LE MIE PIÙ BELLE IMMERSIONI

 NEL MEDITERRANEO

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Ormai mi immergo da quasi venticinque anni e posso dire di avere visitato i luoghi più belli del Mediterraneo, partendo dalla Francia, per poi girare attorno alle coste e alle isole italiane, poi a Malta, fino ad arrivare alle coste della Croazia.
Mi capita che ogni tanto qualcuno mi chieda quale è stata l'immersione più bella che ho fatto. Questa è una domanda alla quale non so rispondere facilmente, perché ogni immersione, anche la più semplice, lascia sempre un segno indelebile nella mia mente e mi regala emozioni spesso indimenticabili.

Durante l'immersione io mi compenetro completamente con l'elemento liquido che mi circonda e nuoto senza peso, assorto nei miei pensieri. Mentre sono sospeso nel blu vago quasi al di là del tempo e dello spazio, godendomi ogni istante che trascorro sott'acqua. Mentre sono immerso nutro dentro di me la segreta speranza di fare un incontro inaspettato che renderà quel tuffo un momento indimenticabile.... e a volte mi capita. Di solito conservo queste emozioni nel fondo della memoria sotto forma di ricordi ma, qualche volta, questi momenti magici li catturo anche sotto forma di immagini e racconti, affinchè restino nella memoria per sempre e per trasmettere le mie emozioni a chi mi legge.

Ogni mare racchiude dentro di sé infinite forme di vita che non finiscono mai di stupirmi e il mio entusiasmo, quando metto la testa sott’acqua, è ancora quello che provavo da ragazzino quando, con indosso una maschera Pinocchio e un paio di pinne Rondine della Cressi, mi dedicavo all’esplorazione del misterioso mondo sottomarino nei primi metri di profondità. Naturalmente negli anni '60 m'immergevo soltanto in apnea e i "fondali misteriosi" che esploravo erano solo quelli del Golfo di La Spezia, in particolare quel tratto di scogliera che va da Lerici a Fiascherino, dato che trascorrevo la maggior parte delle estati a Maralunga, una meravigliosa penisoletta che chiude la piccola baia che c'è dietro al castello di Lerici.

Sono passati molti anni da allora, e posso dire che oggi i miei "orizzonti esplorativi" si sono molto allargati. Verso la metà degli anni '90 ho conseguito il mio primo brevetto ARA e ho appreso la tecnica necessaria per immergermi con le bombole cariche di aria. Questo mi ha permesso di provare nuove emozioni, nuotando più in profondità alla scoperta dei meravigliosi segreti che il mare nasconde.

Ad ogni modo lo stupore e la meraviglia che provo quando mi immergo sono rimasti gli stessi di quand’ero bambino, e ancora oggi continuo ad emozionarmi quando m’immergo alla scoperta del magico mondo sottomarino che si nasconde alle profondità maggiori.

Che si tratti di un bel ramo di corallo rosso attaccato a una parete, o di gamberetti che si nascondono nel fondo di una oscura grotta, o di un grosso grongo o un'aragosta che fanno capolino all'interno di un relitto, oppure di un microscopico nudibranco dai colori sgargianti, o di un delfino che salta giocoso... i ricordi e le immagini del mondo subacqueo che riesco a catturare fanno riaffiorare molte mie emozioni fino in superficie. Raccontarle qui nel mio sito e riviverle di tanto in tanto mi dà nuove emozioni... perché in fondo, come disse tanti anni fa il mio primo istruttore subacqueo, "il ricordo è il più bel gioco della fantasia". Ecco questo mio sito internet serve a non dimenticare.

Con il passare degli anni ho affrontato immersioni via via sempre più impegnative e oggi posso affermare di essermi immerso praticamente  "ovunque c'è acqua" (e guarda caso questo è proprio il titolo che ho scelto per un mio libro....) e il ricordo delle centinaia di tuffi che ho fatto è sempre vivo più che mai.

Ma allora tornando alla domanda iniziale quali sono i tuffi più belli da ricordare?

Per cercare di rispondere ho sfogliato i miei log book (da oltre vent'anni continuo a  registrare ogni mia singola immersione...) e con qualche difficoltà ho selezionati le immersioni che mi hanno dato le  emozioni più forti, limitandomi a quelle che ho fatto nel Mediterraneo.

Normalmente, quando si fa una classifica di qualunque genere si è soliti stilare una "Top Ten", ma scegliere solamente dieci immersioni per me non è stato sufficiente.

Ed ecco perchè qui ho voluto descrivere una venticinquina di immersioni in alcune località che nascondono nei loro fondali ambienti straordinari,. Sono le immersioni che costituiscono i miei ricordi più belli. Le ho descritte in ordine cronologico, anche se alcune di esse le ho ripetute più volte, perchè fare una graduatoria delle preferenze mi è stato davvero impossibile.

Purtroppo, trattandosi di immersioni fatte nel Mediterraneo, sono quasi tutte a profondità superiori ai 50 metri, quindi con tempi di fondo piuttosto limitati se si scende con un monobombola. Il nostro mare, così povero in superficie, purtroppo riserva i suoi segreti più belli soltanto a coloro che riescono a scendere a certe profondità. Ovviamente avendo imparato ad immergermi anche con il bibombola caricato in trimix e con il rebreather ho potuto "osare di più", arrivando a 60 e a 70 metri... mantenendomi comunque sempre nei miei limiti di sicurezza e di comfort.
Nel racconto di queste mie immersioni c'è il ricordo di visioni da sogno, scenari e ambienti che non tutti possono ammirare, ma che rimangono scolpite in maniera indelebile nella mente di chi ha la fortuna di avventurasi in quei fondali. Per ciascuna di queste immersioni ho indicato solo i dati della prima volta che l'ho fatta, accompagnati dall'immagine che ricordo di più che la caratterizza.

 
Spero che questa raccolta possa servire ad utile guida ad altri subacquei, perciò ecco la descrizione delle immersioni più belle che ho fatto nel Mediterraneo in questi venticinque anni.

 

Sant'Angelo d'Ischia

1) ISCHIA (NA) - Parete Sud di Punta Sant’Angelo

(3 giugno 2002 - prof. 52.3 mt. - run time 44 min. - temp. 14.1 °C)

 

L'immagine che conservo di questa immersione sono i colori spettacolari delle enormi gorgonie e dei coralli che ricoprono la parte più profonda della parete.

 

Il promontorio di Punta Sant’Angelo si sporge verso il mare aperto nella parte meridionale dell’isola d’Ischia, ed è come un grosso panettone di roccia che è collegato all’isola soltanto da una sottile lingua di sabbia. L’immersione più bella in questa zona è senza dubbio quella sulla punta estrema dell’isola, a sud del piccolo borgo di Sant’Angelo. Qui ci si trova di fronte ad un’impressionante caduta di rocce verticali coperte da una fittissima foresta di gorgonie di ogni colore. La bellezza di questa parete, che precipita sino ad oltre 100 metri, è davvero indescrivibile e già a partire dai 50 metri le rocce sono ricoperte di piccoli rametti di corallo rosso che rendono veramente unica questa immersione.

Dopo aver superato la scogliera frangiflutti che delimita il piccolo porticciolo turistico, mi sono diretto con la barca verso la punta meridionale del promontorio di Sant’Angelo e arrivato sul punto d’immersione sono sceso rapidamente in acqua, mentre la barca è rimasta in movimento non potendo assolutamente calare l’ancora a quella profondità.

Dopo una serie di grandi massi che si trovano intorno ai 30 metri di profondità, mi sono ritrovato a nuotare in mezzo a una quantità enorme di spettacolari rami di gorgonie gialle, di dimensioni che non ho mai visto da nessun’altra parte del Mediterraneo. Ho visto anche degli enormi rami di gorgonie rosse che si mescolavano con quelle gialle, formando una vera e propria foresta dal cromatismo eccezionale.

Qui è là si stagliavano netti contro il blu cobalto dell’acqua i delicati steli di grandissimi spirografi, con le loro corolle completamente espanse per catturare il nutrimento portato dalla corrente; mentre dai rami delle gorgonie pendevano moltissime uova di gattuccio… insomma una tavolozza di colori bellissimi.

Arrivato intorno ai 50 metri di profondità la parete rocciosa si è fatta molto più povera di colori e di vita e l’unica cosa interessante che ho visto sono le spaccature della roccia che precipita verso profondità abissali, all’interno delle quali c’erano molti rametti di corallo color rosso vivo, con i loro piccoli polipi bianchi espansi per catturare il nutrimento. Purtroppo a quella profondità il tempo di fondo è passato molto in fretta e non mi è rimasto altro che risalire per fare la sosta di decompressione.

 

NOTA Sono tornato altre volte ad immergermi a Punta Sant'Angelo: lo fatto in trimix con il bibombola sulle spalle e più recentemente con il rebreather, scendendo lungo la parete fino alla sabbia e arrivando a vedere il corallo che si trova molto più in profondità.

Le ultime immersioni, fatte in circuito chiuso, mi hanno permesso di raggiungere i 70 metri di profondità e di ammirare i bei rami di corallo rosso che ricoprono la parete nella parte più profonda.

(9 settembre 2021 - prof. 71.5 mt. - run time 80 min. - temp. 15 °C)

(5 ottobre 2023 - prof. 71.5 mt - run time 82 min. - temp. 15 °C)

 

 

 

 

Isola di Capraia e faro di Punta Secca

 

2) ISOLE TREMITI (FG) - Archi di Punta Secca

(7 settembre 2002 prof. 54.3 mt. - run time 52 min. - temp. 17.3 °C)

 

Le immagini che più ricordo di questa immersione sono le volte dei due grandi archi sommersi tappezzate di madrepore e margherite di mare, gli enormi scorfani incontrati lungo la parete e il banco di palamiti a caccia di sardine.

 

All’estremità nord-est di Capraia, l’isola più selvaggia che fa parte dell’arcipelago delle Tremiti, si trova Punta Secca, uno sperone roccioso che prosegue anche sott’acqua formando una dorsale che si spinge verso il largo, con una sommità pianeggiante e le pareti a picco che sprofondano oltre i 50 metri di profondità. Il salto verticale è letteralmente ricoperto da immensi rami di gorgonie rosse e gialle, punteggiati di uova di gattuccio, che formano uno scenario dal cromatismo eccezionale.

Scendendo verso la base della parete si apre all’improvviso un maestoso arco sommerso con la volta totalmente ricoperta da Astroides e Parazohantus e da variopinte spugne incrostanti. Attraversando questo arco si sbuca sulla parete opposta, bella e ricca di colori quanto la prima e, dopo qualche decina di metri, s'incontra un secondo arco sommerso, molto più piccolo del primo, che sorge dal fondale sabbioso di 55 metri.

Durante il mio tuffo sono passato attraverso questi due stupendi archi naturali e poi sono ritornato dal lato della prima parete, iniziando la lenta risalita necessaria a smaltire l’azoto accumulato durante la permanenza sul fondo. In risalita ho visto degli scorfani giganteschi, fermi immobili e completamente mimetizzati sulla parete e parecchio pesce di passo: dentici, ricciole e un banco di palamiti sbucati all'improvviso dal blu. Lo spettacolo cruento e inaspettato di questi grossi pesci pelagici a caccia in mezzo agli immensi branchi di castagnole e di pesce azzurro che fuggiva impazzito in tutte le direzioni inseguito dai palamiti è stato davvero emozionante e indimenticabile. La visibilità durante tutta l'immersione è stata buona, ma nei primi metri ho incontrato una corrente molto forte, abbastanza frequente in questo punto perchè l’immersione si svolge completamente in mare aperto e devo ammettere che la risalita completamente nel blu è stata piuttosto impegnativa…

3) PALINURO (SA) -  Parete di Capo Spartivento

(Parete Nord: 22 giugno 2003 - prof. 42.6 m. - run time 43 min. - temp. 13.2 °C )

(Parete Sud e Grottone: 10 settembre 2008 - prof. 45.5 m. - run time 46 min. - temp. 17.2 °C)

 

L'immagine che ricordo di più di questa immersione è il colore rosso corallo della parete, oltre all'enorme murena che ho incontrato in profondità. Oltre a ciò porto nel cuore il ricordo del caro amico Mauro Cammardella, che mi ha accompagnato in questi fondali e che purtroppo è scomparso prematuramente in questo mare che amava tanto.

 

Tuffarsi la prima volta sotto Capo Spartivento sul promontorio di Palinuro lascia senza fiato, perché dai 30 metri in giù la parete è un’esplosione di corallo rosso, che man mano che si scende diventa sempre più fitto. Arrivati attorno ai 40 metri di profondità il rosso diventa il colore predominante sulla parete. Solamente se la corrente si fa più forte, la parete cambia colore e si tinge del bianco dei ciuffi dei piccoli polipi del corallo che sono completamente espansi alla ricerca del cibo.

Mi sono immerso in questo punto (sicuramente uno dei più belli dei nostri mari) diverse volte, ma ogni volta ho provato un’emozione nuova e diversa. La zona è dominata da forti correnti, perché lo sperone di roccia che sale dai 50 metri del fondo ed emerge per oltre 200 metri di altezza formando il promontorio di Palinuro divide i venti provenienti da sud-est da quelli che arrivano da nord-ovest e crea un forte ricambio d’acqua, mantenendola perfettamente trasparente e permettendo così di scorgere il grosso pesce di passo che solitamente nuota nel blu.

Sotto la Punta si devono fare almeno due immersioni, perché l’area di Capo Spartivento è molto vasta e una sola immersione di un’ora non permette di godersi completamente le meraviglie di questo posto.

L’immersione sulla Parete Sud della Punta comincia da un pianoro che si trova a circa 20 metri di profondità sul quale si plana dolcemente dopo essersi tuffati dalla barca. Si tratta di un'immersione nel blu, con la barca che deve restare sempre in movimento data la grande profondità e la posizione molto esposta con un gran traffico di natanti.

Il promontorio di Capo Palinuro


Capo Spartivento

Arrivati sul pianoro, che è la prosecuzione subacquea della Punta, si scende fino alla base di un grosso monolito di roccia che si trova al centro della cala di Spartivento e sorge da un fondale di una cinquantina di metri. Mantenendo la parete sulla destra si possono ammirare le innumerevoli nicchie della roccia che sono piene di corallo, mentre le pareti sono interamente ricoperte di organismi sessili: spugne gialle delle caverne, serpule rosse, ricci matita, ricci corona dai colori violacei, e molti nudibranchi di diversi colori sgargianti. Qui e là spuntano le antenne di qualche aragosta, mentre dalle tane si affacciano numerosi polpi e alcune grosse murene. La murena più grossa che io abbia mai incontrato nel Mediterraneo, lunga almeno un metro e mezzo, l'ho vista nel 2001 proprio qui sotto Capo Spartivento ed era impressionante perché era completamente fuori dalla sua tana, ferma e tranquilla nell'oscurità dei 40 metri.

Lo scenario che si para davanti agli occhi del subacqueo è davvero mozzafiato: un’esplosione di vita e di colori, con attorno un brulichio di castagnole con i loro avannotti color blu fluorescente, mentre centinaia di salpe curiose brucano la roccia in cerca di cibo.

L’immersione sulla Parete Nord è ancora più scenografica della prima, perché nuotando verso ovest e tenendo la parete a sinistra si può scendere fino a un tunnel passante lungo una decina di metri che si trova a 39 metri di profondità. La volta di questo tunnel è interamente ricoperta di organismi di tutti i colori, con la predominanza dell’arancione vivo delle margherite di mare, mentre una volta usciti dal tunnel, girando verso destra si può ammirare la parete resa completamente rossa dal corallo, che diventa sempre più fitto mentre si scende fino ai 45 metri di profondità. Qui lo spettacolo lascia letteralmente senza fiato. Lo scenario che si ha davanti agli occhi è fantastico: il corallo si staglia controluce sul blu dello sfondo, dove spesso passano enormi dentici e qualche grossa ricciola. In risalita si può anche visitare un bel grottone sommerso dal fondo roccioso, che si trova nella cala proprio sotto alla Punta, all’interno del quale si può tranquillamente fare la decompressione riparati dalla corrente, mentre si ammirano le pareti piene di vita e, se si è fortunati, ammirando qualche cernia bruna che abita nella grotta.

 

Procida - Punta Pizzaco

4) PROCIDA (NA) - Parete di Punta Pizzaco

(1 giugno 2003 - prof. 59.4 m. - run time 42 min. - temp. 13.2 °C)

 

L'immagine più bella che conservo di questa immersione sono i colori della parte più profonda della parete, ricoperta di spugne colorate e di coralli.

 

Punta Pizzaco è un piccolo promontorio che si trova sul versante est dell’isola di Procida, a nord del Golfo di Napoli, con una parete sommersa che precipita fino a un centinaio di metri di profondità. Qui mi sono immerso partendo da una baietta con il fondale sabbioso di appena 8 metri, dove abbiamo potuto agevolmente ancorare il nostro gommone. Sceso sull’ancora, ho iniziato a nuotare con la parete alla mia destra, scendendo fino a 18 metri, poi la parete rocciosa fa un salto brusco e precipita fino a 56 metri dove il fondale torna ad essere sabbioso e comincia a degradare lentamente verso il largo, raggiungendo profondità ben superiori ai 100 metri.

La parte a strapiombo, subito dopo il salto di roccia, è ricca di grandi rami di gorgonie rosse e gialle con i rami pieni di uova di gattuccio. Banchi di castagnole, di saraghi e salpe mi circondavano e, ogni tanto, cambiavano repentinamente direzione, provocando dei lampi d’argento, mentre qui e là negli anfratti della roccia ho potuto scorgere dei polpi e ho visto spuntare le antenne di alcune piccole aragoste.

Arrivato sul fondo, tra la fine della parete di roccia e la sabbia, ho visto numerose tane dalle quali sgusciavano fuori grosse corvine, infastidite dal fascio potente delle nostre torce. Tutta la parete era densamente popolata da un’infinità di organismi: alcionari, Parazoanthus, spugne di vari colori, Eunicelle Cavolinii, Paramuricee Clavata, serpule rosse, mentre qui è la spiccavano piccoli e delicati nudibranchi dai colori sgargianti. Appena dirigevo la luce della torcia sulla parete era tutta un’esplosione di  colori magnifici. Poi, dai 40 metri in giù, ho visto apparire i primi rametti di corallo rosso, che man mano che scendevo diventavano sempre più fitti e offrivano un bellissimo colpo d’occhio, con i loro polipi bianchi candidi estesi che dondolavano lentamente nella corrente.

Risalendo, con la parete sulla mia sinistra, ho visto qualche cernia bruna nascosta nelle spaccature della roccia, mentre grossi saraghi fasciati mi guardavano incuriositi. Sono tornato sui miei passi nuotando in direzione del pianoro dove era ancorato il gommone e durante la mia tappa di decompressione sul fondale sabbioso ho trovato un grosso polpo finito in una nassa e l'ho liberato.

5) PROCIDA (NA) - Parete di Punta Solchiaro

(2 giugno 2003 - prof. 58.8 mt. - run time 44 min. - temp. 13.3 °C)

 

L'immagine più bella che ricordo di questa immersione è quella del corallo color rosso vivo con tutti i polipi bianchi aperti, che ho incontrato intorno ai sessanta metri di profondità.

 

Punta Solchiaro si trova all’estremità sud-est dell’isola di Procida, dove il fondale roccioso digrada rapidamente fino a 40 metri di profondità con una franata di grandi rocce, ricoperte di spugne e madrepore.

Gettata l’ancora della barca su un fondale di soli 11 metri, sono sceso lentamente tra i grossi massi chiazzati di spugne di vari colori, e ho nuotato in mezzo a banchi di salpe. Continuando a scendere oltre la franata sono arrivato a un vero e proprio scalino della roccia, sulla batimetrica dei 50 metri e mi sono affacciato da questa sorta di balcone per dare un'occhiata più sotto, ma sotto il salto della roccia si apre un precipizio di cui non si vede il fondo che arriva a oltre 100 metri di profondità.

Procida - Punta Solchiaro

Qui il blu cobalto dell’acqua diventa rapidamente nero profondo e mi ha fatto venire un leggero senso di vertigine. La curiosità era tanta e ho deciso di scendere almeno per una decina di metri oltre il precipizio. Subito sotto lo scalino, ho scoperto il motivo per cui vale davvero la pena di fare questa immersione: rami di corallo rosso non molto grandi, ma bellissimi, si affacciano da tutte le nicchie della parete e fanno venire voglia di toccarli. Sono rimasto letteralmente senza fiato nell’ammirare questo spettacolo e ho accumulato rapidamente 10 minuti di decompressione, ma ne valeva assolutamente la pena. Ho sentito freddo con la mia muta da 5 mm e non capivo se era la sensazione dovuta al baratro che si apriva sotto di me, oppure se faceva freddo davvero. Un’occhiata al computer mi ha confermato che faceva freddo: c'erano 13 gradi, ma del resto per un istante ero arrivato a 64 metri! L’aria della mia bombola era calata vistosamente e decisi che era meglio che io risalissi a quote più tranquille. Mentre iniziavo la lenta risalita avevo ancora negli occhi lo spettacolo di quel bellissimo corallo rosso vivo con tutti i polipi aperti visto laggiù. Sono risalito molto lentamente verso la superficie e mi sono fermato a fare la sosta di decompressione seduto su un fondale ricoperto da un tappeto di morbide alghe, tenendo in braccio un masso di una decina di chili che mi ha aiutato a rimanere giù senza alcuna fatica e con il quale sono stato immortalato in una simpatica fotografia.

Il m/t "Nasim" in una foto dell'epoca e oggi

6) GIANNUTRI (GR) - Relitto del m/t "Nasim II"

(7 agosto 2007 - prof. 54.7 mt.- run time 68 min. - temp. 15.2 °C)

 

L'immagine più "forte" di questa immersione è la vista dell'enorme scafo scuro coricato su un fianco, che si staglia nel blu dell'acqua cristallina.

 

Arriviamo con il gommone a Cala Maestra all’isola di Giannutri e ancoriamo su un fondale di 25 metri. Il relitto del "Nasim" purtroppo non è pedagnato e per trovarlo ci tocca fare l’immersione partendo dalle macchine sparse sul fondo e nuotando in direzione 315°. Scendo lungo la cima dell'ancora e arrivato a una ventina di metri di profondità mi stacco dalla cima e incomincio a nuotare verso le macchine in direzione nord-ovest. Dopo poche pinneggiate, scorgo la prima macchina e poi la seconda che è appoggiata sulla cigliata a 28 metri. Dopo aver trovato questo riferimento, inizio a pinneggiare nel blu mantenendomi sulla batimetrica dei 30 metri. La visibilità è davvero ottima e questo mi rassicura: non potrò certo mancare il mio obiettivo! Continuo a nuotare deciso nella direzione stabilita, con un occhio al computer e al manometro e uno alla bussola. L’immersione procede senza problemi. Ancora pochi metri ed ecco apparire l’imponente sagoma scura del "Nasim", coricato su un fianco come un gigante addormentato. Raggiungo la chiglia della nave, tutta ricoperta di alghe e di incrostazioni. Sono a 43 metri e la nave è distesa davanti a me: obiettivo raggiunto!

Do il segnale ai miei compagni e cominciamo a scendere di qualche altro metro. Scavalchiamo la murata della nave a 48 metri, in prossimità della prua e noto chiaramente le lamiere contorte nel punto in cui la nave ha urtato violentemente sull’isola prima di affondare. Nell'occhio di cubia vedo appesa una grande ancora. Appena al di là della murata, l’ottima visibilità mi permette di vedere il castello di poppa coricato su un fianco come tutta la nave. Ho visto diversi relitti di navi posati sul fondo in assetto di navigazione, ma vedere questa nave adagiata su un fianco è davvero strano ed emozionante.

Avanziamo fino alla metà del ponte, rimanendo sui 52 metri di profondità e rinunciando a osservare i tanti dettagli per riuscire a fare un giro completo sul relitto della nave. Riusciamo a dare solo un’occhiata al castello di poppa. Illumino il suo interno con la torcia, ma ormai non c'è più niente da vedere, salvo un lavandino e la tazza di un water. Dopo aver osservato il castello di poppa proseguo lungo il bordo della murata fino alla poppa arrivando a 54 metri di profondità. Passo sopra la grande pala del timone che è bloccata verso l'alto e nuoto vicino all'enorme elica di dritta. a questo punto ho preso 2 minuti di deco a 6 metri e il computer mi indica un tempo totale di risalita già di 15 minuti: è il momento di staccare dal fondo.

Torniamo indietro nuotando sopra alla murata fino a una ventina di metri dalla prua e poi, a malincuore, ci stacchiamo dalla nave puntando per 135° in direzione della costa di Giannutri e cominciando lentamente a risalire. Atterriamo sulla cigliata intorno ai 32 metri di profondità e alzando lo sguardo vedo alcuni grossi dentici che nuotano nel blu. Arrivato ai 21 metri cambio miscela e passo all’EAN50 per fare la decompressione, mentre ci portiamo a ridosso della parete in modo da non dover trascorrere il tempo di deco rimanente appesi sotto la barca. Terminata la mia decompressione, risalgo felice e affamato sulla barca, dove ci aspetta una magnifica pasta allo scoglio cucinata dal comandante…

 

(10ottobre 2011 - prof. 52 m. - run time 64 min. - temp. 15.4 °C)

Ritornare sul relitto del "Nasim" dopo tanti anni mi emoziona parecchio. Da quando ci sono stato l'ultima volta mi sono avvicinato alle immersioni tecniche e ho iniziato a utilizzare il Trimix. Sono sicuro che oggi sentirò la differenza.

Ormeggiamo il gommone dell'Argentario Divers al pedagno assicurato al cassero di poppa del relitto e ci prepariamo alla discesa. Indossiamo i nostri bibo e caliamo in acqua le stage con le miscele decompressive. Saltiamo in acqua e ci raduniamo attorno al pedagno che arriva sul relitto. Io ho un bibombola D12 caricato a 240 bar di Trimix 20/36 come back gas e una stage da7 litri di EAN 50 caricata a 200 bar attaccata al mio fianco sinistro.
Al segnale di Simone scendiamo osservando senza toccarla la cima che ci indica la direzione del relitto. L'acqua è cristallina e dopo qualche metro ecco apparire sotto di noi la grande sagoma scura del relitto. Stefano ha una perdita da un primo stadio. Io e Angela lo avvertiamo e lui risale assieme a Simone per avvitare meglio il primo stadio, mentre io Angela e Alessandra restiamo per qualche minuto a 10 metri di profondità. Poco dopo Simone e Stefano ci raggiungono di nuovo, ed ecco che al terzo minuto d'immersione finalmente inizia la nostra discesa.

In breve arriviamo sopra al cassero del "Nasim" ci diamo un segnale di ok e iniziamo il nostro giro attorno al cassero di poppa, curiosando con le nostre torce attraverso le varie aperture che si affacciano nel blu. Grossi scorfani rossi se ne stanno immobili quasi ipnotizzati dal fascio di luce delle nostre potenti lampade. Nuoto lentamente, seguito da Angela che osserva incantata ogni minimo particolare della nave. Il Trimix mi mantiene perfettamente lucido e mi permette di cogliere tanti piccoli particolari che non avevo mai osservato prima. Arriviamo alle due grandi eliche e ci nuotiamo intorno, poi torniamo indietro verso prua passando sopra la murata di dritta che si trova alla nostra sinistra. La limpidezza dell'acqua è tale che possiamo vedere il relitto nella sua interezza e la sua prua che scende fino a 60 metri.

Arrivati a mezza nave controlliamo gli strumenti, ci diamo un segnale di ok e decidiamo di lasciare il relitto, risalendo verso la costa anziché fare una noiosa deco nel blu. Nuotiamo per un tratto sopra il fondale di sabbia bianca dove qui e là si trovano i resti di alcune delle automobili che trasportava il traghetto. Ai 27 e ai 24 metri facciamo un minuto di deep stop, poi arriviamo alla quota dei 21 metri dove facciamo il gas switch, passando a respirare l'EAN 50 che abbiamo nelle nostre decompressive. Rimaniamo sui 21 metri per 3 minuti, poi, superata la scarpata, nuotiamo verso la costa dell'isola di Giannutri e intanto iniziamo la nostra decompressione programmata a terra: 1' a 18 m + 1' a 15 m + 1' a 12 m + 2' a 9 m + 3' a 6 m.
Lanciamo i nostri palloni di segnalazione e facciamo gli ultimi 6 minuti di decompressione a 3 metri di profondità. Poi risaliamo molto soddisfatti sul gommone, che intanto ci ha raggiunti in una caletta riparata dalle onde. Un tuffo davvero perfetto!!

 

7) GIGLIO (GR) - Parete di Punta del Fenaio

(28 agosto 2007 - prof. 56.7 mt. - run time 52 min. - temp. 15.2 °C)

 

L'immagine più bella di questa immersione che ricordo con emozione sono i colori meravigliosi della parete dai quaranta metri in giù.

 

Proprio sotto il faro che sorge sulla Punta del Fenaio, sull’estremità più settentrionale dell’isola del Giglio, c’è una spettacolare parete che precipita sino a oltre 70 metri di profondità, ricoperta dal giallo delle colonie di madrepore Leptosamnia e dal rosso delle gorgonie Paramuricea. Il Fenaio è un punto d'immersione fantastico, perché ad ogni metro c’è qualcosa di interessante da vedere. L’acqua in questo punto è limpidissima e sotto i 40 metri si trovano rare spugne a candelabro gialle e arancioni e diverse stelle gorgone.

L’immersione più spettacolare è sicuramente quella sul versante nord della Punta, nella piccola cala che si trova proprio sotto il faro.


Giglio - Faro di Punta del Fenaio

Dopo essere entrati in acqua, si nuota verso ovest in direzione del Golfo del Campese fino a superare la punta. Qui si trova una parete molto ripida che scende in verticale fino a 50 metri di profondità per poi saltare verso quote davvero molto profonde.
In profondità il colore predominante è il rosso: ci sono belle madrepore, grandi rami rossi di gorgonia con attaccati gli Astrospartus Mediterraneo e anche rametti di Corallum Rubrum, oltre a bellissimi ricci matita, Axinelle, grandi varietà di spugne e tappeti di Parazoanthus. Risalendo sui 50 metri invece la parete cambia aspetto e le gorgonie rosse lasciano il posto a quelle gialle e alle margherite di mare, tra i cui rami trovano dimora gamberi e diversi tipi di crostacei, mentre sui 30 metri di profondità ci sono parecchie Pinnae nobilis.

 

Vico Equense a picco sul mare


In CCR a tu per tu con una grossa cernia sul Banco

8) VICO EQUENSE (NA) - Banco di Santa Croce

 

Non basterebbe un libro per descrivere questo posto magico. Questo è sicuramente il sito del Mediterraneo che io amo di più, prova ne è il fatto che qui  ho fatto la bellezza di DUECENTO immersioni tutte diverse fra loro e che non mi stanco mai di ritornarci.

 

(2 giugno 2008 - prof. 48.5 mt. - run time 44 min. - temp.13.1 °C)

 

L'immagine più bella che ricordo di questa immersione è il tunnel sul fondo della "Secca principale", con la volta interamente ricoperta da organismi coloratissimi, gialli, rossi, verdi e arancioni e le grandi cernie brune che fanno la guardia all'ingresso del tunnel. Qui ci sono delle gorgonie rosse dai ventagli enormi, e s'incontrano facilmente in ogni periodo dell'anno dentici e cernie, ma anche pesi San Pietro, gattucci e aquile di mare.

 

Più che una vera e propria "secca", il Banco di Santa Croce è formato da un insieme di sette grandi "panettoni" rocciosi che emergono dal fondale sabbioso, con le pareti più o meno scoscese a seconda dei versanti, che sprofondano da 10 sino ad oltre 60 metri di profondità.

Il Banco si trova a circa ottocento metri dalla costa di Vico Equense, di fronte al famoso stabilimento balneare "Bikini" che è proprio all’inizio della bellissima Penisola Sorrentina.
Nonostante la scarsa visibilità dell’acqua nei primi metri, dovuta alla vicinanza alla foce del fiume Sarno, il Banco è senza dubbio una delle più belle secche del Mediterraneo, per la straordinaria ricchezza di forme di vita, sia libere sia sessili, che s’incontrano sott'acqua.

La cosiddetta "Secca principale" del Banco emerge da un fondale di 40 metri e il suo cappello arriva a soli 10 metri di profondità. Scendendo dal cappello della secca, sin dai primi metri le pareti sono completamente ricoperte da Parazoanthus e gorgonie gialle; mentre proseguendo in direzione sud-ovest, già a soli 18 metri di profondità s’incontrano i primi piccoli rami di Paramuricea Clavata (gorgonia rossa), che anticipano di poco gli enormi e fitti ventagli color porpora alti oltre un metro che proseguono fino ai 40 metri di profondità attorniati da spugne Axinella di color giallo arancio che si stagliano nel blu come delle sculture. Sui rami delle gorgonie sono attaccate numerose uova di gattuccio e delicati crinoidi, mentre nuvole di migliaia di Anthias rosa nuotano tutto intorno.

Nuotando attorno al panettone roccioso si trova una grande spaccatura verticale che taglia in due la secca, formando un tunnel passante lungo una decina di metri con il fondo a 37 metri che offre uno scenario da favola. La luce che filtra dall’alto attraverso due finestre mostra l’intreccio dei grossi rami di gorgonie rosse presenti sulle due pareti contrapposte del tunnel e crea uno spettacolo mozzafiato. In prossimità di questa spaccatura ci sono alcune grosse cernie brune stanziali. Risalendo dal fondo, lungo la parete si possono ammirare vaste zone colonizzate da coloratissimi Astroides e Parazoanthus e facilmente, nei periodi di passo, si vedono sfrecciare grosse ricciole.

Allontanandosi dalla Secca Principale e nuotando in direzione della costa si arriva alla "Secca della Gerardia"  che, attorno ai 50 metri di profondità, ospita un grossa colonia di Gerardia Savaglia (il cosiddetto "falso corallo nero" del Mediterraneo). Proseguendo e andando oltre alla batimetrica dei 60 metri s’incontra la "Secca del Corallo", dove si possono vedere dei piccoli rami di bel corallo rosso. Nel tratto sabbioso che unisce le secche più profonde è facile incontrare grossi esemplari di pesce San Pietro (Zeus Faber). Nonostante in questo sito io abbia fatto oltre 200 immersioni non mi stanco mai di ritornarci!

 

9) Isole Eolie (ME) - LIPARI - Parete di Punta Castagna

(13 agosto 2008 - prof. 52.4 mt. - run time 46 min. - temp. 15.3 °C)

 

L'immagine che più ricordo di questa immersione è il contrasto tra il bianco della pomice che ricopre il fondo e il blu cobalto dell'abisso che si apre sotto la parete.

 

Quella a Punta Castagna di Lipari è un’immersione che si svolge in uno scenario irreale, che suscita emozioni uniche. Si scende su un pianoro a una decina di metri e il fondale sabbioso poco inclinato qui è tutto imbiancato, completamente ricoperto dalla polvere bianca proveniente dalle cave di pomice presenti sulla costa. Oltrepassato questo tratto coperto di sedimento bianchissimo lo spettacolo è davvero impressionante: di qui partono verso il largo profondi canaloni, molto inclinati, che spaccano perpendicolarmente e profondamente una cigliata.


Isola di Lipari

Percorrendone uno si passa da uno scenario candido a una coloratissima parete verticale e ci si trova, in un’atmosfera ovattata, sospesi su di un baratro senza fine che si perde nel blu più intenso. La morfologia del fondale è molto varia: si nuota sul fondo di valli dalle pareti altissime, si sorvolano picchi acuminati, si costeggiano pareti a strapiombo. Per quanto a fondo si decide di scendere si ha sempre il blu sotto di se e non si vede mai la fine di questa immensa voragine. E’ impossibile non prendere deco durante questa immersione. Nella mia discesa mi sono fermato a 52 metri di profondità, ma volendo questo fondale non ha fine e la limpidezza straordinaria dell’acqua trae facilmente in inganno il subacqueo inesperto.

Durante il mio tuffo ho visto delle bellissime spugne, grandi stelle pentagono arancioni, grossi ricci saetta con le caratteristiche spine simili a delle matite, grappoli di delicate Claveline, piccoli rami di gorgonie rosse, alcuni ricci diadema e grossi echinodermi di colore nero con spine lunghissime. Poi ho visto anche dei piccoli coloratissimi nudibranchi di varie specie, alcuni grossi anemoni di mare e delle rare stelle gorgone, che aggrappate ai rami delle gorgonie rosse creavano un contrasto cromatico molto bello.

Il pesce in questa zona scarseggia e ci sono solo sterminati banchi di castagnole rosa che sembrano nuvole, ma l’immersione è ugualmente molto bella e lo scenario dominato dal bianco della pomice e dal blu dell’acqua limpidissima ha un fascino tutto particolare.

 

10) Isole Eolie (ME) - VULCANO - Parete dello Scoglio della Sirenetta

(15 agosto 2008 - prof. 55,6 m. - run time 58 min. - temp. 16.3 °C)



Isola di Vulcano: lo scoglio della Sirenetta

L'immagine che conservo di questa immersione è la parete piena di vita e di colori e l'acqua cristallina.

 

Ci sono delle immersioni che assumono un valore simbolico particolare e sono destinate a rimanere per sempre nella memoria di un sub. Quella che ho fatto il giorno di Ferragosto del 2008, nel corso della crociera alle Isole Eolie a bordo della baleniera "Thor", ha certamente un significato speciale per me, perchè è stata la mia millecinquentesima immersione.

Dopo aver fatto una bellissima notturna il 14 agosto a Vulcano, proprio sotto lo Scoglio della Sirenetta, la mattina seguente sono tornato sul medesimo punto d’immersione assieme ad altri 8 sub e alle 10.30 mi sono tuffato in acqua dall'altissima murata della m/n "Thor".
Sono sceso rapidamente sul pianoro antistante lo scoglio a una decina di metri di profondità e ho iniziato a nuotare verso il ciglio della scarpata che sprofonda sino alla sabbia bianca. Poi, al segnale del resto del gruppo, mi sono tuffato oltre la scarpata e mi sono lasciato cadere velocemente verso il fondo, frenando la discesa gonfiando appena il mio gav.

La parete è verticale ed è ricca di colori. Gorgonie gialle, margherite di mare, madrepore a cuscino, grappoli di delicate Claveline trasparenti e piccoli rami di gorgonie rosse, ricoprono la nera roccia vulcanica e si fanno sempre più fitte man mano che si scende verso il fondo. Nei tratti più riparati dalla luce, sulla volta di piccole nicchie della roccia, ci sono esili rametti di corallo rosso con i polipi bianchi aperti in cerca del cibo trasportato dalla lieve corrente. Qui e ho visto delle belle stelle pentagono adagiate sulle sporgenze della parete, mentre ogni tanto c'erano dei ricci matita Si tratta di ricci davvero molto particolari e più rari rispetto ai ricci diadema e ai ricci melone che qui abbondano.

Lasciato il gruppo di sub che mi ha accompagnato in questo tuffo e ho deciso di rimanere per un po’ da solo con me stesso. Ne sentivo il bisogno...

Sono sceso fin dove la parete verticale di roccia termina nella sabbia chiara che degrada lentamente verso maggiori profondità. Arrivato al decimo minuto d’immersione mi trovavo alla profondità di 47 metri, ma non avvertivo alcun sintomo di narcosi. Il pesce quaggiù era molto più abbondante. Oltre alla miriade di Anthias Anthias rosa e di castagnole nere che nuotavano attorno a me in branco aprendosi al mio passaggio, ho visto alcuni scorfani rossi, delle piccole aragoste che muovevano le loro antenne infastidite dalla luce della mia torcia e anche una magnosella. Mi sentivo bene ed ero molto tranquillo, perciò ho deciso di scostarmi un po’ dalla parete e di scendere più giù seguendo la sabbia degradante verso il fondo. Man mano che scendevo in profondità il paesaggio intorno a me diventava sempre più spoglio. Anche laggiù la luce arrivava ancora perfettamente, ma i colori oramai erano del tutto scomparsi. Tutto aveva assunto una tonalità di colore grigio-azzurro. Ormai ero arrivato a 55 metri di profondità e cominciavo a caricarmi rapidamente di deco. Mi sono fermato solo per pochi attimi a pensare a quello che mi circondava, alla mia millecinquecentesima immersione... alla voglia di fare altre mille immersioni come questa. Ho chiuso gli occhi e per un istante mi sono sentito felice. E' stato solo un attimo. Un'occhiata agli strumenti mi ha detto che ero a -55.6 metri e avevo già preso 5 minuti di decompressione. La scorta d’aria era più che sufficiente: col tempo ho imparato a regolare i miei consumi e, soprattutto, a terminare le mie immersioni in sicurezza. La temperatura dell’acqua non era particolarmente fredda: 16 °C. Ma il senso di benessere si è trasformato presto nella consapevolezza che non potevo rimanere molto più a lungo laggiù. Oltretutto, essendo trascorse appena dodici ore dall’immersione notturna, la mia saturazione di azoto aumentava molto velocemente. Perciò ho staccato dal fondo e mi sono riportato sulla parete, incominciando una lenta risalita e iniziando a smaltire parte dei 10 minuti di decompressione accumulati sul fondo. Ho raggiunto il gruppo degli altri subacquei intorno ai 37 metri di profondità e ho continuato con loro la risalita verso la superficie. Attorno a me c’era una miriade di Anthias e di castagnole e alcuni banchi di grosse salpe mi volteggiavano intorno. Nugoli di donzelle brucavano cibo tra le alghe brune che ricoprivano le rocce circostanti. ho puntato la mia torcia sulla parete e ho visto brillare gli occhi rossi di decine di gamberetti Parapandalus. E’ uno spettacolo fantastico vedere questi piccoli esseri che si fanno sfiorare dalla mia mano per poi indietreggiare a scatti fino a un nascondiglio sicuro. Oramai ero al quarantesimo minuto d’immersione e mi ritrovavo proprio sotto la cigliata. Ho scavalcato lo scalino ed eccomi di nuovo sul fondale di sabbia vulcanica, scura e pesante. Sono risalito ancora un po' fino a raggiungere la quota deco e mi sono fermato a giocare alcuni minuti con piccole triglie e tracine che s’insabbiavano completamente non appena le sfioravo con le mie dita. Il tempo passava lentamente. intanto ripensavo alle meraviglie che avevo visto sulla parete la sotto di me. Al cinquantottesimo minuto ero di nuovo fuori dall’acqua e ho inizio a nuotare in superficie verso la "Thor". La mia immersione numero 1.500 era terminata, ma sono certo che il ricordo delle acque cristalline di Vulcano resterà per sempre nella mia mente.

 

11) ARENZANO (GE) - Relitto della petroliera "Haven"

(Il primo tuffo fu il 9 dicembre 2007 - prof. 54.2 mt. - run time 58 min. - temp. 13.3 °C)

 

Il ricordo di questa immersione che mi è rimasto impresso in maniera indelebile nella mente è il "salto" dalla controplancia a 33 metri di profondità direttamente fino a dentro al boccaporto della sala delle pompe che si apre 21 metri più in basso.

 

La prima volta che ci s’immerge sul relitto della "Haven" è senza dubbio indimenticabile. Tante sono le emozioni che il relitto di questa immensa nave circondata da nuvole di pesci riesce a trasmettere a qualunque subacqueo. Ognuno proverà emozioni e sensazioni sue personali, ma il ricordo di questa immersione resterà per sempre scolpito nella propria memoria. L’emozione è davvero fortissima e appena si esce fuori dell’acqua si desidera soltanto di tornare qui il più presto possibile.

Ogni immersione sulla "Haven" è unica e non si può mai dire di conoscere veramente tutta la nave fino in fondo, perché occorrerebbero decine di tuffi per esplorarla tutta.


La Amoco Milford Haven in navigazione

Questa nave è veramente immensa e l’occhio si perde nel cercare di coglierne i tanti particolari. Ovunque si fissi lo sguardo c’è qualche angolo nuovo da scoprire, qualche particolare da osservare, qualche nuovo passaggio da provare, un mucchio di pesce da osservare... insomma questo relitto ha un fascino unico e incredibile. Io sono stato alcune volte sul relitto della "Grande Signora" addormentata, ogni volta con l'emozione e la trepidazione che si prova al primo appuntamento con una bella donna, e ogni volta - come con una bella donna - con il desiderio di poterla rivedere presto.

 

(18 ottobre 2008 - prof. 55.6 mt. - run time 78 min. - temp. 17 .4 °C)

Eccomi di nuovo sula "Haven"! La giornata autunnale è bella e dopo una breve navigazione, ormeggiamo il gommone alla boa collegata alla cima che scende sul relitto. Il mio gruppetto, guidato dall’istruttore Gianni è formato da me, Angela e Gian Luca. La visibilità è ottima, infatti, dopo essere scesi pochissimi metri sotto la superficie, si vede già distintamente il tetto del castello di poppa. Scendiamo velocemente lungo la cima della boa ancorata al corrimano della controplancia a 33 metri di profondità e e arrivati sopra la controplancia la superiamo tuffandoci verso la base del castello. Dalla controplancia del castello al ponte è un attimo… un tuffo di oltre 20 metri in picchiata, che dà un’emozione veramente forte. Mi lascio cadere planando e volo letteralmente fino al ponte a 53 metri di profondità, da dove cominciamo il nostro giro tutto attorno al castello di poppa: un percorso di oltre duecento metri. Sotto una delle ali della plancia, piegata dal calore dell’incendio che ha divorato la nave, vedo una grande musdea, poco più in là due grosse aragoste passeggiano indisturbate tra le lamiere contorte del relitto. Tutto intorno a noi il mare è pieno di branchi sterminati di pesce azzurro e di Anthias rosa.

Arrivati davanti al castello diamo soltanto un’occhiata al grande boccaporto che si affaccia nella sala delle pompe che servivano al carico e scarico delle cisterne e della cassa di zavorra della petroliera. Lo spettacolo quaggiù è impressionante e mi emoziona come la prima volta che l’ho visto. Adesso siamo a circa 55 metri di profondità e l’aria delle nostre bombole caricate a 250 bar cala vistosamente, mentre abbiamo già accumulato qualche minuto di decompressione che taglieremo utilizzando il Nitrox 50. Continuiamo a nuotare sopra il ponte di coperta dirigendoci verso la poppa della nave. Intorno a noi c’è tutto un groviglio di tubi che s’incrociano in ogni direzione. Completiamo il giro attorno al castello di poppa e passiamo ancora una volta sotto una delle grandi ali di plancia piegate dal calore dell’incendio che ha devastato la nave per tre giorni interi.

Prima di risalire in superficie nuotando lungo il castello di poppa, passiamo nello stretto corridoio dell’officina, ai lati del quale si trovano ben allineate le bombole di ossigeno per le saldature e vari attrezzi, tra cui una grande morsa ancora funzionante che attira sempre la curiosità di chi passa di lì. Do il mio solito giro alla leva della morsa... una specie di gesto scaramantico che fanno tutti i subacquei che arrivano fin quaggiù e che serve a far sì che prima o poi si ritorni ancora sulla "Haven".  Guardiamo verso l’alto le nuvole rosa di delicati Anthias che ci circondano, mentre su di noi incombe la sagoma scura dell’enorme fumaiolo che è alto più di trenta metri. Facciamo ancora mezzo giro attorno alla base del castello e poi ci portiamo sul davanti iniziando la nostra lenta risalita lungo i sette ponti che formano il castello di poppa della nave... praticamente un palazzo! Ormai siamo arrivati al ventesimo minuto di fondo. Il tempo pianificato è terminato ed è giunto purtroppo il momento di salutare la “Grande Signora” addormentata e di lasciarla al suo riposo. Ci aspetta una lunghissima decompressione.

A malincuore stacchiamo dal fondo e ritorniamo verso la superficie, facendo i vari deep stop previsti dal nostro piano d’immersione. Dopo un po’ arriviamo alla plancia di comando e affacciandomi da uno dei grandi finestroni do un’occhiata alla statuetta del Gesù Bambino di Praga posizionata sul supporto che una volta reggeva la timoneria della nave. Poi salgo lungo la cima di risalita e a 21 metri comincio a respirare la miscela decompressiva e raggiungo la stazione deco che si trova a 9 metri. Faccio la mia sosta a 6 metri, poi a 3, mentre rivedo quasi come in un film lo spettacolo meraviglioso appena visto là sotto. L’acqua è talmente limpida che mi sembra quasi di poter toccare con una mano il grande gommone che dondola sopra alla nostra testa. Dopo 39 minuti di decompressione  riemergo felice in superficie... pensando già al prossimo appuntamento con la "Grande Signora" addormentata...

Sono tornato altre volte ad immergermi sulla "Grande Signora", certamente il relitto del Mediterraneo che io amo di più. Nel 2017, con attrezzatura adeguata (bibombola con trimix 21/35 e decompressiva con EAN 50), vi ho fatto 6 immersioni autonome in compagnia di mia moglie, con run-time tra i 65 e i 75 minuti, a profondità variabili tra i 55 e i 63 metri, arrivando fino a dentro il grande squarcio sulla fiancata sinistra causato dall'esplosione del petrolio.

 


Capo Palinuro

12) PALINURO (SA) - Grotta "Cattedrale 2"

(1 settembre 2009 - prof. 33.4 - run time 46 min. - temp. 19.3 °C)

 

L'immagine più "forte" di questa immersione e la lenta discesa nel lungo tunnel che diventa sempre più stretto e arriva a una trentina di metri di profondità, finendo con una stretta apertura che si affaccia nel blu dalla quale entra una lama di luce.

 

La grotta chiamata "Cattedrale 2", è una delle più spettacolari tra le oltre trenta grotte sommerse che si trovano sulla costa di Capo Palinuro. E’ una splendida cavità naturale, piena d’acqua in parte dolce, che ha un percorso quasi a forma di ferro di cavallo lungo circa 300 metri. Il suo nome è dovuto a una suggestiva "navata centrale" molto concrezionata, che presenta una caratteristica finestra a bifora proprio sopra all’entrata dalla quale filtrano i raggi della luce solare creando giochi di luce spettacolari.

Entro dall’ingresso superiore della grotta che si trova intorno ai 18 metri di profondità con mia moglie Angela e l'amico Mauro Cammardella (che ricordo con grande affetto essendo scomparso prematuramente) e, dopo aver percorso un breve tunnel ascendete, ci troviamo dopo circa 25 metri nella navata centrale della cattedrale.

Giunti nella sala della Cattedrale, ci voltiamo verso l’entrata per ammirare gli squarci di luce che penetrano dal portale d’ingresso della grotta e dalla bifora sovrastante. E’ uno spettacolo mozzafiato… qui sembra davvero di essere all’interno di una grande chiesa e c’è un’atmosfera quasi mistica. Il silenzio, l’ampiezza della cavità e la luce solare che penetra dalla finestra fanno pensare di essere in una cattedrale e questa sensazione mi provoca davvero una grande emozione. Da un momento all'altro mi aspetto di sentire il suono dell’organo…

Alla fine della navata entriamo in una camera piuttosto ampia di forma circolare, completamente buia e ci affacciamo su una piccola camera laterale, proseguendo a nuotare in fila indiana. Risaliamo lentamente nuotando a spirale dentro il cuore della montagna per ammirare tutte le pareti intorno alla cavità, che sono frastagliate e piene di nicchie, e le lunghissime stalattiti e colonne che adornano la cavità della grotta e arriviamo fino ad appena 2 metri di profondità. Devo nuotare pinneggiando a rana con molta cautela, perché tutto ciò che mi circonda, comprese le sporgenze delle pareti, è ricoperto da uno strato di limo finissimo che al minimo movimento brusco andrebbe in sospensione rendendo impossibile la vista. Nel colmo della grotta si trova una sorgente d’acqua dolce, che riversandosi nell’acqua di mare provoca l'aloclino: un effetto sfuocato delle immagini davvero molto particolare.

Dopo essere ritornati nella camera principale, l’attraversiamo e passiamo sopra ad un canyon attraversato da una sagola guida che taglia la sala in diagonale. Ci caliamo con estrema cautela nell’apertura che si trova sul fondo della grotta, a circa 13 metri di profondità e seguendo un’altra sagola che cade in verticale entriamo nel canyon che presto prende la forma di un tunnel. Scendiamo in questo tunnel per alcune decine di metri. Le pareti calcaree sono verticali e la fessura si fa sempre più stretta man mano che scendiamo verso il fondo. Raggiungiamo la profondità massima di 33 metri. L’emozione è molto forte. Io sono l’ultimo della fila e la sensazione di lasciarmi cadere lentamente nel vuoto, seguendo lo squarcio di luce che penetra dalla piccola fenditura dell’uscita che s’intravvede sul fondo è bellissima. Sembra davvero di volare e mi manca quasi il respiro. Spengo solo per un istante la mia torcia principale e lascio allontanare di un paio di metri Angela che mi precede per godermi da solo lo spettacolo della lama di luce azzurra che penetra dalla piccola apertura che si trova alla fine del lungo tunnel discendente.

Arrivato alla fine del tunnel do un’occhiata al bel ramo di corallo rosso che si trova sulla parete di sinistra in una piccola nicchia in prossimità dell’uscita e poi passo strisciando con qualche difficoltà attraverso la stretta fessura che si trova a circa 28 metri di profondità. Esco per ultimo dalla grotta e sbuco all’improvviso nel blu intenso del mare di Capo Palinuro, dove mi attendono Mauro e Angela attorniati da miriadi di Anthias rosa e di piccole castagnole nere che nuotano impazzite in tutte le direzioni. La parte speleo dell’immersione è terminata. Non ci resta che nuotare per un buon tratto lungo la parete in direzione della nostra barca che ci aspetta nella cala davanti all’ingresso principale della grotta, ammirando i tetti formati dalla roccia sovrastante interamente ricoperti di Astroides arancioni e margherite di mare gialle.

 

I meravigliosi colori della secca di Mezzo Canale

13) ARGENTARIO (GR) - Secca di Mezzo Canale

(1 ottobre 2010 - prof. 48.2 mt. - run time 52 min. - temp. 16.2 °C)

 

L'immagine più bella di questa immersione sono i colori dovuti alla grande biodiversità che caratterizza questa secca e l'abbondanza di pesce di ogni specie e taglia.

 

La "Secca di Mezzo Canale" si solleva dal fondo fangoso e uniforme al centro del largo canale tra il promontorio dell’Argentario e le isole del Giglio e di Giannutri, a circa 3 miglia al largo dell'Isola Rossa. Il canale ha una profondità di 90-100 metri e la secca risale dagli abissi fino ai 24 metri di profondità. In pratica, è come una montagna caratterizzata da un’impressionante cordigliera di guglie e pinnacoli, alternati da alcune valli. Le pareti della secca sono ripide fino ai 50-60 metri, poi proseguono scendendo più dolcemente verso gli abissi, formando splendide franate di massi.

Trovandosi in mare aperto la secca è esposta al movimento ondoso e ai venti e solitamente è battuta da correnti impetuose che superano anche i 3-4 nodi di velocità e la rendono inavvicinabile per la maggior parte dell'anno da parte dei subacquei, anche perché qui il mare, pur in assenza di vento, è spesso agitato dalle correnti sempre presenti nel canale tra il Giglio e l'Argentario. Queste caratteristiche hanno fatto della secca di Mezzo Canale un ecosistema quasi isolato e unico, ricchissimo di ogni forma di vita. Il pesce è abbondante e anche la flora è estremamente rigogliosa in questa secca dove, superata la batimetrica dei 35-40 metri, le grandi gorgonie e le bellissime spugne incrostanti prendono il sopravvento sulla nuda roccia della montagna che viene letteralmente sommersa in un’esplosione di mille colori.

Un'immersione davvero fantastica! Tanto per cominciare, appena arrivati sul punto d’immersione, in una bella giornata di sole di inizio autunno, veniamo accolti da un gruppo di piccoli tonni che saltano sul pelo dell’acqua e che, assieme a uno stormo di gabbiani, fanno strage di un banco di alici. Poi, una volta scesi sott’acqua, vediamo un mucchio di altri tonni che nuotano nel blu, appena poco sopra il cappello della secca. E poi scendendo appena sotto il cappello della secca troviamo alcune grandi cernie brune che si affacciano dalle numerose tane, alcune murene che nuotano tranquillamente tra le gorgonie, delle grosse aragoste e alcune musdee e guardando nel blu vediamo molti dentici che nuotano sparsi, oltre a una miriade di pesci più piccoli che ci avvolgono come se fossimo in una nuvola. E, dulcis in fundo, non manca l'incontro con un grosso pesce luna…

Insomma tutto quello che purtroppo ormai si vede raramente lungo le pareti del promontorio dell’Argentario è qui per noi sulla fantastica Secca di Mezzo Canale, concentrato in pochi metri quadrati!

"Mezzo Canale" è un’immersione davvero speciale, che regala emozioni forti: è una delle secche coralligene più belle del Mediterraneo. Questo è il regno dei celenterati, disposti a batimetriche differenti. L'Eunicella Cavolinii e l'Eunicella Singularis si possono vedere dal sommo della secca a circa 25 metri fino a 35 metri.

Le bellissime Paramuricea Clavata che abitano oltre i 30 metri, si dispongono in modo da offrire il loro ventaglio alla corrente e tramite i tentacoli dei polipi aperti cercano di catturare le particelle di cibo trasportate dai flussi d’acqua. Le foreste di gorgonie rosse, sovrastate dalle nuvole di Anthias Anthias rosa, sono sicuramente lo spettacolo coreografico più appariscente del Mediterraneo. Spesso qui le gorgonie offrono i loro rami come supporto per altre forme di vita: il bivalve Pteria Hirundo, i briozoi Myriapora truncata e Hippodiplosia Foliacea, le delicate colonie di Clavelina Lepadiformis e le uova di gattuccio. Altri celenterati frequenti, diffusi un poco a tutte le profondità di questa secca, sono i Parazoanthus Axinellae, le Leptosamnia Pruvoti (che si dispone soprattutto sui tetti in ombra) e le Cladocora Cespitosa. A profondità più elevate invece è possibile individuare l'Alcyonum Palmatum, un ottocorallo con asse scheletrico non rigido ed il raro “corallo nero del Mediterraneo”, cioè la Gerardia savaglia.
Ma la vera e incontrastata "regina della secca" è l’Astrospartus Mediterraneus
(la stella gorgona), uno degli essere viventi più incredibili del nostro mare. I suoi lunghi tentacoli presentano molte ramificazioni che, nelle ore notturne, si estendono per catturare particelle di cibo. Qui a Mezzo Canale ne sono presenti decine di esemplari, come in nessun altro fondale ho mai visto. E poi qua e là spuntano bei rametti di Corallum Rubrum e c’è un’infinità di ricci melone e anche qualche riccio matita. Insomma... uno scenario bellissimo che non si può scordare!

 

14) FORMICHE DI GROSSETO - Secca di Zi' Paolo

(1 luglio 2011- prof. 53.6 mt. - run time 52 min. - temp. 15.1 °C)

L'immagine più bella che ricordo  di questa immersione è il grottino che si apre sul fondo ad oltre cinquanta metri di profondità, piena di gamberi rossi e di grosse musdee.

 

Le Formiche di Grosseto sono tre piccoli scogli sparsi in mezzo al mare che si trovano in Toscana, di fronte al Parco dell’Uccellina, a circa 11 mg. di distanza da Castiglione della Pescaia. Le tre isole si distendono su una linea di circa un miglio e la loro particolarità è proprio quella di essere molto distanti dalla costa, perciò, fortunatamente, sono pochi i visitatori di questo posto ancora incontaminato, dove i banchi di pesce nuotano indisturbati e i fondali sono ancora intatti, e questo permette di ammirare una ricchissima fauna e pareti ricoperte di grandi rami di gorgonie.

I tre isolotti si chiamano Formichino, Formica Media e Formica Grande e offrono diversi punti d’immersione, tutti spettacolari, con pareti coloratissime che s’inabissano oltre i 100 metri di profondità, piccole grotte, una fauna marina spettacolare e numeroso pesce di passo.


Il faro delle Formiche di Grosseto

Partiamo da Castiglione della Pescaia con il gommone di 7,40 metri del nostro amico Sandro Costa (l’istruttore che - povero lui - nel 2007 brevettò "decompression diver" i due "vecchietti terribili", cioè io e mia moglie) che ci ha invitati più volte ad andarlo a trovare. Ed eccoci qui per fare un bel tuffo insieme, finalmente! Io e Angela ci troviamo da una settimana a Porto Ercole, alle prese con il corso Trimix Tek1 di UTRtek e, dopo giorni ininterrotti di lezioni ed esercizi in acqua, ci siamo concessi una giornata di vacanza per fare un tuffo "ricreativo" con il nostro amico. Perciò, lasciati i nostri pesanti bibo a Porto Ercole, ci presentiamo nel porto canale dove è ormeggiato il gommone con un bel 15 litri carico di aria a 240 bar e una piccola stage 7 litri di EAN 50 per la decompressione. A bordo con noi ci sono Giorgio (un istruttore amico di Sandro) con un suo allievo che sta facendo il corso Dive Master e Franco, un altro istruttore che scenderà in acqua con noi.
Ho sempre sentito parlare bene delle Formiche e, nonostante abbia fatto centinaia di immersioni nella zona tra l’Argentario, il Giglio e Giannutri, non ho mai avuto occasione di andarci perchè sono abbastanza lontane. Oggi finalmente è la volta buona!

Dopo una breve navigazione con il velocissimo gommone (due motori da 225 CV !!) arriviamo sul punto d'immersione e caliamo l’ancora proprio sul cappello della secca. Il tempo è splendido, ma c’è una discreta corrente, almeno in superficie. Indossiamo la muta stagna, prepariamo con calma la nostra attrezzatura poi scendiamo in acqua. Apre il nostro gruppetto Sandro, che fa da guida, poi lo seguiamo io e Angela mentre Franco chiude l'immersione stando in coda.
L’acqua è limpida (anche se i nostri amici mi diranno che a volte qui è molto meglio...!), la temperatura è gradevole e la corrente, una volta superato il cappello della secca si riduce notevolmente. Iniziamo la discesa in parete, tenendola sulla sinistra. La vegetazione in questo tratto è spettacolare, con grandi rami di Paramuricea e di Axinella, anemoni gioiello e spirografi che ricoprono letteralmente tutta la parete. Ci sono anche molti Astrosparthus mediterraneus (la stella gorgona) attaccati ai rami delle gorgonie rosse che creano un effetto cromatico bellissimo. Intorno ai 35 metri di profondità superiamo uno sperone di roccia, poi scendiamo ancora oltrepassando un canyon che si trova intorno ai 42 metri. Abbiamo deciso di scendere subito in profondità, mentre esploreremo questo canyon al ritorno durante la risalita. Guardando nel blu vediamo alcuni grossi dentici e delle tanute, ma incontriamo anche ricciole e barracuda. C’è davvero molto pesce qui al largo! Il termoclino è notevole e l’acqua adesso è diventata piuttosto fresca, ma con la muta stagna e un buon sottomuta non abbiamo grossi problemi.
Proseguiamo ancora per un po’ la discesa sino ad arrivare a un grottino che si apre sul fondo sabbioso intorno ai 55 metri di profondità. Illuminiamo con le nostre torce la cavità e vediamo che è popolata da una miriade di gamberetti rossi e da grosse musdee. A bordo durante il briefing abbiamo deciso che questo è il nostro punto di ritorno, perciò controlliamo il gas, ci facciamo il segnale e iniziamo la risalita tenendo la parete sulla destra.
Arrivati al canyon cominciamo a fare i nostri deep stops, ammirando le aragoste che popolano ogni spaccatura della roccia. Risalendo ancora un po’ lungo il piccolo canyon arriviamo a una risorgiva di acqua termale calda. Nelle fenditure della parete ci sono tane di murene e scorfani. L’acqua qui sembra più limpida, la corrente ha girato e la decompressione si preannuncia piacevole. Saliamo ancora fino ai 21 metri dove facciamo il cambio gas e poi saliamo su lentamente fino ai 6 metri del cappello della secca, dove terminiamo la nostra decompressione. Una sola parola: bellissimo! Poi a bordo ci aspettano un paio di bottiglie di vino fresco, focaccia e pizza di vario genere e un bel dolce... Niente male davvero!

 

15) FORMICHE DI GROSSETO - Formica Media

(3 agosto 2011- prof. 58.7 mt. - run time 48 min. - temp. 15.2 °C e 5 agosto 2011 - prof. 61.4 mt. - run time 52 min. - temp. 15.3 °C)

 

Le immagini più belle che conservo di queste immersioni sono la piccola grotta sul fondo ad oltre sessanta metri di profondità, piena di gamberi rossi e di grosse musdee, e i cocci di anfore romane sparsi sul fondale.

 

Nel mese di agosto con un gruppo di amici toscani ho avuto la possibilità di fare tre tuffi stupendi alle Formiche di Grosseto. Si è trattato di tuffi piuttosto impegnativi, con lunga decompressione, ma lo spettacolo che ho potuto ammirare "laggiù" è stato tra i più belli visti nel nostro Mediterraneo. Ho visto i resti delle anfore sparse attorno alla Formica Grande e le pareti strapiombanti della Formica Media. Veramente dei tuffi stupendi!

Particolarmente bello è stato il tuffo fatto il 5 agosto lungo la parete della Formica Media, fino a un grottino che si trova a 62 di profondità (chiamato "la bifora") che è popolato di gamberetti rossi e di grandi musdee. Una volta accesa la torcia all’interno della grotta le musdee si sono fatte una vera scorpacciata dei poveri gamberetti...!


I meravigliosi colori delle pareti più profonde delle Formiche

Qui alle Formiche i fondali precipitano rapidamente oltre i 70 metri, con pareti mozzafiato che arrivano sino sulla sabbia a oltre un centinaio di metri di profondità.

Scendendo sotto i 25-30 metri, la mucillagine, sempre presente nella stagione estiva, scompare e c’è una vera e propria esplosione di colori. Durante la discesa s’incontrano prima le gorgonie gialle intorno ai 25 metri di profondità che, oltre i 30 metri, lasciano il posto a quelle rosse, che diventano sempre più fisse a mano a mano che si scende in profondità. Sotto i 50 metri i grandissimi rami di gorgonie rosse sono molto numerosi e sono ricoperti da grandi esemplari di Astrospartus mediterraneus, mentre qui e là spunta sulla parete qualche bel ramo della rara Gerardia savaglia dal colore giallo brillante che contrasta con il rosso porpora che lo circonda.

Le pareti delle Formiche sono ricche di spaccature e di anfratti pieni di aragoste e murene, mentre sul fondo sabbioso si aprono piccole grotte abitate da grosse musdee e gamberetti rossi, che hanno la volta interamente ricoperta di spugne arancione e di colonie di Parazoanthus.

La visibilità in questa zona è indescrivibile e scendendo intorno ai 60 metri il fondale sabbioso bianco conferisce al paesaggio un aspetto lunare.

In questo tratto di mare sono naufragate fin dai tempi più antichi molte navi, e a testimonianza di questi naufragi sono state ritrovate molte anfore e oggetti vari. Infatti, durante l'immersione del 3 agosto arrivando sul fondale sabbioso ho visto una distesa di grossi cocci di  anfore romane.

 

 

La nave e alcuni particolari del relitto considerato il piccolo "Titanic" dell'Adriatico

 

16) CROAZIA - Relitto del "Baron Gautsch"

 

(1 agosto 2005 - prof. 34.5 mt. - run time 43 min. - temp. 13.2 °C e 5 agosto 2005 - prof. 35.8 mt. - run time 59 min. - temp. 11.3 °C)

 

L'immagine di questa immersione che mi è rimasta più impressa è la lunga nuotata fatta lungo le due passeggiate laterali della nave per raggiungere l’imponente prua.

 

Il relitto del "Baron Gautsch", che si trova a ovest dell’arcipelago di Brioni, a circa 6 miglia a sud-ovest del faro di San Giovanni in Pelago, è senza dubbio il più bello e interessante di tutto l’Adriatico settentrionale.

Costruito all’inizio del ‘900 in Scozia, il "Baron Gautsch" era un lussuoso piroscafo passeggeri, lungo 85 metri e largo 12, con una stazza di circa 2.000 tonnellate, ed era l’orgoglio del Lloyd Austriaco, la principale compagnia di navigazione dell’Impero Austro-Ungarico.

La nave affondò durante nell’estate del 1914, mentre navigava verso Trieste  a causa dell’urto proprio sotto alla linea di galleggiamento con una mina sommersa, che provocò un grosso squarcio che fece rapidamente colare a picco il piroscafo.

Oggi lo scafo giace in assetto di navigazione, appoggiato su un fondale di sabbia e fango di 41 metri ed è in buono stato di conservazione. Sulla sua fiancata di sinistra c’è una grande falla circolare di due metri di diametro, proprio sulla linea di galleggiamento della nave. Dei grandi saloni adornati in legno in stile liberty è rimasta solamente la struttura esterna, mentre le superfici di alcuni ponti in legno sono ancora presenti, ma sono abbastanza pericolose perchè possono crollare da un momento all’altro. Sulla prua si vede il grosso argano salpa ancore a vapore e le due ancore che sono ancora al loro posto dentro agli occhi di cubia.

Il ponte di comando del piroscafo, che era in legno, non esiste più e la parte più alta del relitto è il tetto del ponte di prima classe a 28 metri di profondità Del ponte sono rimaste solo le strutture di acciaio e una parte del legno della coperta. Gli alberi del piroscafo sono caduti e quello anteriore giace abbattuto sulla coperta di prua. Al posto dei due fumaioli ci sono degli enormi fori che arrivano nelle viscere della nave. Gli oblò sono ancora quasi tutti nelle loro sedi, perché il relitto del "Baron Gautsch" per la Croazia è un monumento nazionale e la legge è molto severa per quanto riguarda la salvaguardia dei suoi relitti. Mi sono immerso sul "Barone" un paio di volte partendo da Rovigno, distante una decina di miglia dal relitto.

Certamente due immersioni non sono sufficienti per conoscere bene una nave così grande, ma almeno ho potuto avere un’idea della sua maestosità ed eleganza. Il relitto è davvero molto bello ed entrare e uscire dai vari locali, soffermandosi a guardare luce che proviene dall’esterno e i banchi di pesce che si stagliano nel blu, è un’esperienza davvero emozionante.

 

1 agosto 2005 - In Croazia spesso non c’è una guida che ti accompagna in acqua, perciò dopo un sommario breefing fatto a bordo della barca mi sono immerso con mia moglie e mia figlia scendendo lungo una cima assicurata sulla poppa del relitto.

L’immersione è senza dubbio emozionante, perché questa nave maestosa, dopo oltre novant’anni dall’affondamento, mantiene intatto il suo fascino. Il primo giorno la visibilità è stata abbastanza buona e siamo riusciti a intravvedere la sagoma del relitto appena scesi poco sotto la superficie. Arrivati sulla poppa, nuotiamo verso prua rimanendo nella passeggiata esterna di dritta del primo ponte che è molto ampio e c’è spazio sufficiente per muoversi con estrema facilità in qualsiasi direzione. Il relitto è facilmente penetrabile in molte zone e arrivati all’altezza del salone da pranzo della prima classe entriamo nella nave ammirando le concrezioni di spugne colorate che ricoprono tutte le sovrastrutture portanti. Poi usciamo da uno dei finestroni che circondano il salone e proseguiamo in direzione della prua. Sopra di noi ci sono banchi di castagnole e di pesce azzurro, che formano come delle nuvole e si allontanano al nostro passaggio, per poi riunirsi di nuovo.

La nave ormai è interamente colonizzata da alghe, da briozoi rossi e arancioni e da spugne incrostanti di svariati colori, che vanno dal blu pallido al rosso mattone, inoltre ci sono moltissimi molluschi di ogni genere. L’acqua piuttosto limpida ci permette una bella visione d’insieme della parte prodiera della nave e riusciamo a vedere anche il grosso argano salpa ancore.

Arriviamo sulla prua della nave circa al decimo minuto di immersione, poi ritorniamo verso poppa facendo il percorso sul lato opposto della nave, nuotando lungo la passeggiata esterna di sinistra del ponte di prima classe. Controlliamo la nostra scorta d’aria e visto che il gas è sufficiente decido di fare una breve discesa fino al ponte di seconda classe, a 34 metri di profondità. Ci limitiamo a dare un’occhiata veloce, perché i nostri computer indicano già qualche minuto di decompressione, inoltre, pur essendo in agosto, la temperatura dell’acqua è di appena 13 gradi. Al ventesimo minuto stacchiamo dal fondo e iniziamo la nostra lenta risalita lungo la cima, fino alla sosta di decompressione e usciamo dall’acqua dopo 43 minuti di immersione.

 

5 agosto 2005 - Questa volta mia figlia Chiara non c’è e a me e a mia moglie si sono uniti altri due sub che non conosciamo. Oggi ho lasciato il mono da 15 litri e ho preso un bibo D12 perché ho intenzione di fare un’esplorazione più completa della nave. Pianifico mentalmente il mio tuffo e poi faccio un rapido breefing ai miei nuovi compagni d’immersione, basandomi su quello che ho visto la volta precedente. Purtroppo la visibilità non supera i 6-7 metri, perché nei giorni precedenti c’è stata una mareggiata che ha smosso la sabbia del fondale, nascondendo la nave alla nostra vista.
Scendiamo attaccati alla cima e arrivati sulla coperta di poppa della nave partiamo per il nostro giro di esplorazione dirigendoci verso prua. Nuotiamo lungo la passeggiata di sinistra del ponte di prima classe e ci dirigiamo direttamente sopra all’imponente prua della nave. Poi ci tuffiamo giù spostandoci proprio di fronte al tagliamare che cade verticale fino alla sabbia, ma la scarsa visibilità purtroppo non ci permette di avere una visione d’insieme della nave. Perciò ritorniamo rapidamente sopra alla coperta e ci dirigiamo verso poppa, questa volta mantenendoci sul lato di dritta della nave e nuotando lungo il ponte inferiore che è molto più basso di quello di prima classe. Dobbiamo mantenere un assetto perfetto per poterlo percorrere senza sbattere con le rubinetterie delle nostre bombole. Di tanto in tanto ci affacciamo agli oblò che danno sulla passeggiata e lanciamo un’occhiata all’interno, puntando la nostra torcia, alla ricerca di qualche particolare interessante. Scorgiamo degli enormi gronghi, delle grosse musdee e diversi astici che sbucano dagli anfratti.

Arrivati quasi alla poppa ci alziamo un poco di quota e entriamo nella parte coperta del ponte promenade, nuotando verso prua. Controlliamo la nostra scorta di gas e dato che abbiamo ancora più di 100 bar decidiamo di penetrare all’interno della grande sala da pranzo della prima classe, arrivando fino all’altezza del ponte di comando. Poi usciamo uno per volta da uno dei finestroni che si affacciano verso prua e saliamo sul tetto del ponte di prima classe. Un ultimo controllo e poi ci dirigiamo nuovamente verso poppa. Passiamo nuotando sopra il grande foro che corrisponde a dove era posizionato il primo fumaiolo. Laggiù ci sono le caldaie della sala macchine e mi piacerebbe molto poterle vedere, ma non abbiamo più tempo.

Un’occhiata al manometro mi dice che è tempo di risalire, avendo consumato 2/3 della mia aria. Proseguo a malincuore verso la poppa, sino ad incontrare la cima assicurata alla boa in superficie e terminiamo l’immersione staccando dal fondo al trentaquattresimo  minuto. Terminiamo la nostra immersione dopo 18 minuti di decompressione.

 

17) GOZO (Malta) - "Blue Hole" e parete "Azure Window"

 

(15 aprile 2013 - prof. 54.5 mt. - run time 48 min. - temp. 15.2 °C)

 

L'immagine più bella che ricordo di questa immersione è la discesa nel blu del Blue Hole per poi sbucare nell’acqua cristallina sotto all’immensa e suggestiva "Azure Window" (che purtroppo ormai non esiste più, essendo crollata a seguito di una tempesta).

 

La costa più occidentale dell’isola di Gozo ospita una delle maggiori attrazioni turistiche naturali dell’arcipelago di Malta: l’Azure Window. Su tutti i calendari e su tutte le brochure di Malta si trova sempre almeno una fotografia raffigurante questo passaggio attraverso le scogliere, un luogo che ha fatto da sfondo a centinaia di spot televisivi e immagini pubblicitarie. La vista è spettacolare, specialmente nei giorni di vento, quando si alzano le onde che poi si infrangono su quest’arco gigantesco.
Proprio davanti all’Azure Window, alla fine di Dweira Point, c’è il famoso Blue Hole, un foro naturale di 50 metri scavato nello scoglio nel corso dei secoli dal vento e dal moto ondoso. E’ raggiungibile tramite una camminata abbastanza difficoltosa sull’antica pietra calcarea corallina. Il sentiero, molto accidentato, conduce fino alla riva, dove una pozza d’acqua bassa conduce a destra, dove si forma il famoso "Blue Hole".


Il famoso "Blue Hole" di Malta

Dotato di un ingresso protetto dal quale si possono fare diverse immersioni, questo sito include un enorme arco che inizia a 8 metri di profondità ed ha una cima piatta, di forma quasi quadrata, ricoperta di margherite di mare (Parazoanthus axinellae).

Questa è una delle più conosciute immersioni all’isola di Gozo: inizia a 16 metri alla base del Blue Hole e sale fino a 8-9 metri di profondità sotto l’Azure Window.Una sezione notevole dell’Azure Window è crollata in mare nell’aprile del 2012 e questi enormi blocchi di roccia ora bloccano parzialmente il percorso sotto la finestra.

Scendiamo in acqua nel laghetto del Blue Hole e attraversiamo il foro che si trova a una decina di metri di profondità e porta in mare aperto sotto l’Azure Window. Seguendo i blocchi di roccia franati dall’alto e il reef teniamo la sinistra e ci troviamo a nuotare in prossimità della scogliera esterna dell’Azure Window. Superiamo un grosso monolito di roccia e arriviamo al drop offf. Saltiamo giù nel blu e arriviamo fino a 54 metri di profondità. Qui lo scenario cambia completamente. E' molto scuro perché la parete è nell’ombra e la roccia calcarea è piena di spaccature all’interno delle quali vediamo piccole aragoste e qualche cernia bruna. La vegetazione è molto più ricca di quella vista nelle immersioni poco profonde fatte a Malta e le nostre torce illuminano quelli che sono i colori tipici del Mediterraneo: il giallo e il rosso del coralligeno. Dopo qualche minuto trascorso in profondità, giriamo attorno alla base del pilastro esterno dell’Azure Window e cominciamo la nostra lenta risalita ritornando verso il Blue Hole.

La scorta d’aria non è molta e la profondità raggiunta ci costringe a fare una lunga decompressione, ma ne approfittiamo per visitare l’ampia grotta marina sommersa che si trova proprio sotto l’ingresso Blue Hole, a "quota decompressiva". All’interno della grotta vediamo una grande cernia bruna (Epinephelus marginatus), mentre sul fondo melmoso spicca un grosso cerianthus (Cerianthus membranaceus). Durante la risalita in superficie, veniamo circondati da centinaia di piccole meduse rosa (Jellyfisch) dai lunghi filamenti urticanti e da alcune salpe (Salpa maxima), dei tunicati trasparenti dal corpo cilindrico, allungato e gelatinoso, con ben visibili dei nuclei rossi a forma di ciliegia. Si tratta di una specie pelagica molto interessante da osservare, perché alcuni di questi tunicati formano uno stolone di giovani individui attaccati tra loro in catene lunghe 30-40 centimetri che sono originate per gemmazione dal genitore. La natura non finisce mai di stupire!

Un'immersione davvero emozionante e molto interessante questa, che valeva assolutamente tutta la fatica che abbiamo fatto per raggiungere a piedi il punto d'ingresso in acqua.

18) Favignana - ISOLE EGADI (TP) - Secca del Toro

 

(29 luglio 2009 - prof. 42.3 mt. - run time 45 min. - temp. 16.9 °C)

L’immagine più bella che ricordo di questa immersione è il passaggio nello stretto canyon con le pareti coloratissime dalle quali spuntavano le antenne di tantissime aragoste.

 

Di fronte a Punta Longa, sul versante meridionale dell’isola di Favignana nelle Isole Egadi, a circa 2,5 miglia dalla costa facendo rotta per 194 gradi si trova la "Secca del Toro", un vasto pianoro sommerso i cui fondali vanno da 6 a 40 metri. Nella parte più esterna della secca però, staccandosi dalla parete e nuotando tra grandi massi monolitici di granito, si può raggiungere la profondità di 60 metri. La Secca del Toro è poco riparata dall’isola di Favignana e generalmente la zona è battuta da forti correnti ricche di microrganismi che favoriscono la proliferazione della flora e della fauna. Inoltre, nelle ore pomeridiane si alza spesso un mare abbastanza forte a causa del soffiare prevalente del vento di Grecale, che in queste zone prende molta forza essendo favorito dalla depressione creata dalla vicina montagna di Erice sulla costa trapanese. Ovviamente, essendo nel versante sud dell’isola, la secca subisce anche l’influenza dello Scirocco, ma questo succede solo in occasione di perturbazioni, che solitamente durano pochi giorni.

Questa secca regala ai subacquei di qualunque livello delle intense emozioni fin dai primi metri d’immersione, perché grazie al fondale bianco-rosato l’acqua assume riflessi di cristallo, diventando di un cupo colore verde smeraldo là dove le rocce calcaree sono coperte di poseidonia. La Secca del Toro è molto vasta e le immersioni possibili qui sono almeno tre.

Dato che il sommo della secca è ad appena 6 metri dalla superficie, di solito i diving locali ancorano la barca a una decina di metri dalla vertiginosa parete, proprio sul taglio della cigliata.

L’immersione classica inizia sul cappello della secca per poi tuffarsi subito lungo una vertiginosa parete che scende dritta fino a 30 metri. Qui si può godere di uno scenario unico: uno strapiombo che fa sì che la vista dei subacquei si perda nel blu. Il percorso dell’immersione si svolge lasciandosi sempre la parete sulla sinistra e mantenendosi alla quota prestabilita. La bellezza di questa immersione sta proprio nella varietà di possibilità offerte alle diverse quote, tutte interessanti. Scesi oltre la cigliata, di solito s’incontra un forte termoclino ed esplodono i mille colori dalla roccia sottostante. Le pareti cadono verso il fondo quasi verticali e sono ricoperte di gorgonie rosse e gialle, di spugne incrostanti multicolori e di alcionari. Le gorgonie qui assumono delle tonalità di colore davvero uniche e le immagini fotografiche che si riescono a catturare non rendono del tutto l’atmosfera magica e surreale tipica di questa secca.

La Secca del Toro è frequentata da grandi specie pelagiche di passo ed è facile imbattersi in branchi di ricciole, dentici, palamiti e anche di barracuda. Scendendo, invece, si incontrano salpe, saraghi, murene, gronghi, corvine e musdee, mentre negli anfratti della parete è facile trovare magnose e aragoste.  

Si può anche percorrere un versante diverso della secca, chiamato "il Canyon", che è il punto in cui la parete principale della Secca del Toro ne incrocia un’altra un poco più bassa, distante circa 4 metri, formando un’incantevole scenario sottomarino che raggiunge i 35 metri di profondità.

Le pareti di questo canyon sono popolate da aragoste e nei numerosi buchi vivono in simbiosi murene e gronghi, mentre spesso nei punti della parete più riparati dalla luce si incontrano delle grosse musdee.

L’immersione qui è davvero molto appassionante e offre anche un paio di passaggi stretti che piacciono molto agli amanti delle grotte come me.

La vegetazione è davvero molto rigogliosa e ovviamente è possibile effettuare l’immersione sia alla profondità massima, sia tenendosi un pò più alti per non penalizzare la durata, senza comunque rinunciare a godere delle meraviglie di questi fondali.

Dopo aver percorso tutta la parete rimanendo intorno alla sua base, dove sono più facili gli incontri con le aragoste, le murene e le musdee, ci si può riportare lentamente sul cappello della secca, rimanendo per un certo tempo nell’acqua più bassa e cominciando la desaturazione dell’inevitabile deco accumulata sul fondo. Dopodiché, trattandosi di un’immersione in mare aperto, si può lanciare il pedagno per segnalare la propria posizione alla barca di assistenza ed essere recuperati in modo da completare la risalita in sicurezza.

Ad est della Secca del Toro infine c’è la "Parete di Levante", distante 3 miglia al largo di Punta Lunga, da dove solitamente partono tutti i subacquei.
Qui è possibile fare un’altra immersione, piuttosto impegnativa a causa della corrente che è sempre presente nella zona. Per rendere l'immersione meno faticosa ci si cala direttamente sulla cigliata, in modo da non dover pinneggiare per raggiungerla e, dato che in questa parte della secca la corrente è molto forte, conviene tuffarsi dalla barca e scendere rapidamente e poi essere seguiti costantemente da un assistente in superficie.

Questa parete è meno vertiginosa delle altre pareti della Secca del Toro, ma è comunque molto ricca di vita e lungo di essa ci sono un'infinità di grotticelle completamente ricoperte di Parazoanthus e popolate dalle aragoste. Le spugne Spirastrella Cunctatrix e Axinella Cannabina formano degli scenari coloratissimi, inoltre ci sono dei bei rami di Paramuricea cCavata color rosso porpora vivace. Questa immersione si svolge in drift, perchè l’orientamento non è facile ed è assolutamente necessario avere il pallone di segnalazione per dare la possibilità all’assistente rimasto in barca di seguire i subacquei dalla superficie e di recuperarli rapidamente al termine dell’immersione.


Un enorme ramo di falso corallo nero, ovvero Geradia Savaglia

19) GALLIPOLI (LE) - Secca del Faro

 

(28 giugno 2013 - prof. 57.5 mt. - run time 58 min. - temp. 16.8 °C e 16 luglio 2015 - prof. 56.6 mt. - run time 70 min. - temp. 15.1 °C)

 

L'immagine più bella che ricordo di questa immersione sono i piccoli scogli disseminati sul fondale di sabbia bianca a 60 metri, ricoperti da bellissimi grandi rami di corallo nero.

 

A nord del faro dell'Isola di Sant’Andrea, di fronte a Gallipoli (LE), si trova una secca che emerge per pochi metri dal fondale sabbioso circostante che degrada rapidamente da 47 fino a 62 metri. La secca è formata da una serie di rocce tutte ricoperte di gorgonie rosse e gialle, tra le quali spiccano bellissimi rami di Gerardia Savaglia, un antozoo comunemente chiamato "falso corallo nero", una specie non molto frequente nel Mediterraneo.

Questo antozoo, di un colore giallo acceso con lo scheletro nero, forma delle colonie ramificate che in questo sito raggiungono notevoli dimensioni, arrivando fino ad un metro di altezza nel corso di centinaia e centinaia di anni.
Qui la Gerardia occupa un'area di circa 300 mq. formando quella che dai biologi viene considerata la più vasta colonia di "corallo nero" del Mediterraneo.

Pur essendo in grado di secernere un proprio scheletro corneo, la Gerardia generalmente ricopre lo scheletro della Paramuricea Clavata (gorgonia rossa) e l'insediamento avviene sia sulle colonie morte sia su quelle vive, i cui tessuti viventi vengono progressivamente distrutti dalla Gerardia Savaglia.

Già di per sè la vista degli enormi rami di corallo nero rende spettacolare questa immersione, ma le rocce della secca sono densissime di vita e vi si trovano molti ricci Longispinus, qualche riccio matita, belle stelle pentagono arancioni, rosse pennatule e delicate trine di mare.

Anche il pesce abbonda su questa secca, e oltre a saraghi di notevoli dimensioni e a coloratissimi banchi di Anthias rosa che fanno da cornice alle grandi rocce disseminate sul fondo, ci sono scorfani, aragoste, murene e musdee e, se si ha un po’ di fortuna, si possono incontrare anche grossi dentici e cernie bianche.

Questo è un sito d'immersione riservato a pochi, che richiede la discesa nel blu e una lunga decompressione, ma è in grado di regalare ai subacquei che vi s’immergono delle immagini spettacolari ed emozioni veramente uniche.

20) SANTA CATERINA DI NARDO' (LE) - Secca delle Gorgonie

(29 giugno 2013 - prof. 52.5 mt. - run time 50 min. - temp. 20.1 °C e 12 luglio 2015 - prof. 57.6 mt. - run time 70 min. - temp. 15.3 °C)

 


Splendido ramo di gorgonia bicolore sui fondali di Gallipoli

L'immagine più bella che ricordo di questa immersione è la lunga sottile striscia di scoglio che emerge dal fondale sabbioso di 60 metri interamente ricoperta da grandi rami di gorgonia rossa e gialla.

 

I fondali del Salento, nella zona tra Gallipoli e Santa Caterina di Nardò sono un’immensa distesa sabbiosa che degrada lentamente nelle profondità del Mar Ionio. Pur essendo ricoperti di sabbia, questi fondali riservano delle fantastiche sorprese ai subacquei che vi si avventurano.

Basta, infatti, che vi sia qualche piccolo scoglio che emerge dalla sabbia e gli organismi sessili lo ricoprono completamente, dando alle rocce un aspetto di un giardino colorato, dove il pesce si rifugia numeroso e abbonda ogni forma di vita.

Un’immersione particolarmente interessante in questa zona, per il suggestivo ambiente e per la quantità e varietà di vita presente è quella sulla cosiddetta Secca delle Gorgonie. Il punto d’immersione si trova in mare aperto, a circa 8 miglia dal porto di Santa Caterina, nell’Area Marina Protetta di Porto Cesareo. Sentir parlare di "secca" fa sorridere, dato che l’immersione si svolge su una grande franata rocciosa che dai 47 metri del cappello precipita sulla sabbia a circa 60 metri di profondità.

 Per gustare appieno le bellezze del fondale serve almeno una ventina di minuti di tempo di fondo e di conseguenza è necessario fare una lunga decompressione durante la risalita; perciò si tratta di un’immersione adatta a subacquei esperti, ideale per essere fatta con una miscela di Trimix normossico 21/35 ed EAN 50 per la decompressione.

Una volta arrivati sul punto e ancorata la barca sul cappello della secca, si scende completamente nel blu, cercando di rimanere in prossimità della cima dell’ancora che è l’unico riferimento visivo possibile, anche perchè nella zona si possono incontrare forti correnti.

Appena arrivati sul fondo si presenta davanti agli occhi uno scenario mozzafiato, caratterizzato da grandi rami di gorgonie rosse inframmezzate da piccole gorgonie gialle, che crescono sugli scogli ricoperti dal coralligeno di mille colori formando una vera e propria foresta. Qui abbondano i gigli di mare, le stelle pentagono e i ricci Longispinus, mentre attorno agli scogli nuotano grandi banchi di saraghi fasciati e saraghi pizzuti, che si mescolano alla miriade di occhiate e di castagnole. Sul fondo sabbioso grosse triglie brucano in cerca di cibo, mentre negli anfratti più nascosti delle rocce si rifugiano grosse murene, e non è raro l’incontro con cernie brune e aragoste. I grandi massi rocciosi accatastati sul fondo formano anche dei piccoli canyon e nelle zone più in ombra di essi si trova anche qualche piccola colonia di corallo rosso.

21) CAPRI (NA) – Traliccio di Punta Carena e "Grotta dei gamberi"

(30 dicembre 2018 - prof. 63.5 mt. - run time 84 min. - temp. 17 °C)

 

L'immagine più bella che ricordo di questa immersione, oltre ai colori meravigliosi delle gorgonie e del coralligeno che ricopre completamente la struttura metallica del traliccio, è la miriade di gamberetti che vivono nell'oscurità della grotta che si incontra durante il percorso di ritorno, che illuminati dalla luce della torcia si colorano di rosso vivo.


Mi sono immerso parecchie volte sul famoso "traliccio di Capri", una struttura d'acciaio che negli anni ‘60 cadde in mare durante una tempesta invernale sotto il faro di Punta Carena, e ho anche ammirato la coloratissima parete della falesia che sprofonda nel mare, circondato da nubi di castagnole rosa, ho nuotato sotto l’arco totalmente tappezzato di astroidi (
Astroides Calycularis), ma l’immersione del 30 dicembre 2018 mi ha fatto scoprire un’altra meraviglia di questi fondali: la cosiddetta “grotta dei gamberi”.


Il traliccio di Capri completamente colonizzato da gorgonie e spugne
 

La discesa sul traliccio, una delle immersioni universalmente riconosciute tra le più belle del Mediterraneo, è abbastanza impegnativa data la profondità (circa 64 metri) e la necessità di scendere “in libera” senza una cima di discesa, ma la limpidezza dell’acqua e la vicinanza alla parete in pratica la rendono meno drammatica di quanto possa sembrare, avendo i sub sempre un riferimento preciso ed un’acqua di straordinaria limpidezza che permette di orientarsi e di vedere il traliccio parecchi metri prima di raggiungerlo (a condizione di immergersi nel punto esatto).

Qui il coralligeno trionfa dappertutto, e se la parte del leone la fanno le gorgonie rosse (Paramuricea Clavata), con alcuni esemplari nella variante gialla (Eunicella Cavolinii), la struttura metallica è interamente colonizzata da spugne, briozoi, in particolare le fantastiche sertelle (Sertella Septentrionalis) e da policheti vari.

Terminato il tempo di fondo stabilito e iniziando la risalita lasciando alle spalle il traliccio, nuotando lungo la parete verso la punta dell’isola si incontra a 46 metri di profondità una grossa caverna con l’apertura di forma triangolare. La grotta non è molto profonda, all’esterno vi sono grandi gorgonie gialle (Eunicella Cavolinii), mentre l’interno è completamente pieno di spugne (aplysina aerophoba), di invertebrati e soprattutto di gamberi rossi (Plesionika Narval) che creano una nube davvero fantastica di antenne bianche su corpi rosati con diverse strisce longitudinali rosse e gialle. Dopo aver lasciato la grotta e aver superato la punta si arriva in una piccola baia riparata in cui si ancora la barca appoggio dove si può fare la decompressione al sicuro dall’intenso traffico di natanti che navigano intorno a Capri. Qui, per un gioco di correnti, s'incontrano centinaia di meduse che si lasciano trasportare dalla corrente. Un’immersione davvero mozzafiato!

22) CAVALAIRE-SUR-MER (F) - Relitto del cargo "Togo"



 

 

 

 

 

 

 

La prua del "Togo" ricoperta di gorgonie

(4 giugno 2019 prof. 52.5 mt. run time 63 min.  temp. 15 °C)

(6 giugno 2019 prof. 53.5 mt. run time 68 min.  temp. 16 °C)

(7 giugno 2019 prof. 56.0 mt. run time 67 min.  temp. 16 °C)

 

L’immagine più bella di questa immersione sono i rami di gorgonie rosse con dei ventagli davvero enormi (tra le più grandi che io abbia mai visto), che hanno colonizzato lo scafo della nave e si stagliano nel blu.

 

Quello del cargo "Togo", anche se non è più intatto, è sicuramente uno dei relitti più belli di tutto il Mediterraneo. Il relitto si trova in assetto di navigazione sul fondale sabbioso nella baia di Cavalaire-sur-Mer in Costa Azzurra, ed è poggiato su un fondale di circa 60 metri; perciò l’immersione richiede sempre decompressione e una buona esperienza a queste profondità e va fatta con attenzione.
Le strutture superiori del ponte s’incontrano a 47 metri di profondità, mentre la prua si trova a 55 metri. La "Togo", affondata a seguito dell’urto contro una mina, non è più intatta e il relitto oggi è lungo una sessantina di metri. Un troncone della poppa, lungo una quindicina di metri, con l’elica e il timone, si trova a circa 400 metri di distanza dal relitto principale, a 68 metri di profondità e richiede un’immersione separata.

Ho fatto tre "tek dive" su questo bellissimo relitto. Ho impiegato un D12 caricato in aria come back gas e una S80 caricata in EAN 50 come decompressiva. Il run-time è stato sempre intorno ai 65 minuti, con un tempo di fondo di una trentina di minuti ogni volta. Nei miei tre tuffi non ho mai incontrato corrente e la discesa l’ho fatta avendo come riferimento una grossa cima che arriva sotto la prua a 48 metri di profondità.

La visibilità è sempre stata buona e arrivando sul fondo sono rimasto subito impressionato dalla vista della nave: la "Togo", infatti, sembra enorme, le sue murate sono altissime e il tagliamare di fronte al quale mi sono posizionato è veramente imponente. Salito sopra la coperta, ho incontrato i grossi argani per il carico e le due ancore ammiragliato che sono ancora attaccate alle catene che pendono lungo le murate dagli occhi di cubia. Sono entrato nella stiva di prua, ancora piena del carico di carbone, poi mi sono diretto verso poppa passando attraverso uno dei corridoi sul lato sinistro del cassero centrale, che sono disposti su due livelli. Qui ho nuotato sotto un vero e proprio pergolato ricoperto di gorgonie. Davvero bello ed emozionante! Continuando a nuotare per qualche altro metro sono arrivato nella grande e buia stiva di poppa a 56 metri di profondità, dove però non c’è nulla di interessante da vedere salvo il carico di carbone. La cosa che invece mi ha più impressionato solo stati gli enormi rami di Paramuricea Clavata attaccati sullo scafo della nave, con aggrappati bellissimi esemplari di Astrospartus Mediterraneus (la stella gorgone).

Le dimensioni gigantesche e i colori di queste gorgonie rosse lasciano davvero senza fiato. Intorno allo scafo e tra le sovrastrutture della nave ho incontrato fitti banchi di pesci, che creavano un insieme unico ed emozionante. Tutto era avvolto in nuvole di anthias rosa e castagnole brune. Percorrendo i corridoi laterali mi sono affacciato anche alle varie aperture laterali, e all’interno ho potuto notare il guizzare dei pesci illuminati dalla mia torcia. Ritornando verso prua ho percorso l’altro corridoio sul lato di dritta della nave. Forse uno dei punti più belli per gli scorci suggestivi che offre. Ai lati del castello centrale le gru di carico sono diventate dei veri e propri alberi di gorgonie rosse giganti, fra le quali nuotano banchi di dentici. Nel centro del relitto c’è una grossa apertura, in corrispondenza del punto in cui sorgeva il grande fumaiolo e sia a sinistra che a dritta sono rimaste sollevate nella loro posizione le gruette delle scialuppe di salvataggio, anche queste ricoperte di splendide gorgonie rosse. Appoggiato di traverso sul lato di dritta ho visto un albero. Purtroppo non sono entrato nella sala macchine (che mi avevano detto essere molto bella… e stretta) perché non avevo nessuno che mi ci accompagnasse e perché a quella profondità la scorta di gas non dura molto. Mi riprometto di farlo una prossima volta se ce ne sarà l’occasione. Ho ripetuto questo stesso percorso in ciascuna delle mie tre immersioni per fissare bene nella mente i tanti particolari del relitto e ogni volta ne sono rimasto più affascinato. Un’immersione che da sola vale il viaggio fino in Francia!

 

23) CAP CAMARAT - Cavalaire-sur-Mer (F) - Relitto del sommergibile "Rubis"


L'imponente prua del sommergibile "Rubis"

 

(5 giugno 2019 prof. 40.5 mt. run time 65 min.  temp. 15 °C)

(6 giugno 2019 prof. 41.5 mt. run time 60 min.  temp.  16 °C)

L’immagine  di questa immersione che rimane impressa nella memoria in maniera indelebile è la prua del sommergibile rialzata dal fondo, che sembra stia per partire verso la superficie.

Il "Rubis" è certamente uno dei relitti più belli e affascinanti del Mediterraneo ed è uno dei rari sottomarini accessibili ai subacquei. Lo scafo, perfettamente conservato, ha una forma molto affilata ed è molto scenografico essendo posato in perfetto assetto di navigazione su un fondale di sabbia bianca alla profondità di circa 40 metri, con la prua sollevata verso l’alto a causa delle forti correnti che hanno scavato una profonda fossa sotto di essa.

Questo relitto, estremamente ricco di fauna marina, lascia a tutti i suoi numerosissimi visitatori un ricordo indelebile. L’immagine più suggestiva è sicuramente rappresentata dalla prua rialzata dal fondo, che si ammira in tutta la sua imponenza allontanandosi leggermente dal relitto. Questa immagine è stata immortalata in centinaia di fotografie fatte da subacquei di tutto il mondo.

La parte più alta del relitto si trova a soli 34 metri, mentre la parte più profonda vicino alle eliche (che purtroppo sono state asportate) è a 41 metri.

Nonostante la considerevole profondità, grazie alla limpidezza dell’acqua nella seconda immersione sono riuscito a scorgere le forme del relitto già scendendo poco sotto la superficie: una visione mozzafiato.

Il relitto è veramente affascinante e la sua posizione appoggiato sulla chiglia con la prua sollevata di qualche metro dal fondo lo fa sembrare in agguato, pronto a sferrare un attacco al nemico. L’immagine è abbastanza inquietante e trovandocisi di fronte ci si aspetta davvero che da un momento all'altro il "Rubis" accenda i suoi motori elettrici e si allontani silenziosamente nel blu.

Il relitto è in buono stato di conservazione anche se molte delle sue strutture, come la torretta, la piattaforma del cannone e i rivestimenti dei pozzi contenenti le mine, sono state irrimediabilmente rovinate dall’erosione del tempo e dal morto ondoso.

Le lamiere non sono molto ricoperte dalla vegetazione marina; sulle fiancate ci sono gorgonie e spugne, mentre nei tubi lanciasiluri, e nelle fenditure ho visto degli enormi gronghi fare capolino.

Quello che affascina però non è il pesce, pure abbondante, ma la vista della torretta (sulla quale non ho potuto fare a meno di farmi fotografare), della balaustra del cannone, dei pozzi per le mine, dei tubi lanciasiluri, del grande timone di profondità e del tranciacavi di prua. Tutti particolari che un figlio di marinai e di sommergibilisti come me è stato in grado di riconoscere facilmente. Sulla torretta non ci sono più il periscopio e tutti gli strumenti di navigazione.

Il portello anteriore è aperto a metà e permette di scorgere le strutture all'interno. Con un po’ di acrobazie, a causa della grande stage che portavo attaccata al fianco, mi ci sono infilato dentro scendendo di piedi per dare un’occhiata con la mia torcia, ma la visibilità all'interno, a causa della notevole sedimentazione, era molto scarsa. Dirigendomi verso poppa ho riconosciuto benissimo i portelli dei pozzi dai quali venivano rilasciate le mine. Un relitto nel suo insieme davvero insolito e affascinante.

La profondità non è eccessiva, ma soprattutto nella prima delle due immersioni ho incontrato una forte corrente, sia in discesa - dove ho faticato parecchio per raggiungere a nuoto la cima e rimanervi attaccato - sia specialmente in risalita, quando i 30 minuti trascorsi a 40 metri di profondità mi hanno costretto a una lunga e faticosa decompressione attaccato "a grappolo" alla cima assieme ad altri  quindici subacquei. Avere in tasca una jon line sarebbe stato comodo… La zona di Cap Camarat, in determinati periodi dell'anno e a seconda dell'ora, è famosa per le forti correnti, a volte talmente impetuose da non permettere di effettuare l’immersione. Bisogna tenerne conto nella pianificazione. Noi, tutto sommato, siamo stati fortunati.
 

24) VILLASIMIUS (CA) - Relitto della nave cisterna "Isonzo"

Spettacolari immagini del relitto adagiato sul fondo

(10 ottobre 2021 prof. 56 mt. run time 97 min.  temp. 20 °C)

(15 ottobre 2021 prof. 57 mt. run time 74 min.  temp. 22 °C)

 

L’immagine più bella di questa immersione sono i due grandi cannoni interamente concrezionati che si trovano a prua e a poppa.

 

L’Isonzo era una nave cisterna armata della Regia Marina italiana, che colò a picco nel 1943 a circa 12 miglia dal porto di Cagliari, colpita dai siluri di un sommergibile britannico, lo stesso che affondò anche il Loredan e l’Entella, che facevano parte dello stesso convoglio partito da Cagliari e diretto a La Maddalena. Il relitto giace coricato sul fianco di dritta. Molto scenografici sono i due cannoni situati a poppa e a prua. Sul fondale a 57 metri di profondità spiccano le maniche a vento distaccatesi dalla coperta, il cassero e pezzi del fumaiolo, insieme agli alberi con la coffa di avvistamento.

Il relitto dell’Isonzo, a differenza di quello del Loredan che giace poco distante, stranamente non è colonizzato da gorgonie e organismi sessili, probabilmente a causa della non continua esposizione alla corrente che non ne ha permesso la crescita.

    

Arriviamo sulla murata sinistra della nave a una cinquantina di metri di profondità scendendo lungo la cima che arriva alla boa in superficie. L’acqua è limpidissima e ci permette di vedere una grande porzione del relitto che giace coricato sul fianco di dritta. Nuotiamo dapprima verso poppa per ammirare il grosso cannone, poi ci dirigiamo verso prua nuotando davanti alla coperta e osservando l’interno dallo squarcio prodotto dal siluro britannico. Si vedono chiaramente due grossi lavabi di ceramica bianca sui quali non ci sono incrostazioni. Illuminate dalle nostre torce alcune cernie brune vanno a nascondersi tra le lamiere. Vediamo anche qualche grosso scorfano. Arrivati a prua, possiamo ammirare il grande cannone, molto bello da fotografare, e l’argano salpa ancore. Sulla prua molto imponente spiccano le due grosse ancore che sono ancora negli occhi di cubia.

Nuotiamo lentamente intorno alla prua e poi ritorniamo verso poppa sorvolando un mucchio di detriti e pezzi di lamiera staccatisi dalla nave e ora sparsi sul fondale sabbioso. Tra i detriti si distinguono benissimo le grandi maniche a vento che davano aria ai locali sottostanti, che ormai si sono distaccate dalla coperta. Il cassero e pezzi del grande fumaiolo sono sparsi sul fondo a 57 metri di profondità, insieme agli alberi con la coffa di avvistamento. All’interno del cassero vediamo un mucchio di triglie che brucano nella sabbia, mentre intorno al relitto ci sono nuvole di anthias rosa e si vede qualche grosso dentice nuotare nel blu.

Il relitto dell’Isonzo è piuttosto spoglio e non è colonizzato da gorgonie e organismi sessili, probabilmente a causa della non continua esposizione alla corrente che porta il nutrimento e non ne ha permesso la crescita. Al trentesimo minuto stacchiamo dal fondo e risaliamo lungo la cima per fare la nostra lunga decompressione.

25) VILLASIMIUS (CA) - Relitto della Regia Nave ausiliaria "Loredan"

 

(11 ottobre 2021 prof. 63.5 mt. run time 71 min.  temp. 17 °C)

(14 ottobre 2021 prof. 64 mt. run time 77 min.  temp. 18 °C)

L’immagine più bella di questa immersione sono i rami di gorgonie rosse bicolori che ricoprono interamente la murata di dritta e la chiglia del relitto.

Quello del "Loredan" è sicuramente il relitto più bello del Golfo di Villasimius e uno dei più belli del Mediterraneo, che affascina tutti i subacquei per i suoi colori e per la ricca vita che si cela tra le lamiere. Trasformato in nave ausiliaria della Regia Marina italiana fu impiegato nella scorta ai convogli durante la seconda GM. Il relitto fu affondato nel 1943 da un sommergibile britannico e ora è adagiato sul fianco sinistro a una profondità di 65 metri con le sovrastrutture centrali che raggiungono i 53 metri. La poppa è stata distrutta dall’esplosione del siluro. La chiglia è completamente colonizzata dalla rara Paramuricea chameleon (gorgonia gialla e rossa), che forma un rigoglioso e colorato giardino fiorito. Il relitto non è grande, ma concentra una moltitudine di gorgonie rosse (Paramuricea clavata) con alcuni esemplari che raggiungono il metro di altezza. Oggi il relitto ospita grosse cernie all’interno delle sue zone un pò più nascoste come lo squarcio a centro nave, e ci sono anche musdee, gronghi e, nelle zone più buie, è tutto un brulicare di gamberi rossi (Plesionika narval), mentre nel blu nuotano i dentici.

Il relitto del "Loredan", adagiato sul fianco sinistro, si trova in posizione 39°08' N e 9°23' E a una profondità di 65 metri con le sovrastrutture centrali che raggiungono la profondità di 52 metri. La poppa è stata distrutta dall’esplosione del siluro, infatti si possono chiaramente notare le lamiere piegate verso l’interno. La chiglia è completamente colonizzata dalla rara Paramuricea chameleon (gorgonia gialla e rossa), che forma un rigoglioso e colorato giardino fiorito che emoziona i subacquei che s’immergono sul relitto. Il relitto non è grande, ma concentra una moltitudine di Paramuricea clavata (gorgonie rosse) con alcuni esemplari che raggiungono un metro di altezza.

Noi scendiamo lungo la cima che arriva sulla murata di dritta della nave a 60 metri di profondità e nuotiamo rimanendo all’esterno del relitto, infilando solo la testa in varie aperture per vedere i particolari dell’interno. Entriamo nella stiva di prua, che però è vuota e piena di sabbia. Poi nuotiamo sopra il cassero centrale, anch’esso completamente ricoperto di bellissime gorgonie, dirigendoci verso prua. Sulla sabbia intorno allo scafo della nave vediamo il grande albero con la coffa e riconosciamo una parte del fumaiolo. Arriviamo fino alla prua, dove si distinguono chiaramente il grosso basamento del cannone da 120 mm (che purtroppo non c’è più) e il grande argano salpa ancore. Nuvole di centinaia anthias ondeggiano ovunque ed è ipnotizzante osservare la loro danza continua. All’interno delle sue zone un pò più nascoste, come lo squarcio che si apre a mezza nave, il relitto ospita delle piccole cernie brune che illuminate dalle nostre torce fuggono a nascondersi, mentre all’esterno vediamo nuotare qualche dentice e dei grossi saraghi. Sono state due bellissime immersioni, con un tempo di fondo di una trentina di minuti e una lunga deco trascorsa attaccati alla cima di risalita.

26) VILLASIMIUS - Loc. Costa Rei (CA) - Relitto del piroscafo "Valdivagna"

 

 

(12 ottobre 2021 prof. 71mt. run time 92 min.  temp. 16 °C)

 

Ciò che rimane più impresso nella memoria è la grande elica della nave, oltre alle bellissime gorgonie bicolori che ricoprono la nave.

 

Il "Valdivagna" era un piroscafo da carico a vapore che fu affondato nel1941 da un sommergibile inglese a nord di Villasimius in località Costa Rei.

Il relitto è in assetto di navigazione alla profondità di 74 metri, e le sue lamiere sono ricoperte di grandi ventagli di Paramuricee chameleon. Aragoste fanno capolino con le loro antenne dai vari anfratti del relitto e, quasi sempre, i dentici in caccia del pesce azzurro sorvolano la parte superiore del ponte.

Il relitto ormai è completamente spoglio del suo carico, le sue lamiere invece si sono ricoperte di bellissima vita marina: grandi ventagli di Paramuricea chameleon ricoprono tutta la murata di destra, aragoste fanno capolino con le loro antenne dai vari anfratti del relitto e, quasi sempre, i dentici in caccia del pesce azzurro sorvolano la parte superiore del ponte.

Durante l’affondamento la nave ha perso la prua ed anche nella zona poppiera è spezzata, facendo presumere l’impatto di più siluri; nonostante ciò la zona poppiera è quella più integra e mantiene ancora in sede la grande elica.

Noi siamo scesi lungo la cima che arriva sulla murata di sinistra a mezza nave a circa 60 metri di profondità e ci siamo diretti dapprima verso prua passando sulla parte centrale del relitto che è interamente collassata. Lo scenario che si presenta agli occhi è bellissimo, perché le lamiere sono completamente colonizzate da grandi ventagli di gorgonie bicolori. Dopo essere entrati nella grande stiva di prua (vuota e piena di fango) siamo ritornati verso poppa, nuotando in mezzo a nuvole rosa di anthias e ci siamo affacciati alla grande sala macchine con il motore ben visibile. Il tempo a quella profondità è trascorso molto in fretta e non siamo arrivati a vedere l’elica, ma abbiamo staccato dal fondo dopo una ventina di minuti, come avevamo pianificato nel briefing prima dell’immersione, per fare la nostra lunga decompressione.

 

 

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