Autunno 2022: tempo di bilanci.

Tra ricordi e "pezzi di ferro"...

 

Che cosa si può fare in una grigia giornata d’autunno, verso la fine dell’anno più nero per quanto riguarda la mia attività subacquea? L'unica cosa possibile è scorrere le pagine dei miei log book e ripercorrere i momenti felici, rivivere i ricordi degli anni in cui riuscivo a fare almeno 60-70 tuffi ogni anno, quasi tutti insieme ad Angela, la mia "buddy" e compagna di vita.

Che brutto anno questo 2022. Una serie di eventi ha costretto me e mia moglie a cambiare le nostre priorità e a mettere temporaneamente da parte la subacquea.

Per fortuna pian piano le cose si stanno risolvendo, e siamo fiduciosi in un 2023 migliore, che ci veda di nuovo in acqua assieme, a praticare la nostra attività preferita.

Ed ecco che per il momento non mi rimane altro da fare che guardarmi indietro con un po’ di nostalgia e ripensare a quanta acqua è passata sotto le mie pinne e a quanti bellissimi ricordi mi ha regalato il mare in tutti questi anni.
Era il 1995 quando, quasi per gioco, Angela ed io conseguimmo il nostro primo brevetto subacqueo nelle basse e torbide acque dell’Adriatico. Di fatto però la nostra passione per l’attività subacquea cominciò venticinque anni fa, quando ci trasferimmo dal Veneto nelle Marche.

Allora nessuno di noi due avrebbe immaginato che la subacquea ci avrebbe stregato in questo modo. Nel corso di questi venticinque anni abbiamo fatto centinaia di immersioni in Italia e all’estero. Abbiamo frequentato corsi e conseguito un’infinità di brevetti, passando dalle immersioni ricreative a quelle "tecniche", respirando miscele ternarie e infine passando dal circuito aperto al rebreather a circuito chiuso.

Costiera Sorrentina - estate 2014 - due tranquilli ricreativi

 

Angela in trimix nel 2015

Angela con il CCR rebreather nel 2019

Poco tempo dopo aver cominciato ad immergermi, ho scoperto che la mia passione erano i relitti delle navi sommerse. Mi ha sempre affascinato la storia di questi "muti testimoni" di tragedie avvenute nel mare, e il desiderio di visitarli mi ha spinto ad affrontare un percorso di addestramento che mi permettesse di poterli esplorare in sicurezza. Dapprima ho accumulato tanta esperienza facendo qualche centinaio di tuffi nelle condizioni più disparate. Poi ho frequentato un corso di speleologia subacquea (per certi versi la penetrazione all’interno di un relitto non è molto diversa da quella all’interno di una grotta sommersa); infine ho fatto il salto nel mondo delle cosiddette immersioni "tecniche", conseguendo i brevetti necessari per l’utilizzo delle miscele ternarie.

Angela è stata la mia compagna durante tutto questo percorso ed è cresciuta insieme a me. E’ stata lei che mi ha spinto a studiare e ad esercitarmi per raggiungere il grado di autonomia necessario per poter coltivare la mia grande passione per i relitti.

Estate 2017 Banco di Santa Croce

Estate 2017 relitto m/n "Anna Bianca" in trimix

 

Fin da quando ho iniziato ad appassionarmi alle immersioni sui relitti avevo un sogno e un obiettivo preciso: raggiungere la coperta della "Haven", l’immensa petroliera affondata nel 1991 nel golfo di Genova, al largo di Arenzano. Avevo seguito sui media la tragedia immane di questa nave e mi ero appassionato alla sua storia, leggendo tutto quello che mi era stato possibile. In fondo – come disse il grande fotografo Andrea Ghisotti – "Senza una sua storia, un relitto è solo un mucchio di lamiere". Ed è per questo motivo che per diversi anni ho cercato di documentarmi il più possibile su questa nave e su come affrontare questa immersione, che per me aveva un fascino particolare. Sapevo quasi tutto della sua storia, ma dovevo andare a vedere con i miei occhi.

Finalmente nel dicembre del 2007 ci riuscii. Scesi assieme a mia moglie fino sulla coperta della "Haven". Arrivammo a 54 metri di profondità e gironzolammo attorno al grande castello di poppa, poi attraversammo il famoso "corridoio delle bombole” e risalimmo lentamente lungo i sette ponti della nave.

Fu un’immersione di appena una cinquantina di minuti, fatta in aria, con una pesante bombola da 18 litri sulle spalle e una bombola di EAN50 per la decompressione attaccata sul fianco. Un’esperienza che ricordo ancora benissimo perché fu la mia "prima volta” (in realtà il giorno precedente eravamo già stati sul ponte di comando della petroliera a una quarantina di metri di profondità), e la realizzazione di un sogno che coltivavo da tanto tempo.


Angela ed io ritornammo nell’ottobre dell’anno successivo a trovare la "Grande Signora addormentata" (così i subacquei chiamano affettuosamente questo gigante del Mediterraneo) e facemmo un paio di tuffi con un gruppetto di sub seguendo una guida locale. Il primo giorno arrivammo fino sopra la coperta, per prendere confidenza con quella profondità. Il giorno seguente ci spingemmo fino a una sessantina di metri, affacciandoci al grande squarcio che si apre sulla murata di sinistra della nave. Non ho un bel ricordo di quell’ultimo tuffo sulla "Haven", anzi ho un ricordo di paura e insicurezza. Fui colpito da una forte narcosi da azoto e ho rischiato un incidente da decompressione. Con il senno di poi posso dire che quella volta mi è andata molto bene: rimasi semplicemente stordito per tutta la giornata. Angela che era accanto a me in quell’immersione prese un grandissimo spavento, che non ha più dimenticato.

Quella volta ci rendemmo conto che respirare aria a certe profondità non era sicuro. La narcosi da azoto appanna la mente e non permette di avere la lucidità necessaria per condurre l’immersione in sicurezza godendosela completamente. Il rischio che avevo corso mi fece riflettere. Non potevo coltivare la mia passione per i relitti in quelle condizioni. Il desiderio di esplorare nuovi relitti però era più forte di me e aveva contagiato anche Angela, così decidemmo insieme di frequentare il corso necessario per poterci immergere respirando una miscela contenente elio, che avrebbe risolto il problema della narcosi.

 


Banco di Santa Croce 2018... ancora in trimix

Banco di Santa Croce 2019... finalmente tutti e due in CCR!

 

Nonostante negli anni successivi avessi accumulato parecchia esperienza facendo molte immersioni profonde e avessi conseguito i brevetti tecnici necessari per potermi immergere con miscele ternarie, passò parecchio tempo prima che tornassi ad immergermi sulla "Haven". La grande paura presa nel 2008 quando ho sfiorato un serio incidente ha fatto sì che strani fantasmi si agitassero nella mia mente e m’impedissero di tornare serenamente ad immergermi su quel relitto. Ogni volta che Angela mi chiedeva di ritornarci trovavo mille scuse per evitare di farlo. Quella volta laggiù a 60 metri mi ero trovato da solo con me stesso e con la mia paura. In breve la paura, amplificata dal non capire che cosa mi stesse accadendo, era diventata panico e ho corso davvero un grosso rischio. C’è voluto parecchio tempo prima che decidessi di ritornare ad Arenzano.

Scorrendo il mio log book arrivo così al 2017, l’anno in cui posso dire di aver raggiunto il massimo nel mio percorso di modesto "tek diver". Quell’anno feci una ventina di tuffi tra i 50 e i 65 metri, e assieme ad Angela feci anche altre sei immersioni sulla "Grande Signora". Furono tutte immersioni bellissime, ma soprattutto furono immersioni che facemmo noi due da soli dopo aver fatto un’attenta pianificazione all’asciutto. Sei immersioni da circa un’ora e mezza ciascuna, con una lunga decompressione, fatte in sicurezza, respirando un trimix normossico 21/35. Che grande soddisfazione poter condurre mia moglie in quei percorsi all’esterno e all’interno del relitto che ormai conoscevo a memoria! Forse ero arrivato al massimo di quello che potevo desiderare.

Da allora abbiamo continuato ad immergerci con una certa assiduità e nel 2019 abbiamo realizzato il nostro sogno più grande, quello che ci accomuna a moltissimi "relittari": immergerci nella Laguna di Truk in Micronesia. Abbiamo trascorso due settimane nel "Paradiso dei Relitti". Ho fatto 22 immersioni su 17 relitti diversi… uno più bello dell’altro. Angela, che è sempre più avanti di me, si è immersa con il rebreather a circuito chiuso; io invece sono sceso con il mio "bibo" da 12 litri caricato ad aria e la solita bombola di EAN50 per la decompressione. Vedere quello che riusciva a fare a Truk la mia compagna in termini di profondità e consumo di gas con il suo CCR, e confrontarlo con quello che potevo fare io in circuito aperto, mi ha definitivamente convinto a frequentare il corso per l’utilizzo del rebreather. Così, con un anno di ritardo rispetto a lei, nel 2020 mi sono affacciato anch’io al cosiddetto "mondo del silenzio" e ho preso il brevetto di primo livello per il "reb". Ovviamente poco tempo dopo Angela ha fatto un’altra fuga in avanti prendendo il brevetto di secondo livello e soltanto nel 2021 ci siamo nuovamente allineati.

In deco di ritorno dal traliccio di Capri nel 2017... in trimix OC

In deco di ritorno dal traliccio di Capri nel 2022... con il rebreather CCR

Il 2021, nonostante la pandemia da Covid-19 abbia limitato parecchio i nostri spostamenti, è stato l’anno delle immersioni tecniche con il rebreather e siamo riusciti a fare anche una quindicina di tuffi "seri" con tempi di fondo significativi. Tra l’altro abbiamo partecipato alla "Wreck Week", la settimana di immersioni tecniche sui bei relitti della Sardegna meridionale: relitti profondi, adagiati in acque cristalline, dei quali ci siamo innamorati. Potevamo dire di aver completato il nostro percorso di subacquei ormai esperti? Assolutamente no: c'era ancora tanta strada e tanta esperienza da fare.

 

Confrontando le immersioni del 2017 in circuito aperto con quelle del 2021 in circuito chiuso (fatte utilizzando come "diluente" miscele ternarie adeguate) balzano subito agli occhi le maggiori durate e le decompressioni meno penalizzanti di quelle fatte in OC.

 

Ormai il nostro passaggio nel mondo dei "senza bolle" si può considerare definitivo. Le potenzialità del rebreather a controllo elettronico ci hanno letteralmente stregati, tanto da decidere di frequentare il corso CCR di terzo livello, quello che con l’utilizzo di miscele ipossiche abilita a raggiungere la profondità massima di 100 metri. Quanti altri relitti profondi avremmo potuto esplorare dopo aver conseguito questo brevetto e aver fatto l’esperienza necessaria? Stavamo giusto pensando questo all’inizio del 2022, quando si è accavallata una serie di eventi che hanno sconvolto tutti i nostri programmi. Il tempo delle immersioni si è fermato. I diversi viaggi programmati per il 2022 sono saltati e con essi anche il corso per il rebreather. Il bilancio di quest’anno subacqueamente parlando è assolutamente negativo: in tutto l’anno io sono riuscito a fare appena una decina di tuffi. Pazienza.

Ci rifaremo sicuramente il prossimo anno, e magari riusciremo anche a frequentare il corso che quest’anno abbiamo dovuto saltare. Chissà? Quello che è certo è che io continuerò a coltivare la mia passione per il "ferro" finchè mi sarà possibile farlo… anche se nel frattempo ho compiuto una certa età. La sessantina di relitti sparsi in giro per il mondo che ho visitato non mi è ancora sufficiente: c’è tutto un mondo da scoprire la sotto!

 

 

Sopra alcuni tuffetti in CCR e sotto finalmente libero "senza bolle" con il mio rebreather

 

 

 

 

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