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di Tecnica & Medicina

 

Tecnica & Medicina Subacquea

 

107.  TECH DIVING - Storia, informazioni, attrezzatura e addestramento per la subacquea tecnica

 

Testo riveduto e corretto da Marcello Polacchini, da un articolo di Massimiliano Canossa max@nauticamare.it

tratto da: http://www.nauticamare.it/articoli-sub/tec-diving.html 


 

Premessa

 

L'immersione subacquea tecnica, comunemente chiamata "tech diving", è un particolare tipo di immersione sportiva che va oltre i limiti della normale immersione ricreativa. Si è soliti considerare "immersioni tecniche" tutte le immersioni che superano i 40 metri di profondità, che utilizzano miscele diverse dall'aria, che obbligano a tappe di decompressione o che vengono svolte in ambienti ostruiti come grotte o relitti.

Ma come e quando nasce l'immersione tecnica? E quale attrezzatura e addestramento particolari sono necessari? Vediamolo.

 

Le origini

 

L’immersione tecnica o "tech diving" nasce nei primi anni ‘70 tra i subacquei tecnici e i cave divers della Florida, per permettere l’esplorazione dei vasti sistemi di grotte presenti nella zona di Wakulla Springs. In quel periodo cominciarono a essere utilizzati i primi bibombola montati su jacket a gonfiaggio posteriore (i cd. "tutto dietro"), i primi reel e mulinelli da penetrazione ed i primi  illuminatori subacquei da 30W. E’ proprio allora che nascono molti dei prototipi dell’attrezzatura tecnica che viene utilizzata oggi. Subacquei come Sheck Exley, Bob Friedman e Bob Goodman, inventarono i moderni sistemi di mappatura delle grotte, accoppiarono le bombole e inventarono anche la cd. "maniglia Goodman" che permette al subacqueo di reggere la torcia d’illuminazione avendo le mani libere. Lo stesso Sheck Exley assieme a Court Smith iniziò in quegli anni ad immergersi con le bombole da fianco per estendere la durata delle sue penetrazioni in grotta e fu nel 1979 che Tom Mount coniò il termine "stage diving". Alla fine degli anni ‘70 Lamar English ed altri speleo subacquei iniziarono ad immergersi con il sistema "Hogarthiano" che prende il nome da Bill Hogarth Main, famoso cave diver e tech diver statunitense, che fu tra i primi ad utilizzare una particolare attrezzatura per immersioni tecniche in grotta particolarmente minimalista, idrodinamica, "pulita" e aderente al corpo. In questo ristretto gruppo di subacquei si iniziò a ridurre al minimo l’attrezzatura, facendo particolare attenzione alle dimensioni e al posizionamento dell’attrezzatura sul corpo. I subacquei tecnici iniziarono a respirare da un erogatore principale collegato a una frusta lunga, che poteva essere utilizzato per fornire più facilmente aria ad un compagno in difficoltà. L’erogatore di backup con frusta corta veniva invece vincolato al collo con un elastico per essere facilmente raggiungibile in caso di necessità. I grossi pacchi batteria al piombo furono posizionati sul fianco destro del subacqueo, dove veniva fatta passare la frusta lunga dell’erogatore principale per mantenerla aderente al corpo. Questo serviva anche per bilanciare le bombole da fianco in acciaio posizionate tutte sul fianco sinistro. Utilizzando il sistema Hogarthiano le immersioni erano più sicure, e veniva dato molto risalto al sistema di squadra ed alla standardizzazione dell’attrezzatura tecnica. Respirando dalla frusta lunga collegata al rubinetto di destra del bibombola i subacquei tecnici americani si accorsero che venivano risolti molti problemi in caso di necessità di condivisione d’aria. Infatti, in caso di emergenza veniva donato al subacqueo in difficoltà un erogatore funzionante, aperto e con la miscela corretta. Inoltre, in caso di subacqueo in panico o di zero visibilità o di esaurimento d’aria, il subacqueo in emergenza potrebbe strappare dalla bocca del donatore l’erogatore, ma avendo la frusta lunga il subacqueo che dona è preparato a questa evenienza e non deve fare altro che utilizzare l’erogatore di backup posizionato sotto il suo collo.

Proprio nel 1979 uno studente dell’università della Florida, durante un corso con Sheck Exley sviluppò il primo backplate (schienalino in metallo). Questo nuovo sistema si diffuse rapidamente e grazie a Bill Hogart Main ed alla sua instancabile ricerca di nuove procedure e sistemi per il tech diving in grotta, rese popolare la moderna piastra posteriore di metallo con imbracatura unica chiamata "Hogarthian Rig", da noi conosciuta come "imbracatura DIR" fatta da una fettuccia continua.

 

 

Un po’ di storia

 

Nel 1983 la sezione Cave Diving della National Speleological Society divenne indipendente ed iniziarono i primi corsi ufficiali di immersioni in grotta.

Nel 1984 nacque la Dive Rite, che fu la prima azienda a commercializzare il sistema wing-backplate (sacco ad ali con schienalino rigido).

Nel 1985 nacque la IAND (International Association Nitrox Divers), fondata da Dick Rutwoski, che iniziò ad addestrare subacquei all’utilizzo di miscele nitrox. Proprio in questo periodo nacque la moderna subacquea tecnica o tech diving, che con continue evoluzioni e migliorie arriverà fino ai nostri giorni.

Nel 1987 proseguì il progetto Wakulla Springs, e Bill Stone con un team di cave diver completò con successo oltre 93 metri di penetrazione nel sistema di grotte sommerse della Florida usando miscela heliox e le tabelle decompressive del dottor Hamilton. In quell’occasione fu testato il primo rebreather ridondante il Cis-Lunar Mk-1.

Nel 1991 Tom Mount divenne presidente della IAND e fu il primo istruttore a insegnare corsi tecnici e di immersioni in grotta.

Nel 1992 il nome della didattica americana cambiò in IANTD (International Association of Nitrox and Technical Divers) e assieme all’ANDI, nata nel 1987, queste furono le prime agenzie didattiche a promuovere l’utilizzo delle miscele ternarie e delle immersioni tecniche. Sempre nel 1992 Kevin Gurr, Richard Bull e Rob Palmer formarono l’EATD (European Association of Technical Divers ed offrirono i primi corsi nitrox e tecnici, poi nel 1993 l’EATD diventò IANTD UK.

Nel 1992 alcuni tech divers, tra cui Bernie Chowdhury, organizzarono la prima spedizione sul relitto del transatlantico italiano Andrea Doria affondato al largo dell’isola di Nantucket alla profondità di 77 metri.

Nel 1994 nacque la TDI (Technical Diving International) fondata da Bret Gilliam. Nel frattempo il numero di tech diver che si immergevano nelle grotte e nei relitti era in continuo aumento e nacquero numerose nuove agenzie didattiche ed aziende di attrezzatura subacquea tecnica come Oms, Golem Gear, Halcyon, Salvo, Hollis, eccetera. Team di subacquei come il WKPP (Woodville Karst Plain Project) di Bill Gavin e Bill Main e molti altri compirno immersioni di molte ore a elevate profondità in grotta ed esplorarono estesi sistemi carsici nelle grotte della Florida.

In questi ultimi anni il tech diving si è diffuso in tutto il mondo e grazie ad una rapida e sicura evoluzione permette oggi a molti tech diver di estendere i propri limiti in completa sicurezza, a patto di aver seguito degli adeguati corsi di addestramento.

L’attrezzatura del tech diver

 

Il tech diver necessita di un’attrezzatura subacquea diversa da quella normalmente utilizzata dal subacqueo ricreativo: il classico monobombola da 15 litri con singolo erogatore ed octopus non è assolutamente adatto a garantire un’adeguata sicurezza ed una scorta di gas sufficiente per fare immersioni profonde con decompressione. Il subacqueo che vuole entrare nel mondo del tech diving deve necessariamente iniziare un nuovo percorso di addestramento, fatto di sacrificio e di lunga esperienza.

L’attrezzatura ricreativa deve essere sostituita da un bibombola con separatore (manifold) per poter prontamente separare le due bottiglie. Il sub deve utilizzare due erogatori indipendenti con attacco DIN e l’erogatore principale deve avere frusta lunga 180/210 cm. Il tutto deve essere montato su un sistema di galleggiamento formato da un sacco di capacità adeguata (18/25 litri di spinta), a seconda del tipo di bibombola utilizzato. Il sacco (wing) viene accoppiato ad uno schienalino rigido (backplate) costruito in acciaio inox o alluminio, a seconda delle necessità del tech diver. La muta  umida in neoprene non è più sufficiente, in quanto le lunghe permanenze sul fondo legate all’utilizzo di miscele contenenti elio, fanno disperdere rapidamente il calore del subacqueo. La muta stagna diventa necessaria e questa permette anche una riserva di galleggiamento nel caso in cui il sistema gav/sacco/piastra non dovesse funzionare correttamente. Le più usate sono le mute stagne in trilaminato o in neoprene precompresso, dotate di due tasche sulle gambe, in modo tale da poter inserire i numerosi accessori che occorrono al tech diver, come maschera di emergenza, lavagnetta (wetnotes), spool, moschettoni a doppia luce, eccetera. Infine, vanno a completare l’attrezzatura del tech diver numerosi altri accessori come computer subacquei multimiscela, pinne di gomma di tipo rigido, mulinelli (reel), palloni da decompressione, e molti altri componenti.

Il subacqueo tecnico può decidere di proseguire il suo percorso didattico imparando a utilizzare sistemi di respirazione a ricircolo di gas, comunemente chiamati rebreather, che possono essere di svariati tip: a circuito semichiuso, chiuso meccanico, chiuso elettronico, semichiuso passivo e altre piccole varianti.

Altra attrezzatura aggiuntiva deve essere utilizzata per immersioni in ambiente ostruito come relitti e grotte. Il subacqueo di grotta, chiamato "cave diver", utilizza speciali mulinelli chiamati reel o spool, indicatori di direzione (arrow) da applicare sulla sagola guida, tre lampade, di cui la principale, che può essere a scarica di gas (HID) oppure a LED, è dotata di pacco batteria separato (canister). Le altre due lampade sono quelle di emergenza dette "backup lights", che vengono posizionate sotto le ascelle del sub vincolate all’imbracatura o nelle tasche della muta stagna. Spesso il subacqueo tecnico utilizza scooter subacquei (DPV), che gli permettono lunghe percorrenze, consumi di gas limitati e facilitano la movimentazione della numerosa e pesante attrezzatura subacquea necessaria per esplorare le grotte.

 

L’addestramento del tech diver

 

Se l’'attrezzatura copre un ruolo fondamentale per il subacqueo tecnico, il corretto addestramento è la cosa più importante che un subacqueo deve apprendere per effettuare tech diving in sicurezza. Oggi esistono numerosi corsi che possono insegnare al subacqueo ricreativo le basi per immergersi in maniera migliore e più sicura, nonostante si superino i limiti delle normali immersioni ricreative.

Il mercato offre numerosi corsi preparatori al tech diving, che a seconda delle agenzie didattiche che li propongono prendono il nome di Fundamental, Essential, Correctly, eccetera. Questi corsi introduttivi sono adatti sia a principianti che ad istruttori,  e addestrano il subacqueo ad immergersi mantenendo un assetto ed una postura migliore (trim), rimanendo sempre sollevati dal fondale. Il subacqueo in questi corsi impara a pinneggiare in maniera corretta e a scegliere il tipo di pinneggiata più adatta alla situazione o all’ambiente in cui si trova. Impara inoltre ad utilizzare la frusta lunga come sistema principale di erogazione e a donarla al subacqueo senza aria. Un’ampia enfasi viene data al sistema di squadra, alla comunicazione ed alle procedure di emergenza come la chiusura dei rubinetti in seguito ad un malfunzionamento di un erogatore (valve drill), o al lancio del pallone per segnalare una risalita anomala lontano dalla barca. Una volta terminato questo corso introduttivo il subacqueo sarà pronto per accedere ai corsi tecnici.

Oltre al corso Nitrox che addestra all’utilizzo di miscele con aria arricchita di ossigeno (che permette al sub di aumentare i tempi d’immersione), molte agenzie didattiche promuovono corsi con decompressione e corsi tecnici Trimix. Quest’ultima miscela è particolarmente adatta ai quei subacquei che si vogliono immergere oltre i 40/50 metri di profondità, mantenendo una certa lucidità e utilizzando miscele decompressive (nitrox ed ossigeno puro), in modo tale da accelerare la decompressione in sicurezza. Per la loro sicurezza è indispensabile che i trimix divers analizzino sempre le miscele respirate, impiegando degli speciali strumenti chiamati analizzatori O2/He.

Un’altra specialità del tech diving sono le immersioni in ambienti ostruiti: probabilmente le più pericolose immersioni possibili, che necessitano di un addestramento particolarmente approfondito, di lunga esperienza e di attrezzature idonee.

I corsi per le immersioni in ambienti ostruiti fondamentalmente si suddividono in tre livelli.

Il corso Cavern, che addestra il subacqueo a fare immersioni in caverna, cioè in ambienti dove la luce è sempre visibile. In questo modo il subacqueo, in caso di emergenza, può uscire dalla grotta senza alcun problema. Durante questi corsi di norma l’allievo non può effettuare decompressione e superare i 30 metri di profondità.

Il corso Intro Cave, che permette al subacqueo di entrare in una vera e propria grotta (dove non è visibile la luce esterna),ma seguendo sempre una cima guida. L’allievo non può staccarsi dalla main line, non può effettuare decompressione, non può accedere alle restrizioni della grotta nè effettuare nessun tipo di navigazione.

Il corso Tech Cave Diver o Cave Diver abilita il subacqueo ad utilizzare in grotta miscele nitrox e trimix se è già addestrato Tech Diver o Trimix Diver. L’allievo può fare navigazione semplice e complessa, staccarsi con dei jump dalla main line e immergersi oltre i 30 metri di profondità con decompressione. Può entrare in grotte con restrizioni e utilizzare le bombole stage per incrementare la penetrazione della grotta.

L’esperienza continua

Una volta che il tech diver ha ricevuto un corretto addestramento ed è in possesso dell’attrezzatura tecnica adeguata, deve mantenere le conoscenze e le procedure che ha appreso durante i corsi.
L’esperienza nel tech diving è spesso relegata in secondo piano, ma probabilmente è la cosa più importante per far si che il tech diver si possa divertire in assoluta sicurezza.

Inoltre il subacqueo tecnico deve mantenersi in buona forma fisica, continuare ad immergersi nello stesso ambiente per il quale è stato addestrato e condividere le proprie immersioni con una squadra di tech divers affiatata e con capacità uguali o superiori alle proprie. Dopo lunghi periodi di inattività il tech diver deve ripartire facendo immersioni in basso fondale durante le quali dovrà ripetere tutte le procedure e gli esercizi fondamentali imparati durante i corsi.

 

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