La mia prima volta a 60 metri - Punta Pizzaco Isola di Procida(NA)

La prima volta che raggiunsi i 50 metri di profondità quasi non me n’accorsi, talmente ero preso ad ammirare a ... bocca spalancata, lo spettacolo offerto da uno dei più bei siti d’immersione del nostro Mediterraneo: gli archi sommersi della secca di Punta Secca dell’Isola di Caprara, nelle Tremiti.

Ma pochi mesi più tardi, dopo qualche altro tuffo oltre i 50, mi ritrovai inaspettatamente a superare il muro dei 60 metri, che, per un’immersione “ricreativa” ad aria, sono sicuramente una bella quota! Probabilmente anche troppo…

E’ noto, infatti, che a quella profondità, il subacqueo si trova a dover combattere contro due nemici piuttosto insidiosi: la narcosi d’azoto, che è sempre in agguato, e la ben più subdola tossicità dell’ossigeno contenuto nell’aria atmosferica, che alla pressione parziale di 7 atmosfere può diventare un grave fattore di criticità.

Qui vorrei tentare di descrivere le emozioni di quella prima volta, sapendo bene che certe sensazioni rimarranno in ogni caso nascoste nella parte più intima della mia mente, semplicemente perché oltre certi limiti non ci sono parole che possano descrivere ciò che si prova in quei momenti.

 

Immersione a Punta Pizzaco – Isola di Procida

1° giugno 2003. Mi trovo con la mia famiglia a Bacoli, nella parte settentrionale del Golfo di Napoli, per trascorrere un lungo week end d’immersioni d’inizio stagione, prima che quest’angolo incredibile di Paradiso sia preso d’assalto da migliaia di chiassosi napoletani che, giustamente, ne apprezzano le bellezze impareggiabili e lo colonizzano… per ogni centimetro quadrato.

Con il magnifico gommone del diving “Napoli Blu” di Filippo, partiamo dal molo di Baia alla volta di Procida, un isola che, per quanto riguarda i suoi fondali, non ha niente da invidiare alla vicina e ben più famosa Ischia.

 

 La giornata è soleggiata, il mare calmo, ci sono la bellezza di 27 gradi, sembra di essere in piena estate...

Ormeggiamo il gommone su un fondale di appena 5 metri, a ridosso di punta Pizzaco, sulla parte Sud Est dell’isola e formiamo le coppie.

 

Angela e Chiara (mia moglie e mia figlia di 15 anni) fanno coppia fissa e così io mi ritrovo con un giovanottone del posto, tale Giosuè, che mi fa subito capire, da come si muove, che oltre che esperto del luogo, è anche .... un pesce!!

Iniziamo l’immersione facendo subito un salto oltre la cigliata di una parete, che dal pianoro su cui abbiamo gettato l’ancora precipita giù fino a .... non si sa. La caratteristica di questa zona di immersioni, che ricordo bene per essere stato altre volte ad Ischia, è proprio quella di precipitare rapidamente verso quote alle quali non è pensabile arrivare con le attrezzature e gli assetti tradizionali, quote che superano facilmente i 100 metri.

L’acqua è di una trasparenza incredibile, o meglio, di una trasparenza tipica delle acque profonde del Golfo di Napoli, che ti fa immaginare di essere sospeso nel vuoto e di planare sopra degli abissi senza fine.

Giosuè nuota con minimi movimenti, dimostrando di essere perfettamente a suo agio nel mare che si trova proprio sotto casa sua e mi “tira” verso una direzione che non conosco, lasciandoci la parete sulla destra, in un susseguirsi di splendide gorgonie rosse, sempre più grandi e sempre più cariche di uova di gattuccio, appese come festoni sui loro rami.

I colori sono ormai scomparsi: siamo attorno ai 36 metri di profondità e il colore dominante è un grigio azzurrino, che avvolge ogni cosa e fa sì che tutta la parete assuma un aspetto pressoché uniforme, che solo la lama di luce del mio potente illuminatore fa esplodere di colori incredibili quando ci passa sopra: arancione, violetto, rosso, porpora, giallo..... e qui e là le antenne di piccole e timide aragoste, disturbate dalla luce che scava negli anfratti nei quali sono nascoste.

Le gorgonie sono ormai dappertutto e le gialle uova di gattuccio appese ai loro rami fanno un effetto ghirlanda di Natale, che è quantomeno insolito a 40 metri di profondità. Non c’è molto pesce.

 

Solo nuvole di nere castagnole e centinaia di anthias rosa, che nuotano dappertutto. Incontriamo anche un bellissimo polpo, di dimensioni davvero ragguardevoli, che, per nulla intimorito dalla nostra presenza, passeggia indisturbato lungo la parete e si presta ad essere “fucilato” dal potente fascio di luce della mia lampada da 50 W.

 

A mano a mano che scendiamo la luce si fa sempre più tenue: nonostante la limpidezza straordinaria dell’acqua, la luce fa sempre più fatica a penetrare gli oltre 45 metri d’acqua che abbiamo sopra la testa. Con la lampada puntata verso il basso credo di intravedere la fine di questa spettacolare parete, che altro non è che la prosecuzione dell’isola vulcanica sotto il livello del mare. Giosuè picchia deciso verso il fondo e, finalmente, vedo distintamente un fondale sabbioso sotto di me.

 

Arrivati alla base della parete allarghiamo un poco verso sinistra e cominciamo a vedere il fondale sabbioso che degrada decisamente verso profondità misteriose.

 

Oramai è tutto grigio attorno a noi. Verso l’alto si percepisce appena un debole chiarore e del resto è abbastanza normale, visto che il mio profondimetro segna meno 52 metri!

La sabbia è cosparsa di gusci di conchiglie, per lo più vuote, e qua e là posso scorgere qualche bel cerianthus, con i polipi che dondolano flessuosi in cerca di cibo. C’è anche qualche grosso granchio che passeggia sul fondo tagliando in diagonale la sabbia, ed è incredibile quanto l’acqua sia immobile quaggiù, perché si vedono benissimo le tracce delle zampe che rimangono impresse nella sabbia e formano come dei ricami.

Siamo appena a 10 minuti di immersione, ma l’aria del mio 15 litri cala allegramente di pressione, ricordandomi che a queste profondità ogni respiro sono decine e decine di litri.... Già la profondità.... Ma dove vuole arrivare Giosuè? Distolgo un pò la mia attenzione dal panorama circostante e mi soffermo a pensare a me stesso.

 

Mi sento molto bene, nuoto sospeso sopra la distesa di grossa sabbia, ma sto ancora puntando verso il largo, sempre più in giù e, nel respirare l’aria, divenuta densa e pastosa. Mi accorgo di essere in leggero stato di narcosi.

La conosco bene la “scimmia”…. che ti sorride e ti frega. Non si spiegherebbe altrimenti questo stato di benessere, che mi avvolge dolcemente a poco a poco, e mi fa sentire leggero, leggero ....

So che basterebbe salire appena di qualche metro e tutto svanirebbe; ma voglio gustarmi questa sensazione fino in fondo. Perciò nuoto pianissimo in assetto perfetto e la mia mente vaga lontano. Sento l’aria che mi arriva in quantità sufficiente dall’erogatore, ma che ha assunto una consistenza “masticabile”. Attorno solo il silenzio, nel quale sento benissimo il battito del mio cuore e il mio respiro, lento e regolare, che scandisce il mio procedere in questa dimensione liquida, alla ricerca di me stesso e dei miei limiti che ancora non conosco. Mi assalgono mille pensieri velocissimi.... anche questa è narcosi. Mi accorgo di pensare che ho oltre 50 metri d’acqua sopra la testa .... che sono tantissimi .... che sono 18 piani di un grattacielo .... ma mi sento molto bene. Si, sicuramente questa è la narcosi d’azoto che sta aumentando. Occorre fare molta attenzione!

Continuo ad andare avanti. Sento al mio fianco la presenza rassicurante di Giosuè: il pesce. Non lo conosco, ma mi sento tranquillo assieme a lui. Vedo che sorride. O sta molto bene pure lui, oppure è in piena narcosi .... non ci voglio nemmeno pensare.

Guardo i miei strumenti: 58 metri, l’aria non mi preoccupa, ma il computer indica 5 minuti di deco. Bisogna cominciare a pensare a come gestirla con questo mono da appena 15 litri. Giosuè mi fa un cenno con il pollice rivolto verso l’alto ... ora di risalire? Direi di si! Faccio l’ultima pinneggiata in avanti e, dato che ci sono, inclino la mia spalla sinistra sfiorando la sabbia con il polso e raccolgo una conchiglia tutta scolorita dalla lunga permanenza sul fondo. Giosuè forse penserà che io sia matto, ma sul display del mio computer appare 60.5 .... mai fatta una cosa simile! Sembra più facile di quanto io pensassi. Il resto è normale routine. Lenta risalita con smaltimento di un pò di deco, liberato un povero polpo finito in una nassa appoggiata sui 12 metri di profondità (so quanto i pescatori apprezzino queste manovre che noi subacquei amiamo fare...), fine della decompressione appesi alla cima dell’ancora, emersione e controllo dei parametri: 42 minuti di immersione, 13 gradi di temperatura minima, 40 bar di riserva d’aria, ma soprattutto 60.5 di max depth!!

Sono passati quasi tre anni. Ho fatto diversi altri tuffi oltre i 50 metri ed è sempre molto emozionante. Ma quella prima volta è rimasta impressa in maniera indelebile nella mia mente. Se chiudo gli occhi posso ancora rivivere quegli istanti di felicità trascorsi in un’altra dimensione .... solo con il mio respiro, con le mie paure, ma fuso in un tutt’uno con il mio mare. Immersione profonda. Si può tentare di descriverla, ma .... bisogna provarla!

 

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