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di Tecnica & Medicina

 

187. Gradient Factors: come capirli e sceglierli

di Yme Carsana (International Training Director e International Technical Trainer Director SSI, Istruttore CCR Poseidon e  rEvo e Istruttore SSI Tech) 

Mentre sto svolgendo gli ultimi controlli al mio rebreather prima di salire a bordo, ascolto distrattamente una discussione sui Gradien Factors alle mie spalle: “Quali impostazioni mi suggerisci?” “Dipende da come ti senti.” “Scusa? Puoi spiegarmi meglio?” “Le impostazioni dei gradient factors dipendono dal subacqueo: con l’esperienza imparerai a sentire quali sono quelli giusti per te!”

Un alone di mistero aleggia quando si parla dell’impostazione dei Gradient Factors sul computer e se è vero che la regolazione può variare con l’esperienza, qui descriverò come funzionano e quali potrebbero essere i passi iniziali sapendo già di ricevere critiche anche solo per aver suggerito impostazioni diverse da quelle ritenute più corrette da altri. Mi prenderò questo rischio rincuorato dal fatto che, spero molti, potranno capire meglio questo sistema di regolazione della sicurezza nella pianificazione di un’immersione con un software decompressivo che si basa sull’algoritmo Bhulmann.

Un po’ di storia sulla teoria della decompressione

Già molti anni fa, in occasione della costruzione dei piloni dei ponti, si era capito che i lavoratori pressurizzati nei cassoni stagni, avevano problemi se riportati in superficie da determinate profondità. Camminavano piegati dal dolore (in inglese ”bent”) e gli esiti potevano essere anche fatali.

Haldane

Lo scozzese Scott Haldane (1860-1936) pubblicò nel 1908 le prime tabelle per le immersioni avendo intuito alcune regole fondamentali:
a) I tessuti del corpo si saturano di azoto.
b) I tessuti si saturano e desaturano a velocità esponenziale.
c) I tessuti hanno diverse velocità in base alla loro vascolarizzazione.
d) Siccome la velocità di saturazione e desaturazione è esponenziale la saturazione totale è irraggiungibile; da qui la necessità di introdurre il concetto degli “emitempi”, cioè di quanto tempo sarà necessario per saturare un tessuto al 50%.

Ciò significa che se un tessuto viene identificato come “tessuto da 10 minuti”, esso si saturerà al 50% dopo 10 min, di un altro 25% dopo altri 10 min, di un altro 12,5% dopo altri 10 min, di un altro 6,25% dopo altri 10 min, di un altro 3,125% dopo altri 10 min e di un altro 1,56% dopo altri 10 min.
Dopo 6 emitempi il tessuto sarà ritenuto per convenzione “saturo”, anche se in effetti non lo è perchè la somma di 50%+25%+12,5%+6,25%+3,125%+1,56%  è il 98,5% .

In base a questo ragionamento, Haldane costruì un modello matematico considerando 5 tessuti da 5, 10, 20, 40, 70 minuti di emitempo. Come detto, è necessario considerare più tessuti perché nel nostro corpo, essi differiscono per una diversa vascolarizzazione e, di conseguenza, velocità di saturazione e desaturazione. I tessuti “veloci” sono quelli molto perfusi (con molto sangue) come gli organi vitali, il cervello, il sangue stesso, etc. Essi avranno emitempi di 5 o 10 minuti. Quelli più lenti, con meno sangue, sono le ossa, le cartilagini, etc., e avranno emitempi più lunghi quindi, si satureranno e desatureranno più lentamente.

Il concetto di sovrasaturazione

Risalendo da una determinata quota, i tessuti inizieranno a scaricarsidell’azoto, ma per eguagliare la pressione ambientale dell’azoto respirato alla nuova quota, necessiteranno di un certo periodo. Durante questo periodo saranno in una condizione di “sovrasaturazione” rispetto alla pressione ambientale dell’azoto inspirato. Questa sovrasaturazione non deve eccedere di 1,58 volte la pressione dell’azoto negli alveoli polmonari (che sarà nel caso dell’aria 0,79 moltiplicato per la pressione assoluta), perché superando questo limite si può incorrere in una patologia da decompressione (PDD).

Nella figura sopra si nota una linea blu che indica l’aumento della pressione scendendo in profondità, che si stabilizza una volta giunti sul fondo. La linea gialla indica l’aumento della pressione parziale dell’azoto (PPN2) inspirato durante la discesa: anch’essa si stabilizza raggiungendo il fondo. La linea rossa indica un tessuto che inizia a saturarsi, ma non raggiunge la saturazione completa (altrimenti toccherebbe la linea gialla nella fase piatta, cioè quella di fondo).
Il momento in cui le linee blu e gialla iniziano a scendere è quello della risalita. Entrambe scendono velocemente, dato che la risalita avviene alla velocità di 10 mt/min, mentre la linea rossa che indica la saturazione del tessuto scende molto meno rapidamente, generando la sovrasaturazione.

Workman

L’americano Robert Workman, in tempi ben più recenti (1956), ebbe la possibilità di semplificare la comprensione del sistema di calcolo della decompressione introducendo il concetto del “valore M” che indica il valore di sovrasaturazione massima che un tessuto può tollerare per non incorrere in una PDD. Furono anche introdotti più compartimenti per adattarsi meglio alle caratteristiche fisiologiche umane e il rapporto massimo di sovrasaturazione fu stabilito in 1:1,58 come detto sopra.
Come si può vedere dal grafico, sull’asse verticale abbiamo la pressione del gas inerte nel tessuto e sull’asse orizzontale abbiamo la pressione ambiente (Profondità+1bar). La linea a 45 gradi è quella di saturazione: quando un tessuto tocca quella linea è saturo e non si può saturare di più eguagliando la pressione ambiente del gas inerte. La saturazione di un tessuto è ricavata moltiplicando per 6 il valore dell’”emi-tempo” del tessuto. Perciò un tessuto da 5 minuti sarà considerato saturo dopo 30 minuti (5×6) e toccherà la linea di saturazione indicata come ”Pressione ambiente” nel grafico della figura a destra.

Come descritto prima, la velocità di scarico dei tessuti in risalita necessita di tempo, perciò se il mio corpo che contiene il tessuto con emitempo 5 minuti saturo dopo 30 minuti d’immersione, risale di 10 metri si crea una sovrasaturazione perchè il subacqueo è risalito in un minuto, ma il tessuto ha bisogno di ben più di un minuto per equilibrarsi con la nuova pressione ambiente dell’inerte. Come già detto questo eccesso di saturazione non può essere più di 1,58 volte superiore a quello ambiente. Si può quindi tracciare una seconda linea sul grafico che indica il “Valore M” che non può essere oltrepassato dal quel tessuto per non superare il “valore massimo” (valore M) di sovrasaturazione.
Nel momento in cui il tessuto tocca il valore massimo (la linea dei valori M) il computer genera una sosta di decompressione (indicata con il punto 1) dando al tessuto il tempo di scaricarsi un po’ prima di poter continuare la risalita. Ripresa la risalita dopo la tappa di decompressione può darsi che la sovrasaturazione di quel tessuto tocchi nuovamente la linea dei valori M, e allora il computer genererà un’altra tappa di decompressione fino a quando il subacqueo potrà uscire sano e salvo dall’acqua. Workman aggiunse al suo modello nuovi tessuti per migliorare l’algoritmo sopratutto nella porzione dei tessuti medi che sono i più stressati dagli obblighi decompressivi.

Modello a 16 compartimenti

Per complicare le cose bisogna considerare che ogni diverso tessuto inserito nel computer ha una sua specifica linea dei valori M. In pratica nel nostro computer potremmo avere ben 16 compartimenti con 16 linee di valori M diverse. Questo perchè, in effetti, i tessuti veloci sopportano una sovrasaturazione maggiore rispetto a quelli lenti. Se abbiamo un computer tecnico, che gestisce anche le miscele contenenti elio, esso avrà ulteriori 16 tessuti ognuno con i valori M specifici per quel tessuto, considerando anche l’elio come gas inerte presente nei tessuti. Per fortuna che abbiamo un computer al polso o un software decompressivo che calcola tutto per noi!

Bhulmann

Lo svizzero Albert Bhulmann (1923-1994), ricercatore universitario di Zurigo, adattò l’algoritmo di Workman rendendolo più conservativo (cioè modificando le linee dei valori M) e aggiungendo compartimenti arrivando ad inserirne 16 come detto sopra.

Il suo modello decompressivo è stato cambiato più volte fino ad adattarlo il meglio possibile alla fisiologia umana. Bhulmann ha avuto la fortuna di poter lavorare con un’enorme quantità di dati inviatigli da subacquei ricreativi, tecnici e commerciali ed è per questa ragione che il suo modello è quello più sperimentato.

Altri modelli decompressivi

Il VPM - Varying Permeability Model (cioè modello a permeabilità variabile) è un algoritmo di decompressione definito da D. E. Yount che viene usato nella subacquea sportiva e commerciale.
È stato definito in seguito all’osservazione della formazione di bolle gassose nei sistemi esposti a pressione. Nel 1986 questo modello è stato applicato dai ricercatori dell’University of Hawaii per calcolare alcune tabelle di decompressione.

Il modello VPM presume che microscopici nuclei gassosi siano sempre presenti sia nel sangue che nei tessuti che lo contengono. Ogni nucleo più grande di una dimensione critica specifica, relativa alla massima profondità raggiunta, crescerà durante la decompressione (e quindi durante la risalita).

Il modello ha lo scopo di minimizzare il volume totale di queste bolle mantenendo la pressione esterna dei gas inerti più alta rispetto a quella interna alla bolla. Da questo modello decompressivo ne sono derivati altri che vengono usati ancor oggi in molti computer subacquei e rappresentano il fondamento delle “ratio-deco”. Non approfondiremo questi modelli perchè il sistema che permette di aumentare la sicurezza sui computer che hanno i Gradient Factors è quello di Bhulmann, anche se c’è da dire che introduce tappe di decompressione più profonde per tenere sotto controllo la dimensione delle bolle, ed accorcia le tappe più superficiali come si può notare nel grafico riportato nella figura a destra.

Gradient Factors: dove si trovano

Oggi i computer subacquei ci offrono sempre più funzioni per proteggerci dai pericoli della PDD aumentando il livello di conservatorismo nella gestione delle decompressioni. Mentre i computer che lavorano con l’algoritmo decompressivo VPM elaborano tali livelli prendendo in considerazione il “raggio critico della bolla”, molti dei computer subacquei che si basano su algoritmi Bhulmann applicano il sistema dei “Gradient Factors”.


L’istruttore subacqueo e il suo allievo hanno la necessità di conoscere nel dettaglio come funzionano le due diverse filosofie algoritmiche e i livelli di conservatorismo, perciò in questo articolo, cercherò brevemente di spiegare proprio queste differenze nel modo più semplice possibile.

Cosa sono i Gradient Factors

I GF sono un sistema per aumentare la sicurezza nella pianificazione di un’immersione che permette di modificare l’inclinazione della linea dei valori M. Il sistema è stato inventato da Erik Baker negli anni ‘90 e tuttora è il sistema più avanzato per la gestione della sicurezza con un computer subacqueo.
In pratica i Gradient Factors sono due numeri in percentuali nei quali il primo rappresenta il Low Gradient Factor (LGF - fattore di gradiente basso) e il secondo l’High Gradient Factor (HGF - fattore di gradiente alto).

 

Come funzionano i Gradient Factors

Come possiamo vedere dal primo grafico, spostando il LGF (low gradient factor) verso lo 0% farò in modo da generare una tappa di decompressione prima che i miei tessuti tocchino il valore M, aumentando così la sicurezza.
Il LGF genera quindi delle tappe fonde e gestisce i tessuti veloci che sono i primi che in risalita toccano la linea dei valori M. Ad esempio se con un LGF 80% avrò la prima tappa di decompressione a 12 metri, spostando il valore al 60% la tappa si potrebbe generare già a 15 metri.

L’HGF (high gradient factor) influenza essenzialmente l’ultima tappa di decompressione allungandola man mano che la sposto verso lo 0%. Ad esempio, se con un HGF 80% avrò una tappa a 3 metri di 10 minuti, portando il valore al 60% la tappa mi si potrebbe allungare a 15 minuti. 

Come gestire i Gradient Factors

Dopo aver compreso come funziona il sistema a GF dell’algoritmo Bhulmann (sugli altri modelli decompressivi non è utilizzabile) capiamo anche perchè oggi tale algoritmo viene preferito rispetto agli altri. Il subacqueo può, infatti, variare i valori dei GF in modo da creare un profilo decompressivo che segue la filosofia decompressiva VPM (risalita con tappe più fonde, ma meno tempo nell’ultima tappa), oppure la filosofia “Bhulmaniana” (meno tappe fonde e più tempo nelle tappe superficiali).
La difficoltà si riscontra quando si chiedono alla comunità subacquea consigli su come impostare i GF. Al riguardo ognuno ha le proprie idee che purtroppo sono quasi sempre differenti le une dalle altre e si rischiano veri e propri “linciaggi social” qualsiasi scelta si decida di seguire. Le risposte più sibilline potrebbero essere tipo: “Lo capirai sperimentando su te stesso con l’esperienza”… come se dovessi finire un paio di volte in camera iperbarica prima di capire quali sono le impostazioni adeguate. Ecco quindi una breve spiegazione che può risultare utile per eliminare la nebulosità delle informazioni che si trovano sul web o nei social.

Suggerimenti sui Gradient Factors

Il LGF non sempre aumenta la sicurezza. Generando tappe troppo fonde, infatti, si rallenterà la risalita, ma i tessuti lenti non ancora saturi continueranno ad assorbire gas inerte con un risultato finale di aumentare il pericolo di PDD piuttosto che aumentare la sicurezza.

Nell’immagine qui di fianco sono visualizzati due profili d’immersione a 83 metri per 20 minuti con le stesse miscele ma con i due diversi algoritmi: Bhulmann 40/70 e VPM+4. Sul lato sinistro del grafico sono riportati i tessuti dai veloci (in alto) a quelli lenti (in basso). Si nota che se all’inizio della risalita si nota un minore stress infiammatorio nei tessuti veloci già saturi, quelli lenti invece continuano a saturarsi durante le tappe fonde generate dal modello VPM facendo uscire dall’acqua il subacqueo con un livello di infiammazione maggiore.

Personalmente (e non pretendo di avere ragione!) seguo questa regola: imposto un LGF sul software decompressivo in modo che non generi tappe più fonde del punto in cui prenderò il mio primo gas decompressivo (e quindi della sua MOD). Il computer tecnico nel quale ho inserito le mie miscele, creerà da solo tappe fonde se lo ritiene necessario a seconda della miscela inserita, per evitare una risalita troppo veloce considerando che l’elio esce dai tessuti molto più velocemente rispetto all’azoto.
Il profilo identico per tempi e miscele fatto con i GF impostati su 40/70 rispetto a quello VPM con livello di sicurezza +4 lo mostra con evidenza.
L’HGF invece, non presenta questo problema, perchè allungare il tempo della tappa più superficiale, non fa altro che aumentare il livello di sicurezza. Personalmente uso un valore compreso fra 70 e 80 creando una sorta di tappa di sicurezza di qualche minuto in più rispetto al tempo dell’ultima tappa di decompressione.
Nella subacquea ricreativa alcuni GF utilizzabili sono per esempio 85/80, o 90/85, perchè non si vuole che si generino tappe fonde se si rimane entro i limiti di non decompressione: molti studi ritengono infatti che ciò sarebbe controproducente per il livello di infiammazione dei tessuti e il pericolo di PDD.
Nei profili più tecnici GF 40/70 o 45/80 non dovrebbero generare tappe più fonde della MOD del primo gas decompressivo e lasciano un buon margine di sicurezza nell’ultima tappa.
Con il CCR rebreather il discorso cambia (seppure non di molto: io uso gli stessi GF!) perchè la macchina cambia continuamente miscela durante la risalita.

Essere conservativi allungando l’ultima tappa, deve comunque prendere in considerazione i valori di intossicazione ed esposizione da ossigeno (CNS %), soprattutto se questa tappa viene fatta respirando ossigeno puro, dato che risulterebbe allungata.

Conclusioni

L’impostazione dei GF può cambiare notevolmente il profilo decompressivo, e non sempre migliorandolo. Potrebbe essere pericoloso cambiare i GF senza capirne le conseguenze ed il meccanismo.
Per gli istruttori subacquei è importante capire cosa sono i Gradient Factors per spiegarli agli allievi che acquistano un nuovo computer. Modificando i valori HGF si possono generare tappe di decompressione simulate addestrando in modo più realistico i subacquei in formazione nei primi corsi decompressivi.

 

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