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di Tecnica & Medicina

 

 

116.  Ancora sull'IPEROSSIA. La tossicità dell'Ossigeno.

 

L’ossigeno, elemento principale della nostra vita, è presente nell’aria che respiriamo in condizione normobarica (cioè con PpO2 di 0,21 bar), ma ci espone in condizioni di ipo ed iperbarismo a numerose e complesse problematiche dovute alla sua tolleranza nell’organismo.

 

Nell’attività subacquea è normalmente ammissibile una PpO2 compresa tra 1.4 – 1.6 bar. Con valori minori di 0.16 bar di pressione parziale dell’ossigeno siamo in ipossia; mentre valori maggiori di 1.5 bar di pressione parziale possono determinare fenomeni di tossicità dell’ossigeno.

 

All’ossigeno sono legate due manifestazioni cliniche rappresentate dall’effetto Paul Bert (cioè tossicità dell’ossigeno a livello del sistema nervoso centrale) e dall’effetto Lorraine Smith (cioè tossicità dell’ossigeno a livello polmonare o anche “tossicità cronica”).

 

Approfondiamo meglio la sindrome di Paul Bert, in quanto manifestazione patologica legata all’attività subacquea, mentre accenneremo all’effetto Lorraine –Smith, non tanto per quanto riguarda l’emergenza subacquea, quanto per la sua utilità per comprendere i meccanismi di azione dell’iperossia.

 

A)   La sindrome da tossicità cerebrale (CNST: Central Nervous System Toxicity) fu descritta per la prima volta da Paul Bert nel 1878, ed è conosciuta anche con l’abbreviazione di CNS.

 

La tossicità dell’ossigeno, normo ed iperbarico, a livello del sistema nervoso centrale (SNC) è causata da un aumento di produzione di radicali liberi (R.L.) dell’ossigeno e dalla perossidazione lipidica delle membrane.

 

Il grado di alterazioni biochimiche, e di conseguenza il quadro sintomatologico, dipende da 3 fattori:

·         la pressione parziale dell’ossigeno (PpO2);

·         la durata dell’esposizione;

·         la suscettibilità individuale.

 

Il tessuto nervoso è suscettibile agli effetti della pressione di O2 che si manifestano con alterazioni a livello dell’encefalo e della funzione nervosa.

Il cervello, infatti, nel caso di alte PpO2riduce il suo flusso ematico di circa il 20% al fine di evitare una over-dose di O2, mentre il consumo metabolico rimane invariato in quanto alla vasocostrizione si contrappone l’aumento della PpO2.

In casi di esposizione prolungata ad O2 iperbarico vi è un aumento della CO2 che porta ad una diluizione del pH con spostamento a destra della curva di dissociazione dell’emoglobina (HB) ed ulteriore apporto di ossigeno ai tessuti con conseguente vasodilatazione ed aumento di flusso ematico.

Le alterazioni biochimiche si manifestano con una sintomatologia a carattere convulsivo epilettiforme. Tale crisi epilettica è preceduta alcune volte da vari segni come la riduzione del campo visivo (visione a tunnel), o la fascicolazione dei muscoli mimici del volto (formicolio attorno agli occhi e alla bocca) che sono sintomi rappresentativi dello stato irritativo della corteccia cerebrale; inoltre possono essere associate anche vertigini, sensazione di spossatezza e difficoltà respiratoria.

La regola mnemonica per l’identificazione di questi sintomi è l’acronimo VENTID che deriva dai seguenti termini inglesi:

Visual = Disturbi della visione

Ear = Sensazione di percezione uditiva

Nausea = Nausea

Twitching = Tremori a carico dei muscoli facciali e/o delle estremità

Irritabilità = Irritabilità e mutamenti della personalità

Dizzines = Vertigini

 

Tali segni premonitori possono regredire se contemporaneamente si attua la procedura di diminuire la PpO2.

Le crisi si manifestano generalmente con contrazioni tonico cloniche della durata di alcuni minuti fino alla perdita di coscienza e successiva apnea.

 

I fattori predisponenti l’effetto Paul Bert e la conseguente crisi epilettica sono rappresentati da:

·         Aumento della CO2 con relativa vasodilatazione cerebrale

·         Diminuzione della temperatura corporea

·         Aumento del lavoro muscolare

·         Stato ansioso

·         Situazione ambientale

 

Il periodo di latenza per la comparsa dell’effetto Paul Bert è tanto più breve quanto maggiore è la Pp O2 sopra 1.8 Bar, pertanto una pressione parziale di 1.6 bar si consideracome il limite massimo per l’utilizzazione dell’ossigeno.

La procedura per la valutazione della CNS è stata diffusa dalla NOAA (National Oceanic Atmospheric Administration) e, di fatto, è lo standard di riferimento nelle immersioni tecniche.

 

Gestione dell’incidente

La gestione dell’incidente subacqueo avviene secondo questa procedura:

 

1. Valutazione

·         Valutazione del paziente secondo le linee guida ABCDE (Airway, Breathing, Circulation, Distress, Exposure),

·         Rilevamento GCS, (Glascow Coma Scale), ed RTS (Revised Trauma Score)

·         Ventilazione assistita (non somministrare ossigeno)

·         Mantenimento dell’accesso vascolare

·         Monitorizzazione dei parametri vitali

·         Indicazione farmacologia: somministrazione di benzodiazepine e/o barbiturici

 

2. Attivazione della catena di sicurezza

Secondo lo scenario operativo devono essere attivate le varie autorità proposte:

Via mare Guardia Costiera: sintonizzandosi sul canale VHF 16, oppure telefonando al 1530

Via mare Pronto Soccorso Via terra: telefonando al 118

Assicurazione (DAN)

 

3. Allertamento

 

Si allerta telefonicamente il presidio sanitario, precedentemente identificato, con annesso centro iperbarico e gli si indicano:

·         i dati sulle condizioni del paziente

·         la dinamica dell’incidente

·         il mezzo di trasporto utilizzato

 

B)  La sindrome da tossicità polmonare fu descritta per la prima volta nel 1899 da Lorraine-Smith che studiò la tossicità polmonare nell’uomo facendogli inalare ossigeno in condizioni normobariche. Le stesse sperimentazioni furono successivamente ripetute sui ratti, sottoponendoli ad esposizioni continue di ossigeno a pressioni parziali di 0,47-3.6 ATA in assenza di manifestazioni neurologiche.

Lorraine-Smith notò l’instaurarsi di una dispnea ingravescente che determinava la morte dell’animale dopo esposizioni di quattro giorni a pressioni parziali di ossigeno di 0.74-0.8 ATA oppure dopo esposizioni di 5-10 ore a pressioni parziali di 2.7-3.6 ATA o di ossigeno a pressione maggiore di 0,5 ATA.

 

Esiste una formula matematica che mette in relazione i tempi di esposizione in funzione della PpO2, con la profondità il cui valore viene definito unità tossico polmonare nota come UPTD (Unit Pulmunary Toxicity Dose) o OTU (Oxygen Tolerance Unit): PpO2 x PA x t

dove PpO2 = pressione parziale dell’O2

PA = pressione assoluta

t = tempo di esposizione in minuti

 

Lambersten e Clark nel 1967 misero in correlazione il valore degli UPTD, la diminuzione della capacità vitale, l’aspetto funzionale e anatomo-patologico.

 

Clinicamente vengono distinte tre fasi:

 

. I fase asintomatica con riduzione della capacità vitale del 2%, valore di UPTD di 615 reversibile

. II fase caratterizzata da alterazioni delle prime vie respiratorie che si manifesta con una sintomatologia di tracheo-bronchite con bruciori retro sternali, tosse secca e stizzosa e difficoltà ad effettuare inspirazioni profonde che compare dopo 10 ore di esposizione continuativa ad ossigeno ad 1 ATA e, riduzione della capacità vitale del 10%, valori di UPTD di 1425, reversibile ed ancora qualora la capacità vitale si riduca fino al 40% .

. III fase caratterizzata da insufficienza respiratoria acuta, edema polmonare, diminuzione dei volumi polmonari e grave danno polmonare (ARDS), che può evolvere se ulteriormente esposto a ossigeno a fibrosi interstiziale polmonare con diffuse aree emorragiche ed atelectasiche maggiori o uguali a 1425 OTU. La terapia in questo caso non è di emergenza subacquea, ma di interesse clinico dovuto all’esposizione del soggetto e/o paziente all’ambiente iperbarico a secco.

 

Tossicità polmonare e OTU
La tossicità polmonare (pulmonary toxicity) si manifesta principalmente con tosse e difficoltà respiratoria, come se si trattasse di una polmonite, ed è dovuta ad una troppo prolungata esposizione ad elevate pressioni parziali di ossigeno (ad esempio, la respirazione continuativa, per numerosi giorni, di ossigeno alla PpO2 maggiore di 0,7 bar).
I sintomi sono graduali ed appaiono normalmente dopo l’immersione (contrariamente al CNS), la guarigione, inoltre, non presenta problemi anche se l’esposizione è stata estremamente protratta.
Generalmente nella subacquea ricreativa non si verificano le condizioni per le quali si manifesta la tossicità polmonare.
Un’esposizione a pressioni parziali di ossigeno superiori a 0,5 bar per un tempo eccessivo è dannosa al sistema respiratorio.

Come si diceva sopra, sono state introdotte varie unità di misura della tossicità polmonare dell’ossigeno e fra queste è importante l’
unità tossico polmonare (Unit Pulmunary Toxicity Dose) o OTU (Oxygen Tolerance Unit).

 

Il calcolo dell’OTU è basato su dati empirici, dai quali è stata tratta la formula:

OTU = 0,83 x t (PO2- 0,5) / 0,5
dove:

- t è il tempo di esposizione in minuti
- PO2 è la pressione parziale dell’Ossigeno respirato in bar
- 0,5 è il valore sotto il quale non è stata osservata alcuna tossicità da Ossigeno

- 0,83 è un esponente che adatta i risultati della formula a quelli delle osservazioni sperimentali

 

In linea di massima si può dire che 1 OTU equivale all’esposizione di un minuto ad 1 bar di O2.

 

Dalle sperimentazioni effettuate scaturisce, come linea guida la seguente tabella:

Giorni

OTU/giorno

Totale OTU

1

850

850

2

700

1400

3

700

1860

4

620

1860

5

525

2100

6

460

2300

7

420

2520

8

380

2660

 

La massima quantità di OTU consentita per un’immersione è 850 (praticamente più di 14 ore trascorse respirando ossigeno alla pressione parziale di 1bar), ma in caso di immersioni ripetitive è necessario rimanere all’interno dei valori per queste indicati: ciò non comporta, comunque, alcun problema per la subacquea ricreativa.

Per un’attività subacquea continuativa (lavoro subacqueo) è consigliato non superare il limite di 300 OTU al giorno, equivalenti in sostanza a 5 ore di esposizione ad una PpO2 di 1 bar.

 

Bibliografia:

Alessio Fileccia, Speleologia Subacquea, Ed. Vallardi & C. 1996

Corrado Bonuccelli, L’immersione in miscela, Ed. La Mandragora 2000

Clark, J.M. 1982, Oxygen Toxicity. In The physiology and medicine of diving, edited by P.B. Bennet and D.H. Elliot. London Bailliere Tindall

U.S. Navy Diving Manual, 1988

Balentine, J.D. Pathology of Oxygen Toxicity. New York: Academic Press. 19

 

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