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di Tecnica & Medicina

 

 

95.  L’IMMERSIONE TECNICA, L'IMMERSIONE PROFONDA, LA TOSSICITA' DELL'OSSIGENO... ALCUNE RIFLESSIONI

di M. Polacchini

 La cosiddetta «immersione tecnica» è un tipo d’immersione subacquea che ha preso parecchio piede in questi ultimi anni e che va oltre gli scopi di una normale immersione sportiva (la cd. immersione ricreativa) perché richiede un addestramento avanzato, un’attrezzatura specifica e molta esperienza.

Di solito si considerano "tecniche" le immersioni fatte respirando gas diversi dalla semplice aria (in effetti, anche un’immersione entro i canonici 40 metri, nella quale s’impiegano miscele decompressive diverse dal gas di fondo è considerata "tecnica"). Inoltre, sono considerate tecniche le immersioni caratterizzate dall’impossibilità di una risalita diretta in superficie per la presenza di ostruzioni fisiche, come ad esempio le immersioni in grotta, quelle sotto il ghiaccio o all’interno di relitti (ambienti difficili da raggiungere, che presentano maggiori rischi per il subacqueo), e anche le immersioni che presentano ostacoli tecnici, come ad esempio quelle a grandi profondità, che richiedono tappe di decompressione obbligatorie.

La definizione d’immersione tecnica deriva da alcuni limiti imposti dalla fisiologia umana e dalla fisica, in particolare deriva dal comportamento dei gas disciolti nella miscela respiratoria con l’aumento della pressione ambiente dovuto alla profondità.

Di norma si assume una respirabilità dell’aria all’incirca fino a 40 metri di profondità (limite ricreativo), ma il limite è dovuto alla pressione parziale dell’ossigeno presente nell’aria (PpO2) e non alla profondità in sé.

In passato si riteneva accettabile respirare miscele di gas con una concentrazione di ossigeno pari a quella dell’aria (circa il 21%) fino a profondità di 66 metri (con una PpO2 di 1,6 bar), ma poi i si è resi conto che questa pressione parziale dell’ossigeno può essere tossica per il sistema nervoso centrale e provocare gravi sintomi come pericolose convulsioni, allucinazioni visive e uditive, perdita del controllo muscolare e sincope.

Perciò, recentemente le didattiche tecniche hanno stabilito un limite di PpO2 di 1,4 bar (estendibile solo in alcuni casi a 1,6 bar), equivalente a una profondità massima di 56 metri respirando aria. Oltre questa quota è risaputo che il sensibile aumento della tossicità dell’ossigeno presente nell’aria può portare a gravi incidenti in immersione. Inoltre, l’aumento della profondità provoca la narcosi da azoto. Questa può essere prevenuta riducendo la percentuale di azoto presente nella miscela respiratoria, cioè sostituendolo con dei gas più volatili come l’elio, che favoriscono la desaturazione (trimix), oppure eliminando completamente l’azoto dalla miscela, utilizzando gas come l’idrogeno o ancora l’elio (hydrox, hydreliox, heliox).  Ma queste miscele, pur limitando gli effetti negativi di un’iperossia o della narcosi da azoto, aumentano altri rischi per il subacqueo e quindi richiedono un addestramento specifico maggiore rispetto a quello necessario per fare un’immersione ricreativa.

Un’immersione può essere definita "tecnica" anche in base alla sua durata. Le immersioni in profondità, infatti, richiedendo tappe decompressive obbligate per il rilascio da parte dell’organismo dei gas inerti respirati ad alta pressione (azoto o elio), hanno una maggiore durata e spesso nella fase decompressiva necessitano di gas particolari come il nitrox o l’ossigeno puro.  Queste lunghe immersioni (nelle quali non è possibile un’ascesa diretta in superficie nel caso di problemi sott’acqua) richiedono una notevole preparazione del sub e necessitano di miscele decompressive specifiche che permettano più facilmente e più velocemente il rilascio graduale dei gas inerti assorbiti dai tessuti dell’organismo.

L’immersione tecnica richiede un’attrezzatura specifica per essere praticata, perché spesso, a causa della sua durata e della necessità di lunghe soste di decompressione, si deve aumentare il numero di bombole da portare sott’acqua (bibombola per il back gas e bombole stage per la decompressione).

Per questo tipo d’immersione, che supera i normali limiti di un’immersione sportiva, è inoltre necessario un addestramento specifico e approfondito. Molte didattiche oggi si dedicano espressamente alla subacquea tecnica (ad esempio la GUE, l’UTD, l’UTR Tek, la TDI/SDI, la TSA, l’ANDI, la PTA, la IANTD, la NAUI Tec e la DSAT Tec-Rec) con standard d'insegnamento abbastanza simili tra loro; inoltre, alcune di queste didattiche propongono nei loro programmi anche corsi ricreativi.

Immersione profonda e miscele – Riflessioni  di Giovanni Testa - BLUWEB.IT

E’ ormai sotto gli occhi di tutti noi come l’immersione profonda con decompressione stia avendo una diffusione sempre maggiore. Ma, mentre nel settore ricreativo si è raggiunta una certa codificazione delle tecniche e delle procedure, nell’immersione tecnica assistiamo a una certa eterogeneità. Ciò risulta evidente se sfogliamo un manuale di una qualsiasi didattica ricreativa: sistemi ed esercizi non si differenziano tra di loro, se non in pochi, rari casi. Persino i profili decompressivi, pur se generati da algoritmi diversi, finiscono per risultare perfettamente convergenti.

Nel settore tecnico, invece, assistiamo a una diversa codificazione delle attrezzature da impiegare, delle procedure, degli esercizi, dei profili decompressivi e, soprattutto, delle miscele da impiegare nelle varie situazioni. Ciò può ingenerare perplessità, se non a volte diffidenza, da parte di chi si accosta la prima volta a questo tipo di immersione.

Il porre limiti all’immersione, in un cero senso, ha creato situazioni e percorsi da autodidatti, con tutte le conseguenze negative facilmente immaginabili. E' molto difficile che un subacqueo appassionato si limiti per tutta la vita a immersioni poco profonde. Le stesse agenzie didattiche ricreative hanno apertamente avversato per anni l’immersione profonda o con decompressione in genere, salvo poi fare marcia indietro sotto la spinta delle nuove conoscenze, delle nuove attrezzature e, non da ultimo, del desiderio sempre più forte degli utenti di andare oltre i limiti imposti arbitrariamente.

A questo punto però occorre obbligatoriamente fare una cosa che farà storcere il naso un po’ a tutti: per approcciarsi all’immersione tecnica bisogna cambiare qualche vecchia abitudine. E’ vero che molti subacquei si sono immersi a profondità rilevanti senza utilizzare il GAV o il computer e senza avere problemi, ma ciò non significa che tale sistema non possa essere migliorato. Per essere un ottimo subacqueo, però, non è sufficiente disporre di una eccellente attrezzatura, di un’ottima acquaticità, d’esperienza ed aver frequentato svariati corsi. Per essere un buon subacqueo è richiesta un ulteriore caratteristica: respirare le best-mix.

Ma che cosa significa best-mix? Per best-mix deve intendersi una data miscela respiratoria i cui gas componenti non superano precisi limiti di pressioni parziali alla massima profondità programmata.

In altre parole, la best-mix è una miscela respiratoria le cui percentuali dei gas che la compongono, sono stabilite dal subacqueo in fase di pianificazione. Le percentuali stabilite rispetteranno precisi valori di pressione parziale dell’ossigeno e dell’azoto sul fondo e dell’elio se è il caso. Tutto ciò significa gestire le miscele e non essere soggetti a loro. Il concetto base si racchiude in una semplice domanda che deve porsi l’aspirante tek-diver: «Qual è la migliore miscela da respirare per l’immersione che mi appresto a fare?».

Se il subacqueo si pone questa domanda, si renderà presto conto che l’aria diventa il peggiore gas da respirare in assoluto, che il nitrox ha forti limiti di profondità operativa, che per fare immersioni profonde occorre il trimix, ma c’è un piccolo problema: per rispondere con esattezza a questa domanda occorre un bagaglio di conoscenze rilevante.

A questo punto il lettore potrebbe chiedersi come ottenere le conoscenze «giuste» in modo da poter disporre di un bagaglio tecnico adeguato.

Per giungere alle conoscenze giuste occorre studiare anche ciò che si ritiene errato, chiedersi quali siano i motivi per i quali si sostengono teorie contrarie alle proprie convinzioni, occorre liberarsi dai preconcetti ma, soprattutto, occorre mettere in discussione ciò che si ritiene corretto al momento presente perché potrebbe non esserlo più il giorno dopo. Nel caso delle immersioni subacquee lo sforzo di giungere a conclusioni certe è reso maggiormente complicato dalle innumerevoli variabili fisiologiche individuali, che mal si adattano ai calcoli generati dagli algoritmi decompressivi.

Nonostante il contrasto tra fisiologia e matematica, molti aspetti dell’immersione subacquea sono ben conosciuti. Tra questi vi sono le proprietà tossiche dell’ossigeno e dell’azoto respirati ad alte pressioni. L’immersione subacquea presenta alcuni rischi, ma l’immersione subacquea profonda ne presenta molti di più.

I rischi maggiori non sono determinati dalle capacità del subacqueo (per imparare a immergersi esistono i corsi e gli esercizi), ma sono quelli che non si osservano materialmente con gli occhi perché agiscono all’interno del nostro organismo, e cioè i gas con i loro effetti chimico-fisici direttamente proporzionali alla pressione ambiente e al tempo di permanenza. Tuttavia, come detto sopra, le proprietà tossiche dei principali gas respirati nelle immersioni (ossigeno e azoto), sono ben conosciute e questo è molto importante per l’aspirante subacqueo tecnico.

Per stabilire la migliore miscela per la propria immersione occorre avere bene in mente i significati di pressione parziale e di Narcosi Equivalente ad Aria (END = equivalent narcosis depth).

Prima di parlare di tutto ciò occorre fare alcune considerazioni.

L’ossigeno è un gas vitale. Senza ossigeno l’uomo non potrebbe vivere, tuttavia l’ossigeno se respirato a pressioni elevate diventa tossico e può condurre all’iperossia, potenzialmente mortale, per cui diventa importante stabilire precisi limiti della pressione massima dell’ossigeno da poter respirare.

Il nitrox usato nelle immersioni ricreative e tecniche è una miscela nella quale la percentuale dell’ossigeno è ben superiore al 21% presente nell’aria. Aumentando la percentuale dell’ossigeno diminuisce proporzionalmente quella dell’azoto e, considerando che è l’azoto il gas che determina i limiti di non decompressione di ogni tabella d’immersione e computer subacqueo, diventa facile capire il grande vantaggio del nitrox.

Ma facciamo un passo indietro e torniamo alla tossicità dell’ossigeno.

Via via che aumenta la percentuale dell’ossigeno nella miscela nitrox, parallelamente aumenta la pressione parziale del gas e il subacqueo deve calcolarne i limiti in atmosfere assolute che respirerà alla massima profondità. Per saperlo basta moltiplicare la percentuale del gas per la pressione assoluta. Ad esempio, la pressione parziale dell’ossigeno presente a 30 metri respirando nitrox con il 32% di ossigeno sarà 1,28 ATA (FO2 x Pa = PpO2 cioè0.32 x 4 = 1,28).

A questo punto diventa importante stabilire quale sia il limite massimo di pressione parziale dell’ossigeno, in modo da evitare gli effetti tossici ad esso collegati.

 

Andrew Georgitis UTD

Ma quali sono e cosa fanno gli effetti tossici dell’ossigeno?

Le respirazione di miscele con alte frazioni di ossigeno può portare a due differenti forme di intossicazione: l’intossicazione al sistema nervoso centrale e l’intossicazione polmonare, note come sindrome di Paul Bert e sindrome di Lorraine-Smith.

Per molti anni le immersioni in nitrox hanno avuto nella NOAA il punto di riferimento principale. I limiti NOAA prevedono immersioni nitrox fino a una pressione parziale dell’ossigeno di 1,6 bar, ma nel tempo molte didattiche ricreative e tecniche hanno abbassato tale valore a 1,4 bar.

La riduzione della massima pressione parziale dell’ossigeno da 1,6 bar a 1,4 bar è dovuta essenzialmente dall’obiettivo di limitare il grado di tossicità al sistema nervoso centrale.

La tossicità dell’ossigeno al sistema nervoso centrale (Central Nervous Syndrome o CNS%O2) o sindrome di Paul Bert descrive i segni/sintomi di questa particolare forma di tossicità che trova nelle convulsioni il suo massimo stadio di gravità.

La sindrome di Paul Bert è determinata dal tempo al quale permane il subacqueo a un’elevata pressione parziale dell’ossigeno. Proprio per questo motivo, nonostante i limiti NOAA siano affidabili, le didattiche ufficiali hanno ulteriormente ridotto la soglia, portando la sicurezza delle immersioni in nitrox ad alti livelli di affidabilità.

In ogni caso è opportuno precisare che il valore di 1,6 bar della PO2 (pressione parziale ossigeno) è rimasto immutato nelle miscele usate per eseguire decompressioni e non immersioni tradizionali.

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