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di Tecnica & Medicina

 

 

171. LE IMMERSIONI IN TRIMIX: CARATTERISTICHE E PIANIFICAZIONE

Testo rielaborato da Marcello Polacchini

 

Attenzione! Questo testo non è sufficiente per dare al subacqueo la preparazione necessaria per poter fare immersioni utilizzando il Trimix, per le quali è invece necessaria la frequenza di specifici corsi teorico-pratici tenuti da istruttori qualificati.

 

Marpola in configurazione tecnica con bibo e stage

CHE COS'E' IL TRIMIX

Anche se l'utilizzo di miscele di gas ha una lunga storia, è solo da relativamente poco tempo che il Trimix (ossigeno + azoto + elio) è considerato una miscela di gas valida per l'uso nel campo subacquea ricreativa.

Nel 1919 il professor Elihu Thomson, un inventore prodigioso e co-fondatore con Thomas Edison della General Electric Company, teorizzò che la narcosi d’azoto che colpiva i palombari in profondità sarebbe diminuita utilizzando un gas diverso dall’aria, e suggerì che l'elio poteva essere utilizzato come diluente dell’ossigeno nelle immersioni più profonde.

Quando gli scienziati e i subacquei acquisirono maggiori conoscenze circa gli effetti delle immersioni profonde sul corpo umano, cominciarono a sviluppare maggiormente l'uso dell’elio nelle miscele respiratorie, e dal 1925 la US Navy cominciò ad impiegare miscele contenenti diverse percentuali di elio. Dopo varie prove, ricerche e operazioni di salvataggio e recupero avvenute nel corso di una cinquantina d’anni, Tom Mount nel 1991 creò la prima serie di Standard di addestramento IANTD per l’uso di Trimix.

Oggi oramai l’elio è un gas largamente utilizzato per le immersioni profonde, di solito oltre le quote di 50/60 metri. In pratica l’elio viene inserito nella miscela respiratoria al posto di parte dell’azoto, per formare miscele binarie chiamate “Heliox” (elio + ossigeno) oppure ternarie chiamate “Trimix” (elio + azoto + ossigeno).

Negli ultimi anni si stanno diffondendo i cosiddetti Trimix leggeri o “normossici”, cioè delle miscele contenenti frazioni di elio abbastanza basse (25-35%), mentre l’ossigeno rimane al 21%. Con questo tipo di miscele si può scendere direttamente dalla superficie con la miscela di fondo ed arrivare fino alla massima profondità operativa della miscela normossica, cioè attorno ai 60/65 metri, ma con un livello narcotico molto più basso, e poi le tappe decompressive vengono effettuate con miscele iperossigenate tipo EAN50 oppure EAN80 o con ossigeno al 100%.

VANTAGGI DELL’ELIO

I vantaggi principali nell’utilizzo di miscele contenenti elio al posto di parte dell’azoto sono notevoli, specialmente, come già detto, il controllo del livello narcotico, che in base alla quantità di azoto che si toglie si può abbassare notevolmente fino a eliminarlo quasi completamente nell’Heliox.

Inoltre le miscele Trimix sono più facili da respirare, perché l’elio è un gas meno denso rispetto all’aria.

Infine, se un subacqueo abbina l’immersione in Trimix con gas decompressivi tipo ossigeno puro o EAN50 e con un altro gas di trasferimento (cd. “miscela di viaggio”), può abbassare molto i tempi decompressivi. Per questo motivo negli addestramenti il corso Trimix viene abbinato ad un corso di Tecnica, che abilita il subacqueo ad utilizzare durante l’immersione tre miscele diverse.

SVANTAGGI DELL’ELIO

Il difetto principale dell’elio è il suo costo elevato, che a seconda della zona per l’utilizzatore finale va dai 28 ai 34 Euro al metro cubo. Per questo motivo si tende ad utilizzare miscele Trimix rispetto all’Heliox, perché contenendo anche una parte di azoto sono meno costose.

Un altro svantaggio è che per arrivare ad essere un subacqueo abilitato ad immergersi con il Trimix bisogna partire dal corso Nitrox Base, passando dai corsi Deep e Avanzati fino ai corsi Tecnici veri e propri, perciò è necessario un percorso didattico lungo e costoso.
I costi si aggirano attorno ai 700/100 Euro a seconda del tipo di corso e di combinazione richiesta oltre al costo delle miscele respiratorie impiegate per sè e per il proprio istruttore.

 

ATTREZZATURA PER L’ELIO

Essendo un gas inerte, l’elio non ha bisogno di nessuna attrezzatura dedicata, come invece è necessario per impiegare l'ossigeno, infatti le bombole di fondo possono essere caricate in Trimix anche se non sono “pulite ossigeno”.

Aumenta invece notevolmente la quantità di attrezzatura necessaria per i corsi Trimix, in quanto bisogna utilizzare un bibombola con manifold,  delle bombole da fianco (1 o 2 per il Trimix normossico e 3 o più per il Trimix ipossico), un gav con sacco e piastra posteriore, una frusta principale  lunga, una maschera di scorta, lo spool e il reel,  ecc. (maggiori info si trovano sulle specifiche di ogni corso).

Le ricariche Trimix ormai sono abbastanza diffuse nei diving, molto meno rispetto al Nitrox, ma comunque sono in continua crescita.

 

LIMITI DELL’ELIO

Abbiamo detto che utilizzando il Trimix normossico la massima profondità operativa (MOD) è di 60/65 metri, a seconda della pressione parziale di ossigeno utilizzata (è noto che respirare ossigeno ad una PpO2 superiore a 1,6 atm può generare i sintomi della tossicità dell’ossigeno ad alta pressione).

Per l’utilizzo del Trimix ipossico i corsi delle varie didattiche stabiliscono il limite degli 80/100 metri, poi abbassando via via i livelli di ossigeno si può arrivare a quote ben maggiori.

Negli ultimi tempi per le immersioni commerciali e professionali molto profonde si stanno studiando delle miscele chiamate “Hydrox”, nelle quali si utilizza l’idrogeno come gas inerte da sostituire all’elio, in quanto più facile da reperire ed a costi inferiori. Il problema dell’idrogeno però è la sua alta infiammabilità quando va a contatto con l’ossigeno, per questo viene utilizzato con percentuali molto basse non superiori al 4%.

I GAS INERTI

Un gas inerte è un elemento che non è indispensabile al nostro organismo e che non crea problemi agli altri gas della miscela che respiriamo. In altre parole, un gas inerte non è altro che un “diluente” dell’ossigeno, elemento indispensabile per la vita ed unico gas che è metabolizzato dal nostro organismo.

L’inerte si comporta solo da diluente dell’ossigeno alla pressione di superficie (pressione normobarica), ma quando scendendo in profondità è esposto ad un aumento della sua pressione parziale nascono dei problemi.  Lo scopo principale del gas inerte presente nella miscela respiratoria pertanto è quello di diluire l’ossigeno riducendone la sua frazione e, quindi, la sua pressione parziale (PpO2) a quella data profondità. Tutto questo non dovrà influire sul nostro metabolismo. Ad esempio, se invece dell’elio usassimo argon come diluente dell’ossigeno, sarebbe inutile avere la PpO2 entro i nostri limiti, dato che a 50 metri avremmo ancora più narcosi che con l’azoto. Questo significa che quando usiamo dei gas inerti per diluire l’ossigeno, dobbiamo tenere conto delle loro caratteristiche. Inoltre, durante un’immersione, non va bene assorbire ad un’alta pressione parziale un solo gas inerte. In altre parole, prima di saturare ad esempio a livello 5 un gas inerte, è meglio saturare a livello 2.5 due gas inerti.

 

Facciamo un esempio pratico, supponiamo di immergerci a 50 metri con aria. In questo caso satureremo l’azoto con una pressione di 4.74 atm (infatti avremo PpN2 = FN2 x Ptot = 0.79 x 6 = 4.74). Queste 4.74 atm rappresentano la “forza” che spingerà l’inerte, in questo caso l’azoto, ad entrare nei nostri tessuti. Avremo, in altre parole, un alto gradiente saturativo che spingerà l’azoto ad entrare nel circolo sanguigno e nei nostri tessuti con un grande apporto di questo gas. Ma se noi sostituiamo una parte dell’azoto con un altro gas inerte, ad esempio l’elio per ottenere una miscela Trimix, avremo un gradiente saturativo dell'azoto molto più basso e quindi assorbiremo una quantità inferiore di questo gas inerte.

Durante la decompressione, a mano a mano che la pressione parziale dell’azoto diminuisce con il diminuire della pressione assoluta (Ptot), ogni nuovo volume di sangue avrà una PpN2 maggiore di quella degli alveoli polmonari che saranno già esposti alla pressione ambiente. Inizierà così una desaturazione del sangue spinta dalla “forza” opposta che questa volta produrrà un gradiente d’espulsione.

E’ chiaro che se con l’aggiunta di un altro inerte (l’elio) nella miscela abbiamo fatto in modo di assorbire meno gas inerte, per eliminarlo occorrerà minor tempo. In altre parole, ritornando all’esempio precedente, abbiamo visto che respirando aria a 50 metri si satura il sangue con una PpN2 di 4.74 atm e per ritornare alla PpN2 normobarica di 0.79 atm occorrerà un certo tempo, cioè un certo numero di circoli sanguigni; ma se noi iniziamo la decompressione con una PpN2 più bassa, il numero di circoli sanguigni completi, e quindi il tempo necessario per ritornare alla PpN2 di 0.79 Ata, sarà inferiore.

Va precisato però che questo discorso vale se è riferito solamente all’azoto, ma siccome nel Trimix è presente anche l’elio bisogna considerare anche l’interazione tra questi due gas inerti. Il processo di saturazione dei tessuti, infatti, è un “compromesso” tra velocità e solubilità dell’inerte, nel senso che se l’immersione è di breve durata “comanderà” la velocità rispetto alla solubilità, ma a mano a mano che i tempi si allungano comanderò sempre di più la solubilità. In pratica per immersioni brevi l’elio è penalizzante rispetto all’azoto in quanto più veloce; mentre per  tempi lunghi l’elio è meno penalizzante in quanto meno solubile anche se più veloce dell’azoto. Ad ogni modo rimane sempre il vantaggio dell’elio per quanto riguarda il controllo della narcosi.

 

L’aspetto negativo dell’elio, in termini decompressivi, è legato alla sua leggerezza. Infatti, se è innegabilmente un vantaggio il fatto che il suo peso molecolare molto basso faciliti la respirazione in profondità quando le elevate pressioni rendono i gas più densi, la stessa leggerezza dell’elio fa sì che si sciolga molto più velocemente nei tessuti e che li renda saturi in un tempo molto minore di quanto non sia necessario all’azoto. Però, secondo gli ultimi studi sull’uso dell’elio nelle miscele subacquee, avremo che se da una parte l’elio si diffonde più velocemente nel sangue rispetto all’azoto, è anche meno solubile di quest’ultimo. Questo vuol dire che, a parità di tempo di esposizione, l’elio entrerà più velocemente nel sangue ed in quantità maggiore rispetto all’azoto, ma essendo meno solubile se ne scioglierà una quantità minore. Da queste considerazioni deriva che dal punto di vista della saturazione il tempo di fondo e il fatto che i tessuti siano o meno completamente saturi (per tempi lunghi)giocano ul ruolo fondamentale nella decompressione.


L'elio, come abbiamo già detto, presenta comunque alcuni svantaggi. L’elio non è narcotico ma sottrae calore sia attraverso la respirazione che al contatto cutaneo, quindi non lo si può usare per insufflare la muta stagna. Inoltre, data la sua leggerezza, le corde vocali vibrano più velocemente quando si respira elio, e quindi distorce la voce creando il cosiddetto “effetto paperino”, ma questo non crea problemi ai subacquei sportivi, ma solo ai professionisti che usano le maschere gran facciali con i comunicatori. In superficie, dopo pochi respiri di aria, la voce torna comunque normale.
Un altro svantaggio dell’elio, che è venduto in bombole da 40/50 litri a 200 bar di pressione e il costo è molto elevato. L’elio è presente sul mercato in due tipi, uno con grado di purezza 4.8 consigliabile per immersioni fino a 100 metri (cioè usabile per una PpHe max di 11 atm), l’altro ancora più filtrato che costa quasi il doppio, con grado di purezza 5.2 e consigliabile per immersioni oltre i 100 metri (cioè con una PpHe maggiore di 11 atm).

Di contro, il fatto che l’elio è sette volte più leggero dell’aria presenta un grosso vantaggio nella respirazione in profondità, dove avremo un minore sforzo inspiratorio. Addirittura potremmo avere la necessità di ritarare degli erogatori che, pur funzionando benissimo con l’aria, potrebbero trafilare in presenza di una elevata percentuale di elio nella miscela, come  pure potrebbe trafilare una valvola del GAV o una frusta.
 

Vediamo ora quali sono gli altri gas inerti presenti in natura e quale può essere il loro impiego. Sono cinque: Azoto (N2), Elio (He), Idrogeno (H2), Neon (Ne) e Argon (Ar).
L’idrogeno sarebbe un eccellente gas inerte che non presenta nessuna controindicazione come diluente, salvo il fatto di diventare esplosivo se è miscelato con ossigeno presente in una frazione superiore al 4%. Per questo motivo è usato solo in immersioni lavorative molto profonde, avendo però l’accortezza di usare delle miscele intermedie di “lavaggio” dei polmoni prima di ritornare a respirare aria.

Il neon sarebbe un altro gas inerte eccellente, che oltretutto a differenza dell’elio non sottrae calore e non distorce la voce, ma costa moltissimo, perché essendo presente nella nostra atmosfera in quantità piccolissime, per estrarlo dall’aria occorre filtrarne delle quantità enormi.

L’argon ha un potere narcotico molto superiore all’azoto, quindi potrebbe essere utile solo in decompressione per creare il gradiente desaturativo prima di passare a respirare l’ossigeno puro.
Se per esempio dopo un’immersione con Trimix (ossigeno + elio + azoto) si passasse a respirare una miscela “Argox” (argon + ossigeno) a 15 metri, prima di passare all’ossigeno puro, avremmo il gradiente di espulsione totale dell’inerte che ci ha saturato sul fondo. Infatti, sul fondo abbiamo assorbito elio e azoto, ma nell’Argox questi due gas non sono presenti perciò la loro eliminazione si verificherà nelle condizioni ideali.


Miscelando questi cinque gas inerti naturali con l’ossigeno si formano tutte le miscele che possono essere utilizzate in immersione.

  • Le miscele binarie sono ARGOX (Ar +O2), HELIOX (He +O2), HIDROX (H2 +O2), NEONOX (Ne +O2), NITROX (N2 +O2).

  • Le miscele ternarie sono TRIMIX (O2,He, N2), HELITROX (He + NITROX) ed HELIAIR (He + Air).

Le miscele Trimix sono di tre tipi:

·         Ipossica se FO2 < 18%

·         Normossica se FO2 tra 18 e 21%

·         Iperossica se FO2 > 21% Questa non è altro che l’HELITROX (elio + Nitrox), l’ultima miscela nata nella famiglia delle miscele Trimix.

Tutte queste miscele si ottengono per pressioni parziali, cioè addizionando insieme una frazione di ossigeno, una di elio ed una di azoto.
Il Trimix ipossico si può fare anche miscelando l’elio puro con l’aria; mentre il Trimix normossico si può fare miscelando HELIOX ed aria e l’HELITROX miscelando elio puro con aria, oppure elio puro con NITROX.

 

IMMERSIONI IN TRIMIX
Le tecniche e metodologie usate nell’immersione sportiva con l’impiego di miscele Trimix sono derivate da un’ampia sperimentazione in ambito militare e lavorativo, perciò la loro pratica richiede un addestramento rigoroso e preciso, frequentando dei corsi specifici. Secondo le attuali conoscenze, queste miscele possono consentire l’immersione di un subacqueo in autonomia fino a 300 metri di profondità.

L’impiego delle miscele Trimix avviene per tre motivi principali:

1° ridurre la narcosi d’azoto, abbassando la percentuale di azoto presente nella miscela respiratoria;

2° ridurre il rischio d’intossicazione da ossigeno, respirando sempre una miscela contenente una

appropriata percentuale d’ossigeno;

3° ridurre l’accumulo di anidride carbonica, aggiungendo alla miscela respiratoria un gas molto leggero come l’elio che facilita la respirazione.

 

ALTRE DEFINIZIONI DEL TRIMIX

Una miscela composta di elio, azoto e ossigeno si definisce:

·         TRIMIX se FO2 < 20% e l’elio sostituisce parte dell’azoto.

·         TRIOX se FO2 > 20% e l’elio sostituisce parte dell’azoto.

·         ELIOX se l’elio sostituisce completamente l’azoto e anche una parte della frazione di ossigeno. Questa miscela è utilizzata nel campo dell’industria dei lavori subacquei.

 

È stato adottato un sistema universale di due cifre per indicare le frazioni dei gas contenuti in una miscela Trimix o Triox, indicando come primo numero la percentuale dell’ossigeno e come secondo numero quella dell’elio, mentre la percentuale dell’azoto non viene indicata in quanto è semplice ricavarla per differenza.

Ad esempio se si dice che una data bombola contiene un Trimix 16/45 significa che il contenuto della bombola è: 16% di ossigeno, 45% di elio e il restante 39% di azoto.

Marpola in sosta decompressiva

CONDUCIBILITÀ TERMICA DELL’ELIO

L’elio ha un’elevata conducibilità termica, pari a circa 6 volte quella dell’aria, perciò un corpo immerso nell’elio disperde il proprio calore circa 6 volte più velocemente che nell’aria.

Per quanto concerne la respirazione e quindi la dispersione di calore attraverso le vie respiratorie, la differenza rispetto alla respirazione di aria è pressochè trascurabile. Deve essere invece presa in considerazione quando si fanno immersioni in acque fredde e si utilizza il Trimix come gas per la compensazione della muta stagna. In questi casi è preferibile utilizzare una bombola aggiuntiva (il cd. bombolino) della capacità di almeno 1 litro contenente aria o argon. In alternativa occorre aumentare la propria protezione termica utilizzando sottomuta più caldi ed efficienti che contrastino la perdita di calore corporeo.

Nel caso di utilizzo di una bombola aggiuntiva questa dovrà essere dotata di attacco DIN e alla bombola si collegherà un primo stadio dotato di valvola di sovrappressione e frusta di collegamento per la muta stagna. Il bombolino dovrà essere collocato in modo tale che la rubinetteria sia facilmente accessibile al subacqueo che, in caso di malfunzionamento, deve essere in grado di chiudere il rubinetto. Per questo motivo è preferibile montare il bombolino sul lato sinistro (a lato del bibombola o dello schienalino) con il rubinetto rivolto verso il basso.

Se invece viene utilizzata la miscela di fondo per la compensazione della muta stagna, la frusta di collegamento non deve essere montata sullo stesso primo stadio dove è montata la frusta del GAV, perchè

In caso di necessità di isolamento di una delle due bombole, il subacqueo potrà avere avere sempre il GAV o la muta stagna funzionanti. Qualunque sistema si utilizzi, sarebbe bene che la frusta del GAV potesse raggiungere anche la valvola di carico della muta stagna, e viceversa. In caso di necessità è comunque possibile collegare la frusta della muta stagna anche ad una bombola decompressiva.

 

LA DIFFUSIONE DELL’ELIO

L’elio si diffonde nei tessuti molto più velocemente dell’azoto (2,78 volte). Pertanto sia l’assorbimento che la desaturazione dell’elio avvengono molto più rapidamente: basti pensare che il compartimento tissutale che con l’azoto prevede un tempo di emisaturazione di 340 minuti, con l’elio lo vede ridursi a 120 minuti.

Poiché di conseguenza si riducono anche i tempi di desaturazione, i tempi di decompressione con un Trimix normossico e tempi di fondo relativamente brevi non cambiano di molto rispetto all’immersione con aria.

Occorre però tenere presente un aspetto importante: il subacqueo che s’immerge respirando Trimix deve porre la massima attenzione alla velocità di risalita, perché, per le caratteristiche fisiche dell’elio, il mancato rigoroso rispetto di questo parametro può facilmente provocare la formazione di bolle.

La velocità di diffusione dell’elio comporta inoltre la necessità, per facilitarne l’eliminazione, di utilizzare miscele per la decompressione ricche di ossigeno: altrimenti la decompressione continuando a respirare la miscela di fondo richiederebbe delle ore e una scorta di gas che nessun subacqueo potrebbe trasportare con sé in acqua.

TIPI DI TRIMIX IMPIEGATI NORMALMENTE

Come già detto sono due le grandi categorie di Trimix impiegate normalmente: il normossico e l’ipossico.

  • Il Trimix normossico comprende tutte le miscele Trimix che hanno una percentuale di ossigeno compresa tra il 18 e il 21%. Queste miscele possono essere respirate dal subacqueo fin dalla superficie, dato che la frazione di ossigeno presente a 1 bar di pressione ambiente è sufficiente alle funzioni vitali.

  • Il Trimix ipossico invece è una miscela con una percentuale di ossigeno inferiore al 18% e il subacqueo non può respirarlo fin dalla superficie perché la frazione di ossigeno presente a 1 bar di pressione ambiente potrebbe non essere sufficiente alla vita. In questo caso occorrerà utilizzare la cosiddetta “miscela di viaggio”: solitamente è una miscela Trimix normossica che viene utilizzata anche nella prima parte dell’immersione per raggiungere almeno la profondità alla quale la frazione di ossigeno del back gas avrà almeno una pressione di 0,2 atm.

Facciamo un esempio pratico. Se pianifichiamo un’immersione utilizzando un Trimix 16/45 è ovvio che per raggiungere la profondità alla quale il 16% di ossigeno avrà una pressione parziale normossica dovremo utilizzare una miscela di viaggio.

Considerando di poter respirare il Trimix quando questo avrà una PpO2 di 0,2 atm (cioè la pressione atmosferica) si divide 0,2 per 0,16 e si ottiene 1,25 che, arrotondato per sicurezza a 1,3 indica che è possibile respirare un Trimix 16/45 ad una pressione ambiente pari a 1,3 atm (cioè a 3 metri di profondità) in modo che la pressione parziale dell’ossigeno sia di poco superiore a 0,2 atm.

Stando a questi calcoli il subacqueo dell’esempio potrà utilizzare l’EAN50 della bombola decompressiva almeno fino ai 3 metri di profondità, dove potrà iniziare a respirare la miscela di fondo (il Trimix 16/45).

Molto meglio è prevedere l’utilizzo di una miscela “di viaggio” che dovrà essere respirata dalla superficie fino alla profondità dove la PpO2 dell’ossigeno sarà al massimo di 1,3 atm. Ad esempio se si prevede l’uso di un Trimix 21/35 questa miscela sarà utilizzata durante la discesa dalla superficie (dove la PpO2 è di 0,20 atm) fino alla profondità massima di 52 metri (dove la PpO2 è 0,21 x 6,2 = 1,3 atm).

L'IPOSSIA

Quando ci s’immerge utilizzando un Trimix ipossico (miscela di gas con una percentuale di ossigeno inferiore al 18%) occorre fare molta attenzione a non respirare questa miscela finché non si è raggiunta una profondità tale da rendere la frazione di ossigeno normossica, diversamente il subacqueo potrebbe incorrere nell’ipossia, cioè la condizione nella quale alle cellule viene a mancare il rifornimento di un’adeguata quantità di ossigeno, indispensabile alla vita. Infatti, se l’ossigeno non giunge in quantità sufficiente a tutte le cellule del corpo, queste cominciano a morire e la perdita di conoscenza arriva in meno di 30 secondi mentre l’interruzione della respirazione avviene in meno di 1 minuto. Se questa condizione persiste per circa 4 minuti ne deriveranno danni cerebrali irreversibili.
Va segnalato che una vittima di ipossia solitamente non si accorge di esserlo perchè a uno stato di euforia segue debolezza e poi l’immediata perdita di conoscenza.

 

LA CONTRODIFFUSIONE ISOBARICA

Con il termine “controdiffusione isobarica” (isobaric counter diffusion) si indica la diffusione di due gas in direzioni opposte, in assenza di variazioni di pressione ambiente: fenomeno che avviene quando il subacqueo cambia la miscela che sta respirando (cioè fa il cd. gas-switch). In pratica, semplificando il concetto, un gas diffonde dagli alveoli nei tessuti e uno dai tessuti negli alveoli.

Se per esempio un subacqueo s’immerge con una miscela normossica Trimix 18/40 e prevede di fare una decompressione con EAN40 e ossigeno puro, quando durante la risalita arrivato a 30 metri cambia la miscela respirata ha i tessuti carichi di elio e azoto, ma cominciando a respirare l’EAN40 (che non contiene elio ma che contiene più azoto rispetto alla miscela respirata fino a quel momento) la frazione di elio presente negli alveoli polmonari si azzera immediatamente, mentre la frazione di azoto aumenta repentinamente.
A secondo del livello di saturazione dei tessuti può accadere che il gradiente dell’elio in uscita dai tessuti negli alveoli sia inferiore a quello dell’azoto in entrata dagli alveoli nei tessuti stessi, perciò accadrebbe che la somma totale di gas inerte (azoto + elio) presente nei tessuti supererebbe la tensione critica sopportabile con inevitabile conseguente formazione di bolle.
In pratica a 30 metri di profondità il gradiente di elio presente nei tessuti è troppo basso, rispetto alla pressione ambiente, per farne uscire una quantità sufficiente e lasciare il posto all’azoto presente nella miscela decompressiva, che invece ha un alto gradiente di diffusione data l’elevata pressione ambiente.

Subacquei in decompressione

Per evitare questo pericoloso fenomeno è sufficiente cambiare la miscela decompressiva da EAN40 a EAN50 ed effettuare il gas-switch a 21 metri.

Meglio ancora sarebbe utilizzare una miscela decompressiva con un po’ di elio e meno azoto perchè in decompressione non si possono fare grandi “salti” da una miscela con meno azoto (il 42% nel Trimix 18/40) ad una con molto più azoto (il 50% nell’EAN50).

E’da notare che il fenomeno della controdiffusione può coinvolgere il subacqueo anche nei cambi gas in fase di discesa, cioè quando si passa dalla respirazione di aria o Nitrox al Trimix.

Configurazione Trimix ipossico: bibombola con miscela di fondo, miscela di viaggio e due bombole decompressive con EAN50 e ossigeno puro

CALCOLO DELLA PROFONDITÀ NARCOTICA EQUIVALENTE (END)

Tenere sotto controllo l’effetto narcotico della miscela respirata e potersi così spingere a maggiore profondità riducendo al minimo il rischio di perdita di controllo dovuto all’effetto narcotico dell’aria respirata a elevate pressioni parziali è la ragione principale per cui si utilizza la miscela Trimix.
Ma, quanto elio si deve aggiungere alla miscela per ottenere questo risultato? La risposta dipende dalla profondità che si vuole raggiungere e
da quale parametro si vuole prendere in considerazione come profondità narcotica equivalente (END cioè Equivalent Narcotic Depth) massima accettata.

In pratica una data miscela Trimix respirata a una determinata profondità equivale, dal punto di vista narcotico, a respirare aria a una profondità inferiore.

Il NOAA consiglia in via cautelativa di trattare azoto e ossigeno allo stesso modo dal punto di vista narcotico (anche se non esiste alcuna prova degli effetti narcotici dell’ossigeno), perciò possiamo calcolare la END partendo dalla proporzione END (atm) : Prof(atm) = (fN2 + fO2) : 1 dalla quale si ricava la formula

 END (atm) = Prof (atm) × (fN2 + fO2) oppure la formula: END (atm) = Prof (atm) × (1 - fHe)

 dove:

• END (atm) è la profondità narcotica equivalente del Trimix, espressa in atmosfere (pressione ambiente).

• Prof (atm) è la profondità reale alla quale viene respirato il Trimix, espressa in atmosfere (pressione ambiente).

• fN2 + fO2 è la somma della frazione di azoto e della frazione di ossigeno presenti nella miscela Trimix, che equivale a (1 - fHe), dove fHe è la frazione di elio presente nella miscela.

• 1 è la somma della frazione di azoto e della frazione di ossigeno presenti nell’aria.

 

Se ad esempio vogliamo fare un’immersione a 70 metri (dove la pressione ambiente è 8 atm) utilizzando una miscela Trimix ipossica 16/45, la profondità narcotica equivalente è END = 8 × (1 - 0.45) = 4,4 atm cioè dal punto di vista narcotico è come se ci immergessimo a 34 metri di profondità respirando aria.

Per fare lo stesso calcolo utilizzando i metri come unità di misura della profondità si può impiegare anche la formula END (m) = (Profondità + 10) × (1 − fHe) − 10

che ritornando all’esempio dell'immersione a 70 metri determina lo stesso risultato, cioè END = (70 + 10) × (1 - 0.45) - 10 =  (80 x 0,55) - 10 = 34 metri.

 

Per ricavare più facilmente la frazione di elio da inserire nella miscela Trimix si può applicare la formula inversa dell’END, cioè fHe = 1 - (END (atm) / Prof (atm))

dove:

• END (atm) è la profondità narcotica equivalente massima che vogliamo ottenere, espressa in atmosfere (pressione ambiente).

• Prof (atm) è la profondità reale alla quale viene respirata la miscela Trimix, espressa in atmosfere (pressione ambiente).

 

Ritornando all’immersione a 70 metri dell’esempio con quest’ultima formula il risultato è  fHe = 1 - (4,5 / 8) = 0,44 che è la frazione minima di elio che dobbiamo avere nella miscela Trimix. Invece utilizzando direttamente i metri come unità di misura della profondità si può utilizzare anche la formula fHe = 1 - (END + 10) / (Prof + 10) che determina lo stesso risultato cioè fHe = 1 - (35 + 10) / (70 + 10) = 0,44

LA PROFONDITA’ EQUIVALENTE CON ARIA (EAD)

Per un’immersione fatta con Nitrox si può calcolare la profondità equivalente con aria (EAD cioè  Equivalent Air Depth) relativamente alla pressione parziale dell’azoto.

Questo calcolo è importante per determinare l’assorbimento del gas inerte (che è minore respirando Nitrox rispetto a quando si respira aria alla stessa profondità) e serve per poter impiegare le tabelle di immersione con aria anche nelle immersioni con Nitrox.

 

Partendo dalla proporzione EAD (atm) : Prof (atm) =  fN2 : 0.79  si ricava la formula
 
EAD (atm) = Prof (atm) × fN2 / 0.79

dove:

• EAD (atm) è la profondità equivalente in aria della miscela Nitrox, espressa in atmosfere (pressione ambiente).

• Prof (atm) è la profondità reale alla quale viene respirata la miscela Nitrox, espressa in atmosfere (pressione ambiente).

• fN2 è la frazione di azoto presente nella miscela Nitrox.

• 0.79 è la frazione di azoto presente nell’aria.

 

Ad esempio se un subacqueo s’immerge con EAN32 (quindi fN2 = 0.68) a 33 metri (dove la pressione ambiente è 4.3 atmosfere), attraverso la formula dell’EAD si può calcolare il suo assorbimento di azoto sulle tabelle per immersioni con aria, quindi  EAD (atm) = 4.3 × 0.68 / 0.79 = 3.70 atm perciò EAD = 27 metri

Per fare il calcolo utilizzando direttamente i metri come unità di misura della profondità si può utilizzare anche la formula EAD (m) = (Prof + 10) × fN2 / 0.79 - 10 che determina lo stesso risultato, cioè EAD = (33 + 10) × 0.68 / 0.79 - 10 = 27 metri

In pratica un’immersione effettuata con EAN32 a 33 metri equivale, in termini di assorbimento dell’azoto, a un’immersione effettuata con aria a 27 metri.

 

La formula dell’EAD da quasi cinquant’anni viene utilizzata per poter impiegare le tabelle aria US Navy per la programmazione dell’immersione.
Va segnalato che diminuendo la percentuale di azoto nella miscela respirata, anche ad aumenti proporzionali della percentuale di ossigeno, può essere considerato uguale l’assorbimento del gas inerte alla profondità equivalente e quindi la teoria della decompressione e il modello matematico di saturazione e desaturazione per il Nitrox sono sovrapponibili a quelli dell’immersione con aria quando si utilizza l’EAD.

La possibilità di riferirsi solo all’azoto per creare procedure di prevenzione della MDD è provata no solo da anni di pratica di uso diretto dell’EAD e delle tabelle NOAA, senza che le statistiche (pur limitate rispetto a quelle dell’aria) riferissero aumenti d’incidenza di MDD, ma anche da lavori scientifici mirati al rilievo delle bolle “silenti” per mezzo del Doppler (come quello di Kobayashi nel 1991) che sottolineano una minore incidenza del fenomeno nella respirazione con Nitrox in ambiente iperbarico.

 

DIFFERENZE TRA “END” E “EAD”

La formula EAD (m) = (Prof + 10) × fN2 / 0.79 – 10 che per lo scopo di impiegare le tabelle di immersione dell’aria nelle immersioni Nitrox tiene in considerazione la sola frazione dell’azoto, viene talvolta utilizzata da alcuni software decompressivi per calcolare la profondità narcotica equivalente in aria di una miscela Trimix.

In questo caso è necessario fare una chiara distinzione tra EAD ed END: la prima fa una comparazione con l’aria considerando narcotico solo l’azoto, la seconda considera narcotici sia l’azoto che l’ossigeno presenti nella miscela, come suggerito dalla NOAA in via cautelativa.
E’ da notare che se si vuole fare riferimento all’EAD per il calcolo dell’END alcune didattiche consigliano di utilizzare il valore massimo di 30 metri a differenza di quello della END che è di 35 metri.

Marpola in decompressione a 21 metri con EAN50

DECIDERE QUALE MISCELA UTILIZZARE

Nella programmazione di un’immersione con il Trimix una volta calcolata la frazione minima di elio da utilizzare nella miscela, si deve decidere le proporzioni degli altri due gas (ossigeno e azoto).

Facendo prima il calcolo dell’ossigeno, che è il parametro da tenere sotto controllo per la prevenzione dell’iperossia, è facile calcolare per differenza la frazione di azoto che dovrà contenere la miscela Trimix.

Considerando una PpO2 massima respirabile in profondità di 1,4 atm (ma alcune didattiche suggeriscono prudenzialmente max 1,3 atm) e ricordando che per la Legge di Dalton la pressione totale di una miscela di gas è la somma delle pressioni parziali dei gas che la compongono, per ricavare la frazione massima di ossigeno che può essere contenuta nella miscela basta dividere 1,4 per la pressione ambiente alla MOD che si vuole raggiungere.

 

Ritornando all’esempio fatto sopra, siccome a 70 metri la pressione ambiente è 8 atm, si avrà
fO2 = 1,4 / 8 = 0,175 e quindi il Trimix potrà contenere al massimo un 17% di ossigeno.

Attraverso la formula dell’END prima abbiamo ricavato che la percentuale di elio necessaria è il 44% perciò sottraendo da 100 il 44% di elio e il 17% di ossigeno otteniamo 39%, che è la percentuale di azoto che dovrà potrà essere presente nella miscela. Quindi per un’immersione a 70 metri, potremo utilizzare un Trimix 17/44 leggermente ipossico.

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA SCELTA DELLA MISCELA

Da quanto detto sopra relativamente alla END si intuisce che diminuendo la MOD si può diminuire la percentuale di elio nella miscela a favore dell’azoto e aumentare quella dell’ossigeno (a condizione che la PpO2 massima non superi mai 1,4 o 1,3 atm).

Ad esempio se l’immersione è a 60 metri, applicando la formula per ricavare la frazione dell’elio

fHe = 1 - (END + 10) / (Prof + 10) si ottiene che mantenendo una END di 35 metri si può utilizzare un Trimix con una frazione di elio pari ad almeno 0,36. Infatti fHe = 1 - (35 + 10) / (60 + 10) = 0,36.

Perciò possiamo decidere se utilizzare un Trimix 17/45 (arrotondando per praticità in eccesso la percentuale di elio in modo conservativo) mantenendo il 17% di ossigeno, oppure possiamo aumentare anche la frazione di ossigeno al 18% o addirittura 20%, dato che a 60 metri applicando la formula per ricavare la pressione parziale dell’ossigeno PpO2  = fO2 x P otteniamo una PpO2 di 1,3 atm se nella miscela c’è il 18% di ossigeno oppure una PpO2 di 1,4 atm se nella miscela c’è il 20% di ossigeno.
Però se decidiamo di aumentare la percentuale di  O2 nella miscela a parità di tempo di immersione i tempi di decompressione saranno più brevi, ma l’accumulo di CNS % (Central Nervous System) in profondità sarà maggiore rispetto a quello con la miscela contenente il 17% di ossigeno.

Perciò per fare la scelta della miscela giusta occorre valutare se il risparmio in termini di tempo di decompressione è tale da rendere conveniente un maggiore accumulo di CNS % in profondità (che secondo le didattiche comunque non potrà essere superiore al 20% di accumulo sul fondo e all’80% di accumulo totale).

 

Se proviamo a calcolare le due immersioni impiegando il software V-Planner prendendo ad esempio un tempo di fondo di 25 minuti (che, come è noto, include anche il tempo di discesa), il risultato è che utilizzando un Trimix 18/40 avremo un run time totale di 80 minuti, mentre utilizzando un Trimix 16/40 avremo un run time totale di 83 minuti (in entrambi i casi compresi i gas break e la risalita alla superficie alla velocità di 1m/min negli ultimi 5 metri).

Confrontando l’accumulo di CNS si vede che utilizzando una miscela Trimix 18/40 si ha un CNS% sul fondo del 12% e totale (a fine immersione) del 43%, mentre con una miscela Trimix 16/40 si ha un CNS% sul fondo del 10% e 43% totale.

Si nota quindi che l’uso di una miscela con minore quantità di ossigeno espone a un CNS% inferiore sul fondo, ma allo stesso CNS% totale. Quest’ultimo, infatti, è dovuto al maggior tempo di decompressione necessario per risalire alla superficie, che espone il subacqueo a pressioni parziali di ossigeno più elevate dovute alla respirazione prolungata delle miscele decompressive.

Perciò è evidente che per questo tipo di immersione è preferibile utilizzare una miscela Trimix 18/40 e che la scelta della percentuale di ossigeno per l’immersione in Trimix deve essere fatta sia in funzione della PpO2 massima respirabile sul fondo di 1,3-1,4 atm sia del calcolo dell’accumulo di CNS%.

IL CONTROLLO DEL CNS%
Il subacqueo che respira ossigeno a elevate pressioni parziali, con il trascorrere del tempo, accumula una certa esposizione all’ossigeno stesso, e questo viene misurato con una sorta di “orologio biologico”, cioè un contatore che da un valore di esposizione noto come CNS% calcolato secondo la tabella qui a fianco validata dalla NOAA.

Per prevenire gli effetti sul sistema nervoso centrale della respirazione dell’ossigeno ad elevata pressione parziale (il cd. “effetto Paul Bert” o intossicazione da ossigeno) oltre a controllare l’intensità della PpO2 respirata e quindi la profondità massima raggiungibile (MOD cioè Maximum Operation Depth ), occorre considerare anche la durata dell’esposizione che comporta l’accumulo di CNS%. Infatti, anche respirando per lunghi periodi miscele con PpO2 che sono all’interno del limite massimo tollerabile ci si può intossicare.
In pratica il subacqueo che rimane esposto per un certo periodo di tempo a un’elevata pressione parziale di ossigeno accumula una certa quantità di gas nel CNS (Central Nervous System), che deve essere tenuta sotto controllo.

Nelle immersioni con decompressione la miscela di fondo non deve superare la PpO2 di 1,3-1,4 atm (anche se il limite NOAA è di 1,6 atm) per tenere basso l’orologio biologico di accumulo di ossigeno rappresentato dal CNS%. Ad esempio dalla tabella si vede che un subacqueo che respira una PpO2 di 1,3 atm accumula lo 0,56% di CNS per minuto.

Se si supera il limite del 100% di accumulo di CNS è molto probabile una crisi iperossica. Per questa ragione alcune didattiche stabiliscono che il CNS% non può superare l’80% di accumulo totale, ed è per questo motivo che il limite di PpO2 massima respirabile delle miscele di fondo è abbassato al 1,3 atm per le immersioni con decompressione: in questo modo si abbassa l’accumulo di CNS% sul fondo, che non deve superare il 20% e ne resta un quantitativo maggiore a disposizione per poter utilizzare in fase di decompressione miscele molto ricche di ossigeno o addirittura ossigeno puro; infatti durante la fase di decompressione è ammessa una PpO2 di 1,6 atm.

 Tabella realizzata con il software V-Planner

 

 Marpola in decompressione con EAN50

LE MISCELE DECOMPRESSIVE

Oltre alla scelta della miscela di fondo, anche la scelta delle miscele decompressive riveste un’importanza fondamentale ai fini della buona riuscita dell’immersione in Trimix.

Le didattiche per le immersioni con il Trimix normossico prevedono due miscele fisse: l’EAN50 e l’ossigeno al 100% che devono essere contenute in due bombole di alluminio della capacità sufficiente alla decompressione di due subacquei, che vanno attaccate sul fianco.

 

Secondo gli standard didattici il gas switch va fatto a 21 metri con l’EAN50 e a 6 metri con l’O2, accettando una PpO2 massima in fase di decompressione a profondità inferiori ai 30 metri pari a 1,6 atm.

 

Didatticamente l'uso delle due bombole decompressive con EAN50 e O2 è limitato alle immersioni in Trimix normossico con un tempo di decompressione di max 50-60 minuti (salvo calcolare se l’autonomia è lui sufficiente in base al proprio consumo); mentre se il subacqueo pianifica un’immersione che richiede un tempo totale di decompressione superiore ai 50-60 minuti occorre usare una terza bombola contenente Triox, cioè una miscela con almeno il 20% di ossigeno e con parte dell’azoto sostituito dall’elio.

Per stabilire quanto azoto deve essere sostituito dall’elio nel Triox, basta applicare i calcoli visti in precedenza, e la prima domanda da farsi è: a quale profondità posso respirare una miscela Triox contenente il 20% di ossigeno mantenendo come PpO2 massima 1,3 ata dato che sarò più profondo dei 30 metri?

Per calcolarlo basta applicare la formula della MOD e cioè P = PpO2/fO2, cioè 1,3/0,20 = 6,5 atm di pressione, pari a 55 metri di profondità. Perciò si pianifica di respirare il Triox a 54 metri, poiché in fase di risalita normalmente le soste decompressive sono svolte a profondità multiple di 3 metri.

 

La seconda domanda da farsi è: quanto elio devo avere in questa miscela Triox perché a 54 metri mi dia una END pari o minore di 35 metri?
Applicando la formula inversa dell’END vista in precedenza, cioè fHe = 1 - (END + 10) / (Profondità + 10) e si ottiene fHe = 1 - (35 + 10) / (54 + 10) = 0,30. Perciò il Triox da utilizzare sarà un 20/30, composto dal 20% di ossigeno, il 30% di elio e il rimanente 50% di azoto.

 

Pertanto se pianifichiamo un’immersione a 70 metri per 20 minuti utilizzando un Trimix 16/45 come miscela di fondo e le tre miscele decompressive, Triox 20/30, EAN50 e ossigeno al 100% la pianificazione che ne deriva con il software V-Planner è quella riportata nella tabella qui di fianco.

 

Quando l’immersione prevede l’uso di tre bombole decompressive quella dell’ossigeno puro, che viene utilizzata per ultima, deve essere attaccata sul D-ring  sul lato destro della cinghia ventrale del GAV oppure a quello sul retro del sottocavallo.

IL CONTROLLO DELLE MISCELE

Una volta stabilita la miscela con la quale si vuole fare l’immersione, è molto importante ricordare che, come per il Nitrox, la responsabilità finale del controllo che la ricarica sia stata fatta correttamente è del subacqueo che utilizzerà quella miscela.

Ovviamente per analizzare una miscela Trimix occorre utilizzare un analizzatore dotato di due sensori: uno per l’analisi dell’ossigeno e uno per l’analisi dell’elio. Poi, come per l’utilizzo del Nitrox, una volta fatta l’analisi, deve essere compilato l’apposita etichetta da attaccare sulla bombola, nella quale devono essere riportati i valori rilevati dall’analizzatore, la data, la profondità massima di utilizzo e la firma dell’utilizzatore finale.

E’ consigliabile analizzare entrambe le bombole, sia nel caso di bombole separate sia nel caso di bombole unite da manifold, perché se c’è stato un errore durante la ricarica una successiva apertura del rubinetto del manifold garantisce l’equilibrio di pressione, ma non l’uniformità della miscelazione.

Tutte le bombole che impiegate per l’immersione devono essere analizzate e corredate delle relative etichette.

 

LA PIANIFICAZIONE DELL’IMMERSIONE

L’immersione tecnica richiede un’accurata pianificazione. Niente può essere lasciato al caso e diversi sono i fattori da controllare: la profondità massima dell’immersione (MOD), la miscela di fondo e quelle decompressive e il tempo di immersione (run time).

 

1.    Stabilire la profondità massima

Il primo dato fondamentale da stabilire quando si vuole andare ad esplorare un sito di immersione è la profondità massima (MOD) e tutto il resto della pianificazione sarà legato a questo dato che deve essere sempre tassativamente rispettato.
 

2.    Scegliere la miscela di fondo

Una volta individuato il sito da esplorare, e quindi definita la profondità, occorre decidere quale miscela di fondo utilizzare e determinare il tempo d’immersione. Quest’ultimo dipende dalla profondità che si vuole raggiungere e dal tipo di miscela di fondo scelto.
Va ricordato che il tempo d’immersione (che va dall’inizio della discesa all’inizio della risalita) deve prevedere un accumulo massimo di CNS% sul fondo inferiore al 20%.

Per calcolare l’accumulo di CNS%  si deve conoscere prima la miscela di fondo che si intende utilizzare, cioè calcolare la frazione di ossigeno (fO2) e quella di elio (fHe) che deve contenere il Trimix.


 Giannutri: a 58 metri con Trimix 21/35 ed EAN50 sul relitto del "Nasim"

Una volta stabilita la MOD, dato che la PpO2 massima respirabile è pari a 1,3 ata per calcolare la massima frazione di ossigeno che può essere presente nella miscela basta dividere 1,3 per la pressione ambiente della MOD. Per esempio in un’immersione la cui MOD è fissata a 65 metri si ha fO2 max = 1,3/7,5 = 0,17.

Perciò per un’immersione a 65 metri la percentuale massima di ossigeno che potrà essere contenuta nella miscela è pari al 17%.

Invece la frazione di elio che dovrà essere presente nella miscela si può calcolare con la formula che abbiamo visto sopra nel paragrafo relativo al calcolo dell’END, cioè fHe = 1 - (END + 10) / (Profondità + 10)  quindi fHe = 1 - (35 + 10) / (65 + 10) = 0,40

Perciò per un’immersione a 65 metri la miscela da utilizzare dovrebbe essere il Trimix 17/40. Questi valori sono quelli limite, cioè la percentuale massima di ossigeno e la percentuale minima di elio, ma per essere più conservativi è meglio utilizzare una miscela Trimix 16/45.

 

3.    Stabilire il tempo di immersione

Il tempo di immersione (run time) è limitato dall’accumulo di CNS% sul fondo, il cui limite massimo è stato stabilito dalle didattiche al 20%. Tuttavia a certe profondità, raggiungere il 20% di CNS% accumulato comporta dover poi trascorrere tempi lunghissimi in decompressione.

Per esempio, se si fa un’immersione a 70 metri con un Trimix 16/45 per 20 minuti di tempo di fondo, con EAN50 e ossigeno puro come miscele decompressive, si avrà un run time totale di 79 minuti (che diventano 88 minuti con i gas break e la risalita alla superficie alla velocità di 1 m/min).

Perciò quando si pianifica un’immersione va valutato se si vuole fare una così lunga decompressione, perché  a volte riducendo il tempo di fondo di soli 5 minuti si risparmia molta decompressione. Nell’esempio precedente limitando il tempo di fondo a 15 minuti il run time totale si riduce di circa 20 minuti.

 

Un’altra importante regola da rispettare nelle immersioni tecniche con Trimix è che si può effettuare una sola immersione al giorno. Infatti un’immersione di questo tipo richiede impegno fisico e psicologico notevole, e parecchio tempo per la pianificazione e per la preparazione dell’attrezzatura, perciò se un certo sito è particolarmente interessante si può pianificare un’ulteriore immersione, magari ottimizzando miscela di fondo e tempo d’immersione sulla base dell’esperienza già fatta.

PREPARARE LA TABELLA D’IMMERSIONE

Una volta stabiliti tutti i parametri, si può stampare la tabella di immersione che si può ricavare anche usando il software V-Planner. Tuttavia, nonostante il software decompressivo fornisca (già pronti) molti dati per una corretta pianificazione dell’immersione, il subacqueo tecnico deve acquisire confidenza e pratica nello svolgimento di tutti i calcoli per essere in grado di controllare tutti i parametri relativi all’immersione che vuole effettuare.

 

Nelle immersioni tecniche con il Trimix niente deve e può essere lasciato al caso. Infatti, più aumenta la profondità, più complessa e pesante diviene la configurazione, maggiori saranno le difficoltà d'intervento nel caso di un problema durante l’immersione. Perciò se per l’immersione ricreativa la prevenzione è un aspetto importante, esso diventa fondamentale e imprescindibile nell’immersione tecnica, perché dalla prevenzione dipendono la propria salute e quella dei compagni del “Team” d’immersione.

 

A sinistra Angela con Trimix normossico, EAN50 e Ossigeno puro per la decompressione

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