun collegamento tra i due motori!), con sferzate d’acqua che gli arrivavano sulla faccia si incaricava dell’imbarco e dello sbarco di tutte le nostre attrezzature e del cambio e rabbocco delle bombole. Un lavoratore instancabile, al quale io con il mio bibombola S100 che ho adottato a partire dal 5° giorno di immersione e la mia S80 di EAN50 da rabboccare ogni due immersioni ho dato sicuramente molto da fare. La mancia di 20 $ che ciascuno di noi ha dato alla guida e al barcaiolo alla fine delle immersioni è stata ampiamente meritata e forse persino troppo modesta.
Per sicurezza sotto la barca veniva sempre calata a 6 metri di profondità una bombola di aria attaccata ad una cima e una stazione decompressiva attaccata ad un'altra cima. Direi davvero un’organizzazione perfetta!

 

 

 

I relitti
La laguna di Truk è disseminata di relitti, posati sul fondale sabbioso a profondità variabili tra i 18 e i 70 metri. I resti delle navi affondate dagli americani giacciono sul fondo, molti sono in assetto di navigazione e a volte spuntano dall’acqua ferma della laguna, grandi masse ferrose coperte dalla ruggine.
Salvo quelli più profondi e quelli nei quali sono previste penetrazioni complicate, i relitti sono alla portata di subacquei di qualunque livello. La trasparenza delle acque e la temperatura gradevole rendono le immersioni molto confortevoli. Non vi è che l’imbarazzo della scelta su quale relitto andare ad esplorare.
Nelle mie 22 immersioni fatte nelle due settimane di permanenza a Truk io ne ho visitati 17 diversi… decisamente uno più bello dell’altro. Su alcuni relitti abbiamo persino voluto tornare ad immergerci più di una volta.

I relitti, dopo 75 anni dall'Operazione Hailstone si sono completante trasformati e da tetri ricordi di una violentissima  battaglia sono diventati l’habitat di una ricchissima varietà di pesci e oggi sono ricoperti di spugne e coralli di ogni specie. Gli scafi delle navi, a parte i danni provocati dalle esplosioni delle bombe e dei siluri, sono molto ben conservati e specialmente all'interno se ne riconoscono molti particolari. Su molti di essi si è sviluppata una foltissima foresta di coralli molli multicolori che li ha trasformati in dei giardini sommersi, mentre tutto intorno non vi è altro che la sabbia bianca della laguna.

Un fatto che mi ha particolarmente colpito è l’assenza dei grossi animali marini, che di solito s’impadroniscono dei relitti per farne le loro dimore. Non ho visto grosse cernie, murene o aragoste. Leggendo ho trovato la spiegazione del perché. Non tutti i depositi di munizioni saltarono in aria nei giorni dell’attacco, così i superstiti giapponesi e gli abitanti dell’isola affamati saccheggiarono le munizioni rimaste e le usarono per pescare. E la pesca con la dinamite ha praticamente eliminato quelle grandi specie ittiche che impiegano decenni per crescere.

I relitti che ho visitato
Ed ecco qui di seguito il racconto, tratto dal mio log book, dei 17 relitti sui quali mi sono immerso nella laguna di Truk.
(NB il termine "Maru" in giapponese significa semplicemente "nave mercantile")

Lunedì 25 marzo
FUJIKAWA MARU cargo lungo 132 mt. di 6.983 ton posato in assetto di navigazione su un fondale di 30 mt.  a sud dell’isola di Tonoas. Scendiamo sulla coperta a 18 mt. e nuotando verso prua entriamo nelle varie stive. All’interno bombe d’aereo, pezzi di ricambio, pale delle eliche, parti di tre aerei, compresa una fusoliera e una cabina di pilotaggio perfettamente conservata e un
caccia Zero Mitsubishi intatto, e poi bidoni di benzina, suole di stivali di gomma, munizioni, mitragliatrici… tutto è rimasto come era al momento dell’affondamento e l’acqua limpidissima permette di cogliere molti particolari. Le stive sono 6… ci vorrebbero un paio d’ore per visitarle tutte! A prua un grande cannone da 150 mm tutto concrezionato con ben visibile la targa recante l’anno di costruzione, e un bel telegrafo di macchina ancora funzionante e con le sue scritte ben visibili. Nuotando verso poppa entriamo in un’altra stiva piena di materiali e arriviamo fino ad un altro grosso cannone come quello di prua. A centro nave si vedono due targhe ricordo. Come primo relitto di Truk non è niente male!
Run time: 51 min. Max deep: 27 mt. No deco.

Lunedì 25 marzo
KIYOSUMI MARU
cargo lungo 137 mt. di 8.614 ton adagiato sulla fiancata di sinistra su un fondale di 30 mt. a nord dell’isola di Fefen. Scendiamo sulla fiancata di dritta a 14 mt. e ci dirigiamo verso poppa. La murata è tutta ricopeta di spugne e coralligeno.La visibilità non è eccezionale. Scendiamo sulla poppa fino a 30 mt. poi torniamo indietro nuotando verso la coperta semidistrutta dalle esplosioni. Seguiamo la guida in una penetrazione non molto semplice con passaggi molto stretti tra i rottami e continui saliscendi che con il relitto coricato su un fianco fanno un po’ perdere l’orientamento. Si riconoscono tanti particolari: una bella batteria di manometri,quadri elettrici, lampade, e in una stiva persino due biciclette. Dalla cubia di dritta esce la catena dell’ancora che si perde sul fondale sabbioso. Ci vorrebbero ore per visitare tutto!
Run time: 50 min. Max deep: 30 mt. No deco.

Martedì 26 marzo
SHINKOKU MARU petroliera lunga 152 mt. di 10.020 ton posata in assetto di navigazione su un fondale di  38 mt. nel canale tra Weno e Udot. Dopo una lunga navigazione con vento e pioggia arriviamo sul punto a SW dell’isola di Weno e ancoriamo sul relitto non trovando la boa sommersa. Il mare è molto mosso e ci sono onde che superano il metro di altezza. Nessun problema! Scendiamo sulla poppa ed entriamo in sala macchine da un boccaporto, arrivando fino a 31 mt. di profondità. All’interno la visibilità è eccezionale. Vediamo le grandi caldaie, un grande quadro strumenti e altri particolari interessanti. Usciamo per dare solo un’occhiata al cannone sulla poppa, poi ci dirigiamo verso prua attraversando il ponte di comando formato da vari locali. In uno di questi si nota una vasca da bagno fatta di piastrelle di ceramica, poi la sala da pranzo con sopra un mucchio di piatti e bottiglie (ovviamente messi lì per i turisti). Proseguiamo fino alla prua davvero imponente, circondata da pesci fucilieri. C’è molto pesce: cernie coralline, pesci farfalla, cernie maculate, pesci pipistrello e ovunque spugne, madrepore e coralli molli con attaccato qualche crinoide. Sembra quasi il Mar Rosso! Tornati verso prua smaltisco la mia deco vicino all’albero di prua che arriva proprio a 6 mt.
Run time: 55 min. Max deep: 31 mt. Deco 5 min.

Martedì 26 marzo

YAMAGIRI MARU nave passeggeri e cargo lunga 133 mt. di 6.438 ton adagiata sul fianco sinistro a 36 mt. di profondità e quasi intatta. Scesi sulla murata di dritta entriamo in sala macchie passando da uno squarcio e la visitiamo tutta salendo e scendendo per passaggi molto stretti. Ci sono molti particolari ben riconoscibili: valvole, quadro strumenti, testate dei motori, ecc. Nuotiamo verso poppa e andiamo a vedere la grande elica tutta incrostata, poi ci dirigiamo verso prua ed entriamo in una stiva piena di bombe di grosso calibro. Arriviamo al fumaiolo e al ponte di comando che è collassato sul fianco. Moltissimo pesce: carangidi, grosse cernie argentee e rosse puntinate, banchi di platax, pesci pipistrello e alla fine mentre siamo in deco un grosso barracuda solitario che ci gira intorno. Bellissimo relitto!
Run time: 48 min. Max deep: 32 mt. Deco 3 min.

Mercoledì 27 marzo
MOMOKAWA MARU nave passeggeri/cargo lunga 107 mt. di 3.280 ton adagiata sul fianco sinistro a 46 mt. di profondità. Scesi sulla murata di dritta a 35 mt. ci dirigiamo verso prua dove ammiriamo l’ancora Hall ancora nell’occhio di cubia. La visibilità eccezionale ci permette di vedere tutta l’imponente prua. Ci giriamo attorno e andiamo verso poppa nuotando lungo la coperta ed entrando nelle varie stive. In una ci sono pezzi di ricambio di aerei e un paio di carlinghe, grosse bombe, proiettili di artiglieria e telai di trattori con le ruote di gomma ancora integre.
Run time: 40 min. Max deep: 38 mt. Deco 6 min.

Mercoledì 27 marzo

RIO DE JANEIRO MARU nave passeggeri trasformata in cargo armato usato come nave appoggio per i sommergibili. Lunga 141 mt. e di 9.626 ton è adagiata sul fianco sinistro a 35 mt. di profondità.

Scendiamo sulla murata di dritta a mezza nave ed entriamo subito dentro una stiva piena di casse di bottiglie di birra di vetro.  Arriviamo sulla poppa dove c’è un grande cannone da 150 mm, poi scendiamo sul timone e guardiamo le due enormi eliche a 4 pale. Sulla poppa si legge “RIO DE...” una parte del nome della nave. Torniamo indietro e nuotando verso prua entriamo in un’altra stiva dove ci sono i basamenti rotondi di due cannoni antiaerei e casse di fucili. Proseguiamo verso prua passando sopra la coperta divelta dalle esplosioni. Mentre nel blu attorno a noi nuota un banco di grossi carangidi. Tornati a centro nave risaliamo in deco.
Run time: 65 min. Max deep: 31 mt. Deco 5 min.


 

 

Giovedì 28 marzo
SEIKO MARU cargo lungo 120 mt. di 5.386 ton posato in assetto di navigazione su un fondale di 52 mt. Scendiamo sulla coperta a mezza nave a 30 mt. di profondità e la prima cosa che si vede sono due bei telegrafi di macchina. Ci dirigiamo verso prua ed entriamo nella prima stiva, dove ci sono due grandi siluri appoggiati in verticale. Sulla prua estrema c’è un grosso cannone da campo da 75 mm montato su ruote di legno. Scendo davanti alla prua, bella e affilata e arrivo a 38 metri per vederla interamente nell’acqua limpidissima. C’è tanto pesce e vedo anche due aquile di mare maculate. Tonando verso poppa entriamo nel castello che ha tre livelli: nel primo ci sono gli alloggi dell’equipaggio con bagni in muratura coperti di mattonelle; nel secondo l’alloggio del comandante e nel terzo il ponte di comando. La deco mi costringe a risalire prima di quanto avrei voluto.
Run time: 52 min. Max deep: 39 mt. Deco 15 min.



 

 

Giovedì 28 marzo

HEIAN MARU ex nave passeggeri di lusso requisita dalla Marina giapponese e trasformata in nave appoggio per i sommergibili. Lunga 155 mt. e di 11.614 ton è adagiata sul fianco sinistro a 36 mt. di profondità ad est dell’isola di Tonoas. Scendiamo sulla murata di dritta e ci dirigiamo subito a poppa per vedere la grande elica di dritta. Poi nuotiamo verso prua passando dentro alla passeggiata di dritta dove ci sono adagiati tanti tubi di periscopi di ricambio dei sommergibili. Scendiamo all’interno della nave dove c’è un mucchio di piatti in parte ancora interi e vasellame. Usciti sulla coperta, nuotiamo fino alla prua e poi torniamo indietro passando sopra la murata di dritta che sembra un giardino di coralli. Qua e la ci sono vari reperti messi lì apposta per i visitatori: bottiglie, piatti, telefoni, lampade, contenitori di ceramica, coppe, bossoli di proiettili… Bella la doppia fila di oblò sulla fiancata con ancora i vetri intatti. Sulla poppa si legge perfettamente tutto il nome della nave, scritto sia in caratteri occidentali che giapponesi. Davvero un bel relitto sul quale ritornare!

Run time: 61 min. Max deep: 31 mt. No deco.

 

Venerdì 29 marzo
HOKI MARU cargo ex neozelandese catturato dai giapponesi, lungo 137 mt. e di 7.112 ton posato in assetto di navigazione su un fondale di 53 mt. a sud est di Tonoas.

La nave che trasportava combustibile per gli aerei prima di affondare è esplosa ed è tutta distrutta salvo la parte poppiera comprese due stive.
Prevedendo di fare un’immersione più profonda avevo preparato un bibo assemblando due bombole S100; poi abbiamo cambiato programma, ma da questo giorno in poi la mia configurazione sarà sempre bibombola con aria più decompressiva S80 con EAN50, che mi darà una scorta di gas più abbondante e la sicurezza per eventuali immersioni profonde.
Scendiamo sulla coperta a 30 mt. di profondità ed entriamo nelle stive: nella prima ci sono dei camion, un escavatore e dei trattori; mentre nella seconda si  vedono tante bombe mescolate a bottiglie di vetro. Siamo praticamente soli.

La nostra guida che ha sostituito l’ottimo Meckency per un giorno (e che ha avuto difficoltà persino a fare l’ormeggio della barca per il quale è dovuto intervenire Stenson)è praticamente “assente” e dobbiamo arrangiarci da soli.

Per un po’ mi aggrego ad Aldo e Angela che fanno fotografie, poi proseguo da solo gironzolando sulla coperta da prua a poppa ed infilandomi in varie aperture.

Lo scafo è squarciato dalle bombe degli aerosiluranti americani, ma è tutto colonizzato dai coralli e dalle spugne che ricoprono anche lo spezzone dell’albero di poppa e quelli dei due bighi di carico che sono ancora in piedi. Intorno nuota un grandissimo banco di grossi carangidi argentati che formano come una nuvola molto scenografica.

Stacco dal fondo al 30° minuto e risalgo per la mia deco e per aspettare Angela.

Run time: 66 min. Max deep: 40 mt. Deco 18 min.

 

Venerdì 29 marzo

GOSEI MARU piccolo cargo lungo 83 mt. di 1.931 ton utilizzato come nave da trasporto di siluri, che giace adagiato sul fianco sinistro a NW di Uman su un fondale di 37 mt.
Lo scafo è molto danneggiato e tutte le sovrastrutture e gli alberi sono crollati. La poppa e l’elica sono ad appena 4-5 metri di profondità mentre la prua arriva a 30 metri. Relitto non particolarmente interessante, ma adattissimo vista l’assenza della nostra guida. Nella stiva di poppa ci sono tante bacchette di cordite (
un esplosivo a basso potere dirompente usato per l’innesco delle artiglierie navali) e bidoni di benzina, oltre a dei grandi siluri. A prua si vede una bella ancora Hall nell’occhio di cubia di dritta, mentre a poppa sono molto fotogeniche l’elica e il timone. Approfittando del fatto che indosso il bibo e la decompressiva faccio un mucchio di giri dentro e fuori al relitto e mi presto come modello per le foto di Angerla ed Aldo. Intorno a noi c’è tanto pesce di barriera colorato e sul fondo incontro una razza maculata. Immersione divertente ma non particolarmente interessante.

Run time: 60 min. Max deep: 37 mt. Deco 8 min.

Sabato 30 marzo
SAN FRANCISCO MARU nave passeggeri/cargo lunga 117 mt. di 5.831 ton  poggiata in assetto di navigazione su un fondale di  60 mt. a SE dell’isola di Tonoas. E’ molto ben conservato ed è forse il relitto più famoso di Truk, per la grande quantità di oggetti e di materiale che si trovano nelle sue stive e per i tre piccoli carrarmati posati sulla coperta che sono un po’ il simbolo delle immersioni sui relitti di Truk. Per visitare questo bel relitto piuttosto profondo occorrono diverse immersioni. Ci dedichiamo alla parte prodiera, prevedendo una seconda immersione sulla parte poppiera. Scendiamo sulla coperta a 53 mt. e ci infiliamo nella stiva di prua n. 2 dove ci sono dei camion con grossi radiatori  e fanali sul davanti e due autobotti. Nella stiva di prua n.1 vediamo molte bombe di profondità ben allineate su degli scaffali, casse di fucili, mine magnetiche, contenitori stagni per armi leggere, e montagne di bacchette di cordite (che servono da innesco alle cariche dei cannoni). Sulla coperta davanti al ponte di comando vediamo i famosi carri armati leggeri e dei mezzi blindati con le ruote di gomma. In questa zona gli scatti fotografici si sprecano! Proseguiamo verso poppa passando sopra al ponte di comando che è crollato e alla sala macchine. Purtroppo il gruppo è già risalito con la guida e non me la sento di entrare da solo in un ambiente che non conosco e ad oltre 50 mt. di profondità. Rinuncio a malincuore e continuo a fare un giretto sopra la coperta staccando dal fondo al 22° minuto e iniziando una lenta risalita con decompressione.
Qui bisogna assolutamente ritornare!

Run time: 45 min. Max deep: 56 mt. Deco 18 min.

 

Sabato 30 marzo
KENSHO MARU nave passeggeri/cargo lunga 116 mt. di 4.862 ton  poggiata quasi in assetto di navigazione su un fondale di  36 mt. a nord dell’isola di Fefen.
Scendiamo sulla coperta a centro nave a 24 mt. di profondità e nuotiamo fino a prua dove c’è una torretta girevole con un cannone e un grosso argano con avvolte le catene delle ancore; poi ritorniamo indietro fino alla prima stiva. Entriamo nella grande sala macchine a due piani e scendiamo fino a 24 mt. L’acqua è molto limpida e si riconoscono molti particolari interessanti, compreso un grosso quadro elettrico. Usciamo e nuotando lungo la passeggiata laterale arriviamo fino a poppa dove io scendo a vedere il timone e la grande elica parzialmente insabbiata. Tornati a centro nave entriamo nella parte inferiore del cassero centrale dove c’erano gli alloggi e si vede il pavimento piastrellato del  bagno, un locale con due orinatoi di ceramica attaccati alla parete e disseminati sul pavimento piatti, bottiglie e suppellettili varie. Saliamo nel ponte di comando che si sviluppa su due piani: in quello inferiore spicca l’apparato della stazione radio, mentre in quello superiore dove c’era la timoneria c’è un bel telegrafo di macchina con ancora le leve funzionanti.
Il relitto è molto interessante e avendo una buona scorta di gas mi trattengo a lungo sul fondo. Stacco al 45° minuto e inizio a risalire per le mie tappe decompressive che faccio utilizzando solo l’aria del mio bibo, mentre sono circondato dai pesci pipistrello. Davvero bello!

Run time: 64 min. Max deep: 31 mt. Deco 9 min.

Domenica 31 marzo
AMAGISAN MARU nave passeggeri/cargo lunga 137 mt. di 7.620 ton  adagiata sul fianco sinistro su un fondale di  oltre 60 mt. a SW dell’isola di Uman. Scendiamo sulla cima che arriva a centro nave sulla fiancata di dritta a 36 mt. di profondità e nuotiamo verso prua. Entriamo nella seconda stiva che contiene solo molti fusti di benzina rotolati l’uno sull’altro e nient’altro d’interessante. Poi entriamo nella prima stiva dove vediamo una grossa automobile tutta schiacciata e un paio di biciclette. Nella sabbia sul fondo c’è una grossa autocisterna che è uscita dalla stiva ed è tutta schiacciata da un albero di carico che le è crollato addosso. Sulla prua estrema a 27 mt. di profondità spicca un grande cannone. Scendo davanti alla prua molto imponente e osservo l’ancora di dritta ancora nella cubia mentre quella di sinistra e affondata nella sabbia e la lunga catena è filata di prua. Intorno a noi ci sono banchi di barracuda che volteggiano nel blu e grossi carangidi. Tornato al cannone di prua mi accorgo che sulla sua base sono appoggiati un mucchio di proiettili di fucili… raccolti apposta per i turisti. Inizio a nuotare verso poppa e mi accorgo di essere rimasto da solo: il gruppo dei circuito aperto e la guida sono risaliti e Aldo ed  Angela  in CCR come al solito sono in giro a fare fotografie per i fatti loro. Entro in un’altra stiva e scendo sul fondo fino a 50 metri, ma al suo interno non trovo nulla d’interessante. Stacco dal fondo al 30° minuto e risalgo per fare la mia deco in libera, circondato da bei pesci pipistrello.

Run time: 53 min. Max deep: 51 mt. Deco 16 min.

 

Domenica 31 marzo
SUBMARINE I-169 sommergibile lungo 105 mt. di 1.785/400 ton appartenente alla classe Kaidai (che comprendeva i più grandi sommergibili della Marina Imperiale giapponese), affondato  a causa di un portello aperto durante un’immersione rapida a causa di una attacco aereo su un fondale di 44 mt. e coricato sul fianco sinistro con la parte prodiera interamente distrutta.

La torretta con il periscopio si è staccata ed è posata sulla sabbia accanto ad una grande ancora ammiragliato. Non vi si può entrare purtroppo.

Meglio conservata è la parte poppiera con un’elica e il timone ancora nella loro sede.
Intorno al relitto tanti carangidi, una razza maculata e un bellissimo anemone viola; sullo scafo tanti coralli molli, spugne e gorgonie.
Nella notte mi è venuto un forte attacco di sciatica che m’impedisce di piegarmi, ma non mi fa certo rinunciare alle immersioni. Solo la risalita in barca sulla ripida scaletta con il bibo in spalla è molto dolorosa e faticosa… pazienza! Il bravo Stensen mi da una mano agguantandomi alla rubinetteria delle bombole quando sono sull’ultimo gradino.

Run time: 45 min. Max deep: 43 mt. Deco 10 min.

Lunedì 1 aprile
SAN FRANCISCO MARU Oggi piove, c’è un forte vento e la navigazione è lunga, ma decidiamo lo stesso di ritornare su questo bel relitto per una seconda immersione dedicata alla parte poppiera.
La mia sciatica non mi da tregua e la lunga navigazione avviene sotto un acquazzone tropicale accompagnato dalle secchiate di acqua dovute al mare in prua. Il cielo è cupo ed è un vero mistero come faccia Meckency a trovare la boa sommersa che indica il punto d’immersione. Lo trova, si tuffa in apnea e in un attimo la barca è ormeggiata!
Scendiamo lungo la cima che arriva a centro nave e ci dirigiamo verso poppa. Entriamo nella stiva n.3 piena di cassette di munizioni: ci sono centinaia di proiettili di vario calibro sparsi sul fondo ovunque. Nella stiva n. 4 vediamo grandi siluri e bombe di profondità. Questa nave era una vera santabarbara e mi stupisco di come durante l’attacco aereo non sia esplosa disintegrandosi.

Siamo a 54 mt. di profondità e la nostra guida ci segnala di ritornare verso prua per avvicinarci alla cima di risalita. Io vorrei scendere a dare un’occhiata all’elica, ma come al solito sono da solo e non me la sento di arrivare a 60 mt. Piuttosto decido di dare un’occhiata alla sala macchine dietro al fumaiolo che è adagiato sul fianco sinistro. Mi affaccio da uno dei grandi boccaporti e guardo all’interno. Quella voragine mi attira e la tentazione di infilarmi dentro è grande… ma resisto. Al 20° minuto stacco dal fondo e inizio a risalire per fare la mia deco, “litigando” con il computer che nel frattempo è andato in blocco.
Run time: 52 min. Max deep: 54 mt. Deco 18 min.

Martedì 2 aprile

FUJISAN MARU petroliera lunga 156 mt. di 9.524 ton. posata in assetto di navigazione su un fondale di 66 mt. a NE dell’isola di Tonoas. La cima di discesa arriva sulla coperta a cento nave a 45 mt. di profondità. Appena arrivati sul ponte davanti al castello noto due grandi sagome che sembrano dei siluri, ma in realtà sono dei paramine divergenti, attrezzi che venivano calati in mare e trainati dalla nave come difesa dalle mine magnetiche. Sulla coperta c’è un mucchio di tubazioni con grosse valvole montate alle estremità. Nuotando verso prua incontriamo un casottino staccato dal resto delle sovrastrutture dove si trovano le cucine: ha una serie di portelloni che sono parzialmente aperti, ma troppo stretti per potermici infilare… mi limito a dare un’occhiata da fuori.
All’estremità della prua noto un telegrafo di macchina, poi affacciandomi oltre la murata vedo una grossa ancora Hall che esce dalla cubia di dritta. Sulla coperta c’è un grosso argano tutto concrezionato con avvolte le catene delle due ancore. Ottimi spunti fotografici!
Torniamo indietro e arriviamo al ponte di comando che sul davanti ha un lungo corridoio con grandi finestroni… qui ci passo. Nel nostro giro abbiamo visto solamente un terzo di questa grande nave, ma il tempo a questa profondità purtroppo vola e solo i CCR possono trattenersi più a lungo e arrivare fino a poppa. Al 22° minuto stacco dalla coperta e raggiungo il gruppo che è già risalito ed è in decompressione. Faccio 11 minuti di deco e sono di nuovo in barca.
Run time: 40 min. Max deep: 56 mt. Deco 11 min.

 

Martedì 2 aprile

HEIAN MARU Questo relitto è davvero molto bello, perciò merita una seconda immersione. La pioggia che negli ultimi giorni è abbastanza frequente continua e nonostante il mare calmo arriviamo sul punto d’immersione zuppi fradici. Scendiamo a 15 mt. sulla murata di dritta del relitto adagiato su un fianco e mentre io e Angela ci attardiamo a fare qualche foto con i vari oggetti recuperati e appoggiati sullo scafo il gruppo con la guida si allontana e lo perdiamo di vista. Facciamo la prima parte dell’immersione da soli scattando molte fotografie e osservando meglio i particolari che ci erano sfuggiti nell’immersione di quattro giorni prima. Arriviamo fin sotto alla poppa a 33 mt. di profondità, poi ritorniamo verso prua e ritroviamo il gruppo.  Entriamo tutti assieme in un paio di locali di questa nave passeggeri dove vediamo valvole, tubature e vari apparati. Riconosco alcuni siluri con ancora l’elica attaccata e i bossoli di molti proiettili di grosso calibro. Nuotiamo fino a prua e quando il gruppo insieme a Meckency decide di risalire mi accorgo che nel mio bibo ho ancora 120 bar di aria. Lo segnalo ad Angela, che essendo in CCR non ha problemi di scorta di gas, e decidiamo di farci un altro giro da soli. Scendiamo nel lungo corridoio della passeggiata laterale dove ci sono i tubi periscopi di rispetto dei sommergibili adagiati sul fondo e lo percorriamo tutto andando avanti e indietro, facendo foto e brevi filmati. Torniamo sulla murata di dritta e scattiamo ancora qualche foto al giardino di coralli che la adorna completamente e al 55° minuto stacchiamo dal fondo e risaliamo. Bella immersione molto tranquilla!
Run time: 62 min. Max deep: 33 mt. Deco 4 min.

 

Mercoledì 3 aprile
SHOTAN MARU piccolo cargo lungo 87 mt. di 1.999 ton posato in assetto di navigazione su un fondale di 52 mt. a SE dell’isola di Tonoas. La poppa è stata squarciata da un’esplosione, ma la prua è ben conservata e l’albero principale e il fumaiolo sono ancora dritti. Appena scesi sulla coperta a 45 mt. ci dirigiamo verso prua, dove c’è un grosso argano concrezionato con le catene delle due ancore avvolte. Scendo con Angela e Aldo sotto la prua per ammirare un’ancora nell’occhio di cubia. Poi entriamo nella prima stiva dove ci sono due piccoli camion e un mucchio di bottiglie di vetro che contenevano sakè. Nuotando verso poppa superiamo il ponte di comando ed entriamo nella seconda stiva: qui c’è un piccolo trattore, mitragliatrici e mucchi di mine antiuomo a forma di padella. Ovunque ci sono piatti di ceramica, tazzine e vassoi. Usciti dalla stiva andiamo a vedere il bel cannone di poppa che essendo tutto incrostato offre begli spunti fotografici. Torniamo indietro e mentre Aldo si infila in degli spazi molto angusti per scattare foto, io e Angela entriamo in una grande sala sotto il cassero e diamo un’occhiata in giro. Al 30° minuto stacchiamo dal fondo e iniziamo la lenta risalita con soste deco.
Run time: 58 min. Max deep: 51 mt. Deco 22 min.

 

Mercoledì 3 aprile

KENSHO MARU Ripetiamo l’immersione del 30 marzo su questo relitto a nord dell’isola di Fenfen concentrandoci questa volta sulla splendida sala macchine a 26 mt. … ottimo set fotografico.
La sala è divisa in due piani ed è attraversata da una passerella. Nuotiamo a lungo nella parte superiore sopra alle testate del grande motore diesel da 2.700 hp. Provo un po’ di apprensione quando Angela scende insieme ad Aldo nel piano inferiore passando per una stretta scaletta. Provo a passare anch’io, ma la decompressiva mi si incastra sulla ringhiera. Nel frattempo gli altri sono scesi nelle viscere della nave, vedo solo le loro luci. Decido di non scendere oltre. Esco fuori e aspetto che tornino contando i minuti. Non posso fare a meno di pensare che Angela ha fatto appena una trentina di ore d’immersione con il suo rebreather. Poi finalmente li vedo uscire e ci ricongiungiamo al resto del nostro gruppo. Scendiamo sotto la poppa a fotografare l’elica e il timone. Facciamo qualche altra breve penetrazione nelle cabine, nella stiva di prua, in quella centrale. Poi io e Angela ci attardiamo un po’ e perdiamo il gruppo. La visibilità oggi non è eccezionale nonostante il cielo sia sereno e l’acqua è un po’ lattiginosa. Nuotiamo avanti e indietro cercando la cima di risalita. La troviamo e risaliamo per fare la deco con il resto del gruppo.

Run time: 64 min. Max deep: 32 mt. Deco 9 min.

Giovedì 4 aprile

SAN FRANCISCO MARU Torniamo per la terza volta su questo bellissimo relitto. Partiamo sotto un forte acquazzone tropicale e quando arriviamo al punto d’immersione il tempo è migliorato e il mare è calmo. Ormeggiamo accanto alla m/n “Odissey” e scendiamo in acqua. Appena immersi mi accorgo che la bombola di ossigeno del reb di Angela perde. Avverto lei e Aldo che è assieme a noi e Angela purtroppo è costretta a risalire in barca. L’acqua è piuttosto torbida ed io scendo stando appiccicato alla guida. Arrivati a centro nave a 45 mt. dedichiamo la nostra immersione alla zona davanti al castello, dove ci sono i mini carri armati e i trattori e i camion nelle stive. Scendo nella stiva n. 2 a 52 mt per osservare bene da vicino i particolari dei due piccoli camion: radiatori, fanali, volanti, ruote… Sono affascinati questi automezzi! Tornato sulla coperta faccio un paio di passaggi nella passeggiata coperta di dritta, poi torno ancora ai carri armati, che sono proprio vicino alla cima di risalita. Ancora qualche foto, poi al 20° minuto stacco dal fondo e inizio la risalita. Deco e poi su in barca dove c’è Angela che mi aspetta. Questo relitto è davvero bello!

Run time: 40 min. Max deep: 52 mt. Deco 12 min.

 

Giovedì 4 aprile

SHINKOKU MARU Torniamo sul relitto di questa grande petroliera a NE dell’isola di Udot, dove siamo già stati il 26 marzo. Il relitto è molto danneggiato: gli alberi sono ancora in piedi, ma il cassero e le sovrastrutture sono crollate. La coperta è interamente ricoperta di spugne e coralli molli, ci sono madrepore e grandissime attinie che ospitano pesciolini colorati. Aldo riposa, perciò faccio l’immersione con Angela seguendo l’ottimo Meckency. Sul cassero noto un bel telegrafo di macchina e mi ci faccio fotografare accanto. Nuotando verso poppa entriamo negli alloggi dove nel primo locale sulla sinistra spicca il bianco di una vasca da bagno di ceramica. Nel locale successivo una serie di orinatoi e bidet attaccati alla parete. Poi nella sala centrale piatti e bottiglie ammassati su un banco. La coperta è piena di reperti trovati a bordo della nave ed è attraversata da tubature dotate di saracinesche. Nella stiva nulla di interessante: solo grosse matasse di cavi. Non manca la foto di rito accanto al grande cannone che svetta sulla prua. Torniamo verso centro nave nuotando sopra la coperta sul lato opposto a quello dell’andata. La coperta è ricoperta di sabbia bianca molto grossolana e scorgo una bella ciprea di colore rosa che raccolgo, sperando di potermela portare a casa. Al 40° minuto d’immersione stacchiamo dal fondo e risaliamo senza bisogno di fare decompressione.
Run time: 48 min. Max deep: 30 mt. No deco.

Venerdì 5 aprile

MOMOKAWA MARU Per me è l’ultima immersione perché ho deciso di riposare al pomeriggio e di fare asciugare la mia attrezzatura (decisione inutile dato che il solito violento acquazzone al pomeriggio la inzuppa completamente). Il raffreddore dovuto agli sbalzi di temperatura e il mal di schiena mi hanno un po’ debilitato ed è arrivato il momento di dire stop.
Ritorniamo sul relitto di questo cargo/passeggeri adagiato a 46 mt. di profondità sul fianco sinistro, dove siamo già stati il 27 marzo. Prima di tutto vado a prua per rivedere l’enorme ancora nella cubia e l’argano con la catena filata in mare. Poi entro in tutte le stive da prua verso poppa per rivedere i camion accatastati, i pezzi di ricambio degli aerei (ali, motori, eliche) e i fusti di carburante. Nuoto fino all’estrema poppa per ammirare ancora una volta la grande elica mezza insabbiata e l’enorme timone. Immagini che sono destinate a restarmi negli occhi. Intorno, come al solito, c’è molto pesce: cernie puntinate, pesci farfalla e pipistrello, un piccolo lion fisch nero…
Al 38° minuto stacco dal fondo e inizio la risalita per fare la mia deco in libera, durante la quale ripenso già con un po’ di nostalgia alle bellissime cose che ho visto in tutti questi giorni.
Run time: 57min. Max deep: 47 mt. Deco 15 min.

          

Epilogo e ringraziamenti
Le cose belle finiscono, ma il loro ricordo è destinato a rimanere per sempre. E il ricordo – come sono solito ripetere – è il più bel gioco della fantasia. Difficilmente ritornerò a Truk, ma i ricordi di questo bellissimo sogno divenuto realtà, di questa laguna blu incantata e di questi "ferri arruginiti" che hanno tanta storia da raccontare, resteranno per sempre tra quelli più belli.

Il mio meraviglioso viaggio è finito. Altri due giorni di faticoso ritorno, tra cambi di aereo, lunghe soste a Guam e a Seoul e anche un pernottamento a Malpensa (arrivato in aeroporto alle ore 20 italiane non ce l’avrei mai fatta a fare anche 500 km di macchina per tornare a casa!).
A questo punto è doveroso un ringraziamento ai miei compagni di avventura. Prima di tutto ad Aldo Ferrucci - autore anche delle bellissime immagini subacquee che completano questo racconto - senza il quale tutto questo non sarebbe stato possibile. Poi un ringraziamento va alla mia compagna di vita e di avventure Maria Angela, e ai nostri nuovi amici Orietta, Valter e Marina e infine anche al gruppo dei rebreatheristi, con cui durante i giorni di questa nostra avventura non ci siamo mai immersi ma con i quali siamo sempre stati a pranzo e a cena… e naturalmente all’ora dell’aperitivo.

 

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