Torna all'indice

di Tecnica & Medicina

 

 

132.  L’assistenza di superficie al subacqueo

di Stefano Ruia

L’assistente di superficie è una figura che con il passare del tempo sta assumendo un ruolo sempre più importante in tutte le attività subacquee. Nel secolo scorso (anche se si tratta solo di qualche decina di anni fa) gli assistenti di superficie dei subacquei erano catalogabili in due grandi categorie: i barcaioli veri e quelli improvvisati. Al primo gruppo appartenevano in genere vecchi pescatori che trovavano comodo incassare qualche lira, valuta allora in uso, e talvolta qualche pesce solo per portare in barca i pescatori subacquei a immergersi su una secca.

Quando il gruppo di amici subacquei raccoglieva il gruzzolo necessario all’acquisto di gommone, motore fuoribordo e carrello faceva a meno del vecchio pescatore e delle sue - tipiche - lamentele, disponendo finalmente di un mezzo proprio. Il difficile diventava a questo punto reperire qualcuno che restasse sull’imbarcazione per sovrintendere alla sicurezza dei subacquei in acqua e, soprattutto, delle cose lasciate a bordo e del mezzo stesso. Ecco quindi che si approfittava di ogni occasione: proporlo a un conoscente casuale che si era detto “interessato” alla subacquea (i migliori, in quanto davano anche una grossa mano a issare a bordo tutti i gruppi senza lamentarsi…), circuire una moglie prospettandole un ottimo “bagno di sole” anche se si sapeva benissimo che avrebbe piovuto e così via. In definitiva l’unica cosa che accomunava i soggetti del secondo gruppo era che in genere non sapevano pressoché nulla di subacquea e spesso non erano nemmeno capaci di mettere in moto il fuoribordo. Aveva senso un’assistenza di superficie come quella? Si, ma solo come “guardiani” del gommone.

Sull’altra sponda della subacquea i sommozzatori professionisti svolgevano immersioni disponendo in superficie di barche, se non navi, appositamente attrezzate. Nelle immersioni più impegnative era il "Dive Supervisor" a indicare, dalla superficie, al sommozzatore quando e a che quota risalire. L’operatore in acqua non sapeva nemmeno a che ora sarebbe riemerso. L’assistenza di superficie era quindi elemento portante e indispensabile di questo tipo di immersioni.

Disporre nella subacquea ricreativa di un’assistenza paragonabile a quella del campo professionale sarebbe molto dispendioso e toglierebbe certamente il fascino di “piena libertà” di cui sono pregne tutte le nostre immersioni. D’altra parte non possiamo certo accontentarci di avere in superficie solo i “cani da guardia” della nostra imbarcazione. Un’assistenza qualificata, preparata ed efficiente è un importante requisito di sicurezza in tutte le immersioni, soprattutto se svolte a scopo didattico.

L’assistente "qualificato". Ma cosa dobbiamo intendere per assistenza “qualificata”? Tutte le agenzie didattiche hanno stabilito precise norme che individuano quando un assistente possa intendersi “qualificato”. Ma la loro è una esigenza specifica, infatti l’utilizzo di uno o più assistenti qualificati durante l’addestramento permette di aumentare il massimo numero di allievi per istruttore. Se non si desidera sfruttare questa opportunità, non c’è alcun bisogno che una persona rispetti i requisiti imposti dalle agenzie didattiche per svolgere il ruolo di assistente “generico”. Premessa quindi questa importante differenza fra assistente “qualificato” e assistente “generico”, approfondiamo le caratteristiche che dovrebbe avere questo ultimo tipo di assistente, ma che sono sicuramente utili anche al primo.

Chi frequenta o ha frequentato un club subacqueo sa che molti soci amano passare il proprio tempo libero dando una mano alla gestione dei corsi e delle attività extracorso. Si tratta, in poche parole, di volontariato subacqueo. Queste volonterose persone possono darci una grande mano nella gestione in sicurezza della fase acquatica di un’immersione, per esempio esplorando un’area e stabilendo un percorso subacqueo interessante che gli allievi dovranno poi seguire o agendo come elementi della gestione della sicurezza (safety diver). Ovviamente requisito minimo per potere operare nella sicurezza è di avere una buona esperienza e di avere frequentato con successo un corso Rescue Diver (nel quale in genere questi “volontari” subacquei eccellono). La responsabilità del gruppo ricadrà sempre e unicamente sulle spalle dell’istruttore o dell’assistente “qualificato”, che devono esser sempre presenti in acqua.

Altro tipo di safety diver è l’apneista, che risulta elemento prezioso per seguire dall’alto le evoluzioni di una coppia di subacquei principianti impegnata in esercizi di navigazione a poca profondità. Un assistente generico può anche non essere un safety diver. Possiamo fare l’esempio di un assistente di superficie, che aiuta i subacquei durante la fase di vestizione. Tuttavia questa persona deve avere una grande cultura di attività subacquee, anche se non è necessario che sia brevettata come subacqueo. Infatti, per potere assistere con efficacia chi si immerge bisogna parlarne correttamente la lingua. Non sapendo come le attrezzature siano configurate, per esempio, si potrebbe disporle involontariamente in modo anomalo, complicando lo svolgimento dell’immersione all’assistito e persino riducendo i margini di sicurezza.

Immersioni dalla barca. Approfondiamo il ruolo dell’assistenza di superficie nelle immersioni dalla barca. Gli assistenti improvvisati di una volta (conoscenti, mogli o fidanzate) a bordo delle imbarcazioni utilizzate per raggiungere il punto d’immersione, raramente sapevano immergersi e talvolta non erano nemmeno in grado di avviare il motore della barca e spostarla. Il che obbligava il subacqueo a risolvere da solo ogni problema. Oggi invece sulle imbarcazioni dei diving center resta sempre almeno una persona in grado di manovrare la barca, in modo da potere soccorrere un subacqueo in difficoltà. Per la verità questo requisito è imposto su tutte le imbarcazioni di appoggio ai subacquei dalle attuali ordinanze delle Capitanerie di Porto. In barca l’assistente può essere molto utile, purché, come visto, sappia in che modo svolgere i compiti assegnatigli.

Ma non basta, perchè spesso è la divisione in gruppi a rendere più difficile la vita all’assistenza in barca. Questo è un grosso problema che spesso ci si trova ad affrontare. Alcuni subacquei hanno un brevetto di livello iniziale e poche immersioni, mentre altri sono più esperti. Se facciamo un unico gruppo dobbiamo limitare l’immersione dei più esperti a quote per loro insoddisfacenti. Per soddisfare le esigenze dei clienti siamo quindi costretti a dividere il gruppo in due. Con chi scende la guida? Con il gruppo dei principianti, che può avere più problemi oppure con il gruppo degli esperti, che, se non controllato, potrebbe facilmente “sconfinare” oltre i limiti imposti? O non scende proprio e resta sulla barca? Il problema sussiste anche perché in genere le barche non sono dotate di un sistema di richiamo. In alcuni paesi è comune invece l’uso di sirene subacquee, che dalla barca emettono in acqua un segnale di “emergenza”. Udendo tale segnale tutti i subacquei risalgono immediatamente in superficie e guardano verso la barca per ricevere istruzioni. Se l’imbarcazione appoggio non dispone di una sirena subacquea, in caso di problema per un gruppo in immersione può non essere possibile intervenire immediatamente (magari per portare a terra un infortunato) se non abbandonando in acqua l’altro gruppo. Per questo motivo bisognerebbe sempre disporre di una imbarcazione (tender o gommone, oltre alla barca stessa) per ogni gruppo che si trovi o che si formi (per separazione dal principale) in acqua. In questo modo alla loro riemersione ogni gruppo troverà una imbarcazione appoggio sempre disponibile.

Un assistente generico, con una preparazione adeguata, può anche coordinare un’eventuale gestione delle emergenze, seguendo i piani di gestione dell’emergenza prestabiliti. Lo stesso assistente può anche calare dalla barca una barra di decompressione o delle cime zavorrate, utili per effettuare la sosta di sicurezza. Queste diventano ancora più utili se i piombi sono asportabili (pesi con moschettone), per permettere a un subacqueo sottozavorrato di riequilibrare la sua galleggiabilità. E ovviamente l’assistente non dovrebbe mancare di calare a cinque metri di profondità la bombola di emergenza, con almeno due (meglio tre) secondi stadi. La rubinetteria della bombola deve essere chiusa, per evitare inutili perdite di gas. Poiché si tratta di una bombola da usare in emergenza, cioè da parte di un subacqueo affaticato o ansioso, sarebbe preferibile che fosse ricaricata con nitrox invece che con aria. L’importante è che sia ben distinguibile dalle bombole con miscele diverse (già i tre secondi stadi sono un ottimo mezzo di distinzione).

Un buon barcaiolo (o il “capitano”) predisporrà anche un sistema di ormeggio a “sgancio rapido”, per esempio con un parabordo sulla cima dell’ancora, per potere disormeggiare rapidamente nel caso debba recuperare un sub emerso lontano dal gruppo. Grazie a questo sistema il barcaiolo può filare in acqua completamente la cima dell’ancora ed essere immediatamente libero di spostare la barca. Poi con comodo potrà riprendere l’ormeggio, grazie al galleggiante. Nel contempo i subacquei in risalita sulla cima avranno la stessa mantenuta in tensione dal galleggiante di superficie e non correranno il rischio di vedere l’ormeggio scendere verso il fondo, costringendoli a risalire nel blu, sotto l’azione della corrente.

Le capacità del barcaiolo diventano essenziali quando si svolgono immersioni alla deriva (drift dive), cioè spinti dalla corrente, tipiche dei mari tropicali. Poiché sono poco faticose, queste immersioni sono le preferite dalla maggior parte dei subacquei. Molte volte ho sentito le guide decantare nel briefing l’abilità del capitano della loro barca a seguire le bolle dei subacquei in immersione. Il che non mi ha per nulla rassicurato. Tante volte, infatti, ho visto i subacquei disperdersi dal gruppo, oppure riemergere tutti assieme per vedere la barca lontana centinaia di metri. Mi hanno molto più rassicurato i bravi sudafricani di Rocktail Bay che per questo tipo di immersioni obbligano la guida a trascinare un pedagno ben visibile in superficie … altro che bolle!

Assistente per subacquei tecnici. Una situazione analoga a quella degli albori della subacquea e dei loro assistenti improvvisati la viviamo oggi con l’attività “tecnica”. Molti barcaioli e molti diving hanno aperto le porte ai subacquei tecnici, che presentano per loro diversi vantaggi: si immergono tutto l’anno, non chiedono la guida e, in molti casi, svolgono una sola immersione ma pagano un “full day” per via della lunga preparazione. Insomma sono buoni clienti. Per questo il personale del diving cerca di rendersi utile in tutti i modi possibili. E nessuno sembra più bisognoso di aiuto di un subacqueo tecnico che dopo avere indossato stagna, bibombola e numerosi strumenti e accessori cerca di agganciare ingombranti bombole da decompressione.
Tuttavia l’aiuto molte volte ha effetto negativo. Il subacqueo tecnico viene spesso chiamato a rispondere a una lunga serie di domande del tipo «Perché questa cosa la metti così?» o simili, mentre non avrebbe voglia che di sbrigarsi e di entrare in acqua, riducendo istantaneamente il grosso peso che trasporta a terra. Oppure qualche volenteroso inizia ad aiutare e sposta erogatori, cambia il verso del boccaglio o apre (o chiude) l’isolatore del collettore. Insomma esegue alcune operazioni che costringono il subacqueo tecnico a ripetere tutta una serie di controlli e di aggiustamenti, fra molti improperi. Tanto è che se l’assistenza in barca non è preparata alla subacquea tecnica (o al proprio modo di praticarla) si preferisce alternarsi nelle immersioni e lasciare sempre a bordo almeno un subacqueo del team!
Quando la “qualifica” conta. Nelle immersioni didattiche da riva un assistente qualificato è molto più utile di uno generico. Infatti l’assistente qualificato può accompagnare, in superficie e nelle escursioni, le coppie di allievi, sotto la supervisione indiretta dell’istruttore. Questo significa che deve essere presente l’osservazione generale delle attività d'immersione degli allievi da parte di un istruttore, che deve essere sempre presente sui luoghi di addestramento e di immersione; inoltre deve essere pronto a dirigere o partecipare a una eventuale immediata assistenza o soccorso in acqua agli allievi. Un istruttore, poi, non può consapevolmente permettere che un allievo abbandoni la zona di acqua in cui avviene l'addestramento senza la supervisione o l'accompagnamento fino a terra o alla barca di un altro istruttore o di un assistente qualificato. Permetterlo significa correre grossi rischi: in caso di incidente o di “scomparsa” del subacqueo l’istruttore può essere ritenuto responsabile legalmente per il principio della “culpa in vigilando”.
Cosa dice la legge. Le capacità dell’assistente in barca secondo la legge italiana. L’art. 130 del D.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639 introduce degli obblighi (segnalazione, barca appoggio, bombola a bordo) per i pescatori in apnea, poi modificati con il D.P.R. 18 marzo 1983, n. 219, ma sempre relativamente alla pesca subacquea. La direttiva n. 82/010390 del 16 febbraio 2000, trasmessa dal Comando Generale delle Capitanerie di Porto a tutti gli uffici periferici fornisce alcune precisazioni. Per esempio: il subacqueo sportivo deve essere assimilato al pescatore in apnea per quanto attiene le leggi citate; quando è presente una barca appoggio la bandiera deve essere issata sull’imbarcazione e non su un pallone segnasub; sul mezzo deve essere sempre presente “almeno una persona pronta a intervenire”. La successiva direttiva n. 82/033465 del 26 maggio 2003 del Comando Generale delle Capitanerie di Porto ha fatto ulteriori chiarimenti in merito, ma senza indicare esplicitamente cosa si intenda per “persona pronta a intervenire”. Un’interpretazione diffusa è quella che la persona sia pronta a intervenire non in senso subacqueo ma in senso nautico e quindi deve essere in grado di mettere in moto, disancorare e, se necessario, recuperare i subacquei in corrente. Ma anche questa è solo un’interpretazione della direttiva...

La normativa più recente
di M. Polacchini

In data 29 luglio 2008 il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha emanato il decreto ministeriale n. 146/08, quale Regolamento di attuazione dell'art. 65 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, recante il "Codice della nautica da diporto", che disciplina anche l’attività subacquea. Tale D.M. nel sistema delle fonti del diritto prevale, in caso di contrasto, esclusivamente su atti di rango inferiore quali le ordinanze delle Capitanerie di Porto, le ordinanze comunali o degli Enti parchi, ed essendo la legislazione statale quasi inesistente, opera in via subordinata alla legislazione regionale e la integra ove questa non disponga direttamente. In termini applicativi quindi non opera in tutto il territorio nazionale laddove eventuali leggi regionali dispongano altrimenti.

L’unica norma statale che in qualche modo regola l’attività subacquea è quindi l’art. 130 del D.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, espressamente richiamato dall’art. 91 del D.M. 29 luglio 2008, per quanto concerne l’obbligo di segnalazione del subacqueo in immersione.

Il D.M. del 2008 attiene all’attività subacquea limitatamente alle "Norme di sicurezza per unità da diporto impiegate come unità appoggio per immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo", regola quindi solo indirettamente l’attività subacquea, agli articoli 90 e 91, tra una serie di norme che riguardano principalmente l’attività da diporto.

 
L’art. 90 (Mezzi di salvataggio e dotazioni di sicurezza), stabilisce, oltre che la presenza di una persona abilitata al primo soccorso subacqueo, le ulteriori dotazioni di sicurezza obbligatorie per le unità da diporto impiegate come unità appoggio nel corso di immersioni subacquee a carattere ricreativo o sportivo, che sono:

  • una bombola di riserva da almeno 10 litri ogni 5 subacquei imbarcati, contenente gas respirabile e dotata di due erogatori e, in caso di immersione notturna, di una luce subacquea stroboscopica;

  • in caso di immersioni che prevedono soste di decompressione obbligate, in sostituzione della bombola di riserva di cui alla lettera a) è richiesta una stazione di decompressione. La stazione è dotata di un sistema di erogazione di gas respirabile in grado di garantire l'esecuzione delle ultime due tappe di decompressione ad ogni subacqueo impegnato in tale tipo di immersione;

  • un'unita per la somministrazione di ossigeno con caratteristiche conformi alla norma EN 14467;

  • una cassetta di pronto soccorso conforme alla tabella A allegata al decreto del Ministero della sanità 25 maggio 1988, n. 279, e una maschera di insufflazione, indipendentemente dalla navigazione effettivamente svolta;

  • un apparato ricetrasmittente ad onde metriche (VHF), anche portatile, indipendentemente dalla navigazione effettivamente svolta.

Il decreto ministeriale n. 146/08 non pone obblighi specifici in capo all’istruttore, ma è facile che possano derivarne. Affidarsi alla diligenza che mette in campo la struttura, ovviamente ugualmente responsabile, non fa venir meno l’obbligo di diligenza a cui l’istruttore, che si accinge a fare da guida ovvero che deve svolgere lezioni didattiche in acque libere, è tenuto.
Non potrà esimersi dal verificare personalmente la sussistenza e l’efficienza delle dotazioni di supporto per l’immersione e non potrà che essere considerato negligente qualora fosse stato possibile per lui prevenire l’assenza delle dotazioni a bordo.
Eventuali negligenze che portano al verificarsi di un incidente ovvero all’impossibilità di gestirlo, vanno oltre l’ambito applicativo del decreto e toccherebbero indubbiamente la sfera delle responsabilità previste in sede penale e in sede civile per responsabilità contrattuale, con conseguente obbligo di risarcire i danni. La condotta dell’istruttore non potrà quindi limitarsi, sotto questi aspetti, all’inerzia e alla passività.
 

L’ art. 91 (Segnalazione), prevede invece una serie di obblighi di segnalazione:

  • richiama l’obbligo per il subacqueo in immersione di segnalarsi col galleggiante previsto dall’art. 130 del D.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639; quindi non un semplice pallone ma un galleggiante, che può essere di varia natura purché munito di “una bandiera rossa con striscia diagonale bianca” che sia visibile da almeno 300 metri. Se sul punto vi è imbarcazione di appoggio, la bandiera deve essere issata sull’imbarcazione stessa;

  • precisa che il segnale per le immersioni notturne è costituito da una luce lampeggiante gialla (stroboscopica), visibile a giro di orizzonte, ad una distanza non inferiore a 300 metri;

  • stabilisce che il subacqueo non deve allontanarsi dal raggio di 50 metri dalla verticale del segnale, sia esso diurno o notturno, e le imbarcazioni in transito devono mantenersi ad una distanza non inferiore ai 100 metri dai segnali di posizionamento del subacqueo;

  • chiarisce che nel caso di un gruppo di subacquei in immersione, è sufficiente un solo segnale per tutto il gruppo;

  • introduce però l'obbligo, per ogni subacqueo, di portare con se in immersione il cosiddetto pedagno, o pallone di superficie gonfiabile, di colore visibile e con una sagola di almeno 5 metri, che in caso di separazione accidentale dal gruppo, deve essere lanciato in superficie prima di riemergere.

Il destinatario delle prescrizioni contenute nell’art. 91 è il subacqueo in immersione in genere, che deve attenersi ad esse al fine di segnalare la propria posizione. La norma non distingue tra immersioni dalla barca o da terra, così come pure non distingue tra immersione in apnea o con autorespiratore. Ogni subacqueo in immersione ha l’obbligo di avere con se il pedagno. Non sono previste deroghe, per cui deve essere portato anche nelle immersioni didattiche a qualsiasi livello. La norma è molto chiara e anche se non espressamente indicato è evidente che è prudente riemergere lungo la cima della boa di segnalazione o del pedagno, indipendentemente dal raggio dei 50 metri previsti.
L’istruttore nel corso delle attività didattiche ha l’obbligo di verificare che tutti gli allievi siano dotati del pedagno al pari di tutte le altre dotazioni obbligatorie.
La trasgressione di queste disposizioni di legge comporta una sanzione amministrativa, e costituisce una presunzione di colpa in caso di incidente che può inficiare la copertura assicurativa.

Torna all'inizio della pagina