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di Tecnica & Medicina

 

 

156. TOSSICITA' DELL'OSSIGENO - Studi della Royal Navy
 

 

Gli studi del Dr. E. Donald Thalmann costituiscono la base di ciò che è conosciuta come tossicità dell’ossigeno sul S.N.C., ossia:

·      Vi è un’ampia variazione individuale alla sensibilità e al tempo di insorgenza dei sintomi, e ciò viene definita come "tolleranza all’ossigeno".

·      Rispetto all’esposizione a secco, l’immersione diminuisce notevolmente la tolleranza all’ossigeno, riducendo i tempi di esposizione fino a 4-5 volte.

·      Condizioni sotto sforzo diminuiscono notevolmente la tolleranza all’ossigeno, rispetto a condizioni di riposo.

·      Immersioni in acque molto fredde (9°C) o molto calde (31°C) sembrano diminuire la tolleranza all’ossigeno.

Lo scopo della ricerca del Dr. Donald Thalmann per la Royal Navy era quello di fissare una serie di limiti di esposizione all’ossigeno, ossia una tabella che avrebbe indicato per quanto tempo un sommozzatore avrebbe potuto continuare a respirare in sicurezza ossigeno puro al 100 % a varie profondità, nonostante la grande variabilità esistente fra diversi individui e lo stesso individuo.

Come risultato di questi studi la Royal Navy ritenne non sicuro respirare ossigeno puro oltre una profondità di 7,6 metri (con una pressione parziale dell’ossigeno di 1,76 ata).

In realtà, 7,6 metri è stata la profondità minima testata. Non fu fissato nessun limite di tempo per questa esposizione, ma il tempo esaminato più lungo fu di 2 ore.

La Royal Navy effettuò immersioni più profonde utilizzando miscele di azoto e ossigeno nei nuovi autorespiratori a circuito semi-chiuso. Questo fu l’inizio delle cosiddette "immersioni con miscele", in cui il gas utilizzato per la respirazione è una miscela di ossigeno e azoto piuttosto che essere semplicemente compresso dall’aria atmosferica.

Studi della U.S. Navy

Negli anni ‘50, il Dr. E. H. Lanphier studiò la possibilità di determinare i limiti di esposizione all’ossigeno per immersioni con ossigeno puro al 100 % oltre i 7,6 metri.  I limiti di esposizione ad ossigeno puro al 100 % da lui raccomandati restarono in uso fino al 1970 e con solo alcune lievi modifiche continuarono ad essere utilizzati fino al 1991, quando furono nuovamente modificati.

Gli studi riguardavano anche le modalità in cui tali limiti potevano essere applicati alle pressioni parziali dell’ossigeno relative alle immersioni con miscele Nitrox.

Durante un’immersione Nitrox, possono verificarsi pressioni parziali dell’ossigeno simili a quelle utilizzate in immersioni con ossigeno puro, ma a causa dell’aggiunta di azoto, tali pressioni parziali possono essere raggiunte a profondità maggiori e, quindi, a una maggiore densità del gas usato per la respirazione.

Scoperte studi U.S.A.

La maggiore densità di gas riscontrata durante un’immersione con miscela Nitrox ha richiesto che i tempi di esposizione a una certa pressione parziale di ossigeno fossero più corti rispetto agli autorespiratori a ossigeno puro, che possono essere usati solo a basse profondità e che comportano una minore densità di gas.

Si è ritenuto che il motivo di questa minore tolleranza durante le immersioni Nitrox sia dovuto a una minore eliminazione di anidride carbonica a maggiori profondità, dando come risultato livelli più elevati di anidride carbonica nel sangue. Ciò renderebbe il subacqueo più sensibile alla tossicità dell’ossigeno.

Con l’avvento degli autorespiratori ad ossigeno a circuito chiuso, la U.S. Navy non utilizza più gli autorespiratori a miscela Nitrox e non pubblica più i limiti di esposizione a miscela Nitrox nel suo Manuale d’immersione ufficiale.

Il conflitto e alcuni buoni consigli

Gli esperti inglesi non condividono gli esiti delle ricerche del Dr. Lanphier e la Royal Navy ha fissato i propri limiti di esposizione per immersioni con miscela Nitrox che non cambiano nell’immersione con ossigeno puro.

Il lavoro del Dr. Lanphier è certamente degno d’interesse tanto da indurre i subacquei ad essere estremamente cauti prima di estrapolare i limiti di esposizione all’ossigeno stabiliti per l’uso di autorespiratori ad ossigeno puro ed applicarli direttamente alle immersioni in miscela Nitrox a maggiore densità di gas. Sarebbe ideale che i limiti Nitrox fossero testati alla massima densità di gas prevista per il loro utilizzo.

Ritenzione di CO2

Perché la ritenzione di anidride carbonica (CO2) dovrebbe diventare un problema a maggiori densità di gas? Sono stati realizzati molti studi che mostrano che normalmente, nel caso di autorespiratori ad aria, all’aumentare della profondità la maggiore densità del gas e l’elevata densità dell’ossigeno rallenteranno la frequenza di respirazione e quindi il tasso di eliminazione dell’anidride carbonica. Ciò comporta un aumento dei livelli di anidride carbonica nel sangue, benché non in tutti i subacquei si verifichi un rallentamento della respirazione agli stessi valori.

Il Dr. Lanphier ha studiato il problema dei subacquei che tendevano a respirare più lentamente durante l’immersione rispetto al normale, i cosiddetti "trattenitori di anidride carbonica". Intuì che tali individui erano esposti a un rischio particolarmente elevato di esposizione a tossicità dell’ossigeno per il S.N.C. durante la respirazione di alte percentuali di ossigeno in miscele di azoto.

Ciò significherebbe, dunque, che un subacqueo che effettui un’immersione Nitrox debba preoccuparsi se è un trattenitore di anidride carbonica o meno? Non vi è purtroppo alcun test valido che ci permetta di individuare con certezza tali "trattenitori di anidride carbonica".

La migliore strategia attualmente disponibile consiste nel far riferimento a dei limiti di esposizione ad ossigeno prudenti.

Ulteriori studi U.S. - Limiti di esposizione all’ossigeno

Fra la fine degli anni ‘70 e gli inizi degli anni ‘80, il Navy Experimental Diving Unit (NEDU) realizzò una serie di studi per esaminare tempi di esposizione ad ossigeno più lunghi di individui che utilizzavano autorespiratori ad ossigeno puro a basse profondità esercitandosi a livelli normalmente riscontrati in nuotatori d’assalto impegnati a nuotare per lunghi tragitti sott’acqua. (Bisogna ricordare che i tempi di esposizione elaborati in riferimento a subacquei in condizioni di riposo possono facilmente causare problemi a subacquei sotto sforzo, in quanto lo sforzo riduce la tolleranza all’ossigeno.)

La conclusione dello studio è stata che esposizioni di 4 ore a 7,6 metri (1,76 ata) avevano una bassa probabilità di causare sintomi al S.N.C. ma che non erano assolutamente prive di rischi, in quanto è stato riportato un caso di convulsione a tale profondità dopo 72 minuti di esercizio. A causa di tale rischio, è stato raccomandato di non effettuare esposizioni di routine oltre una profondità di 6,1 metri (1,6 ata) per un massimo di 4 ore, con un’unica escursione fra 6,4 e 12 metri per 15 minuti, o fra 12 e 15 metri per cinque minuti.

Persino tale raccomandazione non esclude totalmente la probabilità di convulsioni. Nel corso di tali studi si sono verificati vari casi di convulsioni da ossigeno e ne è stata verificata l’imprevedibilità come osservato dal Dr. Donald circa 40 anni prima. Una caratteristica di tali convulsioni è che si verificano con un minimo di sintomi se non addirittura senza alcun avvertimento.

Con l’avvento delle immersioni con miscela Nitrox è consigliabile prendere in considerazione tali studi.

La Dr.ssa Andrea Harabin ha analizzato le esposizioni ad ossigeno di individui degli studi NEDU e ha utilizzato un modello matematico per prevedere la probabilità dell’insorgenza di sintomi di tossicità all’ossigeno sul S.N.C.. Ha riscontrato che il modello indica una soglia a 1,3 ata; ciò significa che la probabilità del verificarsi di un sintomo sul S.N.C. a tale livello o a un livello inferiore dovrebbe essere praticamente uguale a zero.

Quando la Dr.ssa Harabin prese in considerazione solo le convulsioni e determinati sintomi, riscontrò che le soglie erano a 1,7 ata. Ancora una volta tale analisi riflette il forte grado d’incertezza inerente a tali tipi di esposizioni di esseri umani ad ossigeno.

Quali sono, quindi, i livelli di ossigeno a cui si può respirare con sicurezza?

Attualmente la U.S. Navy utilizza 1,3 ata come limite massimo nei suoi autorespiratori ad ossigeno a circuito chiuso , cioè la soglia più sicura determinata dalla Dr.ssa Harabin per subacquei sotto sforzo.

Con l’utilizzo di tali apparecchiature a circuito chiuso, sono possibili anche esposizioni che superino le 8 ore e ad un livello di 1,3 ata le probabilità di essere esposti alla tossicità dell’ossigeno sul S.N.C. dovrebbero essere abbastanza rare.

Invece la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) adotta un atteggiamento un po’ più cauto, raccomandando 180 minuti a 1,3 ata per esposizioni normali e 240 minuti solo per esposizioni eccezionali.

I limiti del NOAA si basano sui risultati degli studi del NEDU realizzati negli anni ‘80, che prendono in considerazione le maggiori densità di gas riscontrate nelle immersioni Nitrox.

I "limiti di esposizione normale" sono più lunghi dei limiti Nitrox proposti dal Dr. Lanphier, ma sono molto al di sotto di 240 minuti, con un’esposizione di 1,6 ata, che sono quelli attualmente ammessi dalla U.S. Navy per immersioni con ossigeno puro.

La PADI ha proposto un limite di 1,4 ata per immersioni con autorespiratori a circuito aperto con miscela Nitrox. Poiché tale tipo d’immersione non esporrebbe i subacquei continuamente a tale livello, in pratica dovrebbe essere altrettanto sicuro, se non addirittura più sicuro, del limite di 1,3 ata proposto dalla U.S. Navy per esposizioni continue.

Infatti, i tempi di esposizione ridotti nella fascia fra 1,3 e 1,4 ata sono soprattutto intesi a evitare l’insorgenza della tossicità dell’ossigeno a livello polmonare (effetto Lorraine - Smith).
La possibilità dell’insorgenza della tossicità sul S.N.C. (effetto Paul Bert) a questi livelli è molto bassa e probabilmente non molto diversa al di sopra di tale fascia.

E’ possibile respirare ossigeno a una PpO2 più elevata? La risposta è sì, però! Le analisi della Dr.ssa Harabin hanno fissato una soglia limite a 1,7 ata (7 metri) per un subacqueo sotto sforzo se si considerano solo le "convulsioni" e i sintomi "determinati". Ciò è pericolosamente vicino alla profondità limite di 7,6 metri (1,76 ata) dove si è verificato un caso di convulsioni, quindi riportare tale limite a 6,1 metri (1,6 ata) dà un maggiore grado di sicurezza.

Attualmente, la U.S. Navy ammetterebbe un’esposizione sotto sforzo a tale pressione parziale per un massimo di 4 ore, presupponendo però che si tratti di nuotatori da combattimento allenati che respirino ossigeno puro al 100%  a 7,6 metri. Un’escursione di profondità di soli 1,5 metri metterebbe il sommozzatore in una fascia a rischio di convulsioni e coloro che tendono a trattenere anidride carbonica sotto sforzo sarebbero esposti a un rischio ancora più elevato.

Il limite NOAA per le immersioni Nitrox a 1,6 ata è di 45 minuti per un’immersione normale e di 120 minuti per immersioni a esposizione eccezionale.

Durante un’immersione con miscela Nitrox effettuata presso il Duke University’s F. G. Hall Hypo/Hyperbaric Center a una profondità di 30 metri, respirando 1,6 ata di PpO2  sotto pesante sforzo, si è verificata una convulsione dopo 40 minuti. Probabilmente questa non si sarebbe verificata a un’entità di sforzo più ridotta, ma ciò sembra stare a indicare che il limite NOAA di 45 minuti per un’immersione con miscela Nitrox di 1,6 ata non è eccessivamente sicuro.

Respirare ossigeno puro al 100 % durante la tappa di decompressione a 6,1 metri è una pratica comune e a tale profondità la pressione parziale è di circa 1,6 ata. A una profondità così bassa, in condizioni di riposo, le probabilità di esposizione a tossicità dell’ossigeno sul S.N.C. dovrebbero essere molto ridotte. Ma come molte altre cose al mondo, ciò non è totalmente sicuro, come dimostrato da un recente caso di convulsione da ossigeno verificatosi a 6,1 metri durante la decompressione di un tecnico subacqueo dopo aver completato un’immersione sul relitto del Lusitania.

Sintomi di tossicità dell’ossigeno sul S.N.C. verificatisi negli studi NEDU

Convulsioni: il sintomo più grave da evitare ad ogni costo

Sintomi determinati: contrazioni muscolari convulse, tinnito auricolare (fischi nelle orecchie), visione offuscata o a tunnel, disorientamento, afasia (incapacità di esprimersi mediante il linguaggio), nistagmo (rapidi movimenti laterali dell’occhio) o incoordinazione motoria.

Sintomi probabili: segni più equivoci che potrebbero essere dovuti sia a tossicità dell’ossigeno che ad altre cause: un leggero senso di apprensione, disforia (una sensazione di disagio), letargia e nausea transitoria.

Raccomandazioni

Un aspetto fondamentale da tener presente per ora è che la tossicità dell’ossigeno è volubile: le convulsioni si sono verificate a basse profondità in condizioni in cui la maggior parte degli esperti non si sarebbe aspettata tale evenienza.

Quindi, come dovrebbero comportarsi i subacquei sportivi nei confronti delle immersioni con miscela Nitrox? La risposta è: con prudenza!

Innanzitutto, ogniqualvolta si respira un gas con una percentuale di ossigeno superiore al 21 %, bisogna tenere presente che l’intossicazione da ossigeno è una possibilità e ciò richiede un adeguato addestramento.

In secondo luogo, l’utilizzo di attrezzature appositamente studiate per comprimere miscele ad elevato contenuto di ossigeno può essere pericoloso di per sé e richiede uno speciale addestramento.

In terzo luogo, ciò che si immette nell’autorespiratore non necessariamente è ciò che ci si aspetta.

E’ necessario in questo caso disporre di un metodo di analisi della quantità di ossigeno nell’autorespiratore indipendente da quello della stazione di ricarica delle bombole.

In quarto luogo, se avete una particolare predilezione per gli autorespiratori ad ossigeno (ARO), ricordate che sono delle attrezzature molto complesse, che richiedono molta più manutenzione e cura dei vecchi ma sicuri autorespiratori ad aria. Se decidete di utilizzare gli autorespiratori ad ossigeno preparatevi ad affrontare un adeguato addestramento ed elevati costi di manutenzione.

Infine, c’è il problema di ridurre la probabilità della tossicità dell’ossigeno al minimo.

Via libera

Per le immersioni con autorespiratore ad aria a circuito aperto, "semaforo verde" per una PpO2 uguale o inferiore a 1,4 ata (che corrisponde a circa 25 metri su una miscela di ossigeno al 40 per cento). Se tale livello non sarà mai superato, saranno altre le limitazioni che interverranno nel caso delle immersioni con autorespiratore ad aria a circuito aperto, limitando i tempi di esposizione ad una permanenza sott’acqua in cui l’insorgere della tossicità da ossigeno sul S.N.C. sarà altamente improbabile, anche nel caso di esposizioni della durata di quasi 4 ore.

Procedere con cautela

La "zona gialla" è compresa fra 1,4 ata e 1,6 ata (ossia a 30 metri con una miscela al 40 per cento).

La possibilità della tossicità da ossigeno a 1,6 ata è molto bassa, ma il margine di errore è molto ristretto rispetto a 1,4 ata. Le variazioni individuali, le escursioni di profondità non programmate e la possibilità di dover compiere del lavoro pesante in caso di emergenza fanno salire la possibilità di tossicità da ossigeno a livelli di guardia. Quindi, i livelli fra 1,5 e 1,6 ata dovrebbero essere riservati a condizioni in cui il sommozzatore è in condizioni di completo riposo, come ad esempio durante la decompressione.

Alt!

Il "semaforo rosso" scatta al di sopra di 1,6 ata. Non superate mai tale soglia. Infatti, esistono prove che sono certamente possibili brevi esposizioni a livelli superiori di PpO2 ma ricordate che anche le convulsioni lo sono! Anche un lieve sforzo può elevare il rischio e persino i sommozzatori con autorespiratore ad aria a circuito aperto che si immergono a tali profondità possono essere a rischio se permangono in profondità oltre una certa durata.

Infine...

L’immersione Nitrox può prolungare i tempi di permanenza o ridurre la possibilità dell’insorgenza della malattia da decompressione, a seconda delle modalità a cui viene effettuata, ma aumenta il rischio di tossicità da ossigeno. La malattia da decompressione raramente si verifica sott’acqua e raramente è letale. Se si dovesse verificare sott’acqua comunque non dovrebbe normalmente rappresentare un pericolo di vita.

Nel caso di convulsioni da ossigeno, queste quasi sempre insorgono sott’acqua, complicando dunque seriamente il trattamento. Quindi, se le probabilità dell’insorgenza di convulsioni sono ridotte, nel momento in cui si dovessero verificare la possibilità di un incidente grave o morte è elevata.

L’esperienza e una buona preparazione sono dunque essenziali.

Cosa fare in caso d’intossicazione da ossigeno o di convulsioni?

Le convulsioni da ossigeno in acqua sono rare ma potenzialmente pericolose per la sopravvivenza.

In base al Manuale d’immersione della U.S. Navy, paragrafi 14.9.1.1 e 14.9.1.2, la procedura suggerita per far fronte all’insorgenza di convulsioni è la seguente:

A) Trattamento dei sintomi non convulsivi

Il sommozzatore colpito dovrebbe avvisare il suo compagno d’immersione ed effettuare una risalita controllata verso la superficie. Si dovrebbe procedere (all’occorrenza) a gonfiare il GAV della vittima mentre il compagno d’immersione lo tiene sotto stretto controllo per monitorare l’andamento dei sintomi.

B) Trattamento di convulsioni sott’acqua

Per intervenire su un sommozzatore affetto da convulsioni devono essere osservate le procedure seguenti:

a)   Assumere una posizione retrostante al sommozzatore affetto da convulsioni. Sganciare la cintura della zavorra della vittima a meno che non indossi una muta stagna; in tal caso la cintura della zavorra non deve essere rimossa per evitare che il subacqueo assuma una posizione con la testa all’ingiù in superficie.

b)   Lasciare l’erogatore della vittima in bocca. Se non è in bocca, non cercare di rimetterglielo; tuttavia, se c’è tempo sufficiente, assicurarsi che il rubinetto di chiusura del boccaglio sia chiuso, cioè in posizione SUPERFICIE (questo si riferisce solo all’ARO).

c)   Afferrare la vittima intorno al torace al di sopra dell’autorespiratore ad aria (ARA) o fra l’ARA e il suo corpo. In caso di difficoltà nel tenere la vittima sotto controllo in questa maniera, il compagno dovrebbe ricorrere al metodo migliore possibile per ottenerne il controllo. Se necessario si potranno afferrare i cinghiaggi della vita o del collo dell’ARA.

d)   Effettuare una risalita controllata verso la superficie, applicando una leggera pressione sul torace del sommozzatore per aiutarlo ad espirare.

e)   Se è necessario un maggiore assetto idrostatico, gonfiare il jacket della vittima. Il compagno non deve sganciare la propria cintura della zavorra né gonfiare il proprio jacket.

f)   Dopo essere risaliti in superficie, gonfiare il jacket della vittima nel caso in cui non sia già stato gonfiato.

g)   Togliere il boccaglio dalla bocca della vittima e, esclusivamente nel caso degli autorespiratori ad ossigeno, girare il rubinetto in posizione SUPERFICIE per evitare che si allaghi il sacco polmone appesantendo la vittima (questo si riferisce solo all’ARO).

h)   Segnalare il recupero di emergenza.

i)    Una volta che le convulsioni sono scomparse aprire le vie respiratorie della vittima piegandone la testa leggermente all’indietro.

j)    Accertarsi che la vittima respiri. Se necessario si può iniziare la respirazione bocca a bocca.

k)   Se durante le convulsioni si è verificata una risalita verso la superficie, trasportare la vittima al più vicino centro iperbarico e farla esaminare da un esperto in medicina subacquea.

Ovviamente, una maschera tipo gran facciale è il modo migliore per effettuare immersioni con miscele ad alto contenuto di ossigeno, in quanto il sommozzatore può essere tenuto in profondità fino alla scomparsa delle convulsioni. Se il sommozzatore respira da un boccaglio e questo fuoriesce dalla bocca, non vi è nessun’altra alternativa se non quella di riportare in superficie il subacqueo, in quanto nel momento in cui le convulsioni smetteranno la prima cosa che questi cercherà di fare sarà di prendere un respiro.

La fase g) dovrebbe essere modificata nel caso in cui la vittima respiri miscela Nitrox da un autorespiratore a circuito aperto. Durante le convulsioni sarà impossibile estrarre il boccaglio dalla bocca della vittima e non si dovrà mai tentare di forzarlo. Al placarsi delle convulsioni, se il boccaglio è in posizione (o se il subacqueo indossa una maschera tipo gran facciale) e se il subacqueo è ancora in acqua e respira, allora lasciare tutto al suo posto finché non si riporterà la vittima fuori dall’acqua. Se non respira, allora togliere il boccaglio una volta raggiunta la superficie e cominciare la respirazione bocca a bocca.

Lo scopo principale, mentre il sommozzatore colpito è in acqua, è evitare che anneghi. In secondo luogo bisogna assicurarsi che le vie respiratorie siano libere al placarsi delle convulsioni tenendo il collo esteso. Infine, si deve verificare che non vi siano corpi estranei nella trachea.

Esposizioni continue ed esposizioni intermittenti all’ossigeno

Bisogna ricordare che i sintomi della tossicità dell’ossigeno sul S.N.C. sono un fenomeno che perdura nel tempo. Man mano che la pressione parziale dell’ossigeno inspirato aumenta, il tempo di esposizione diminuisce.

Nelle immersioni Nitrox, i sommozzatori respirano da autorespiratori a circuito aperto con una percentuale fissa di ossigeno nella miscela. Se si utilizza un autorespiratore a circuito aperto, la pressione parziale massima dell’ossigeno di 1,4 ata sarà raggiunta solo alla profondità massima, e nella stragrande maggioranza dei casi di immersioni subacquee sportive, il tempo trascorso alla massima profondità sarà limitato a livelli a cui difficilmente si potrà verificare la tossicità dell’ossigeno sul S.N.C.

A profondità più basse, la pressione parziale dell’ossigeno sarà minore. Esistono formule per integrare le esposizioni a varie profondità per prevedere i tempi di esposizione totali se si considera solo la tossicità dell’ossigeno a livello polmonare, ma non esiste nessuna formula che permetta l’integrazione delle esposizioni ad ossigeno a varie profondità in un unico indicatore che permetterebbe al sommozzatore di evitare la tossicità dell’ossigeno sul S.N.C. La cosa migliore che si possa dire è che un’unica escursione di 15 minuti a 12 metri, o di cinque minuti a 15 metri, probabilmente non ha nessun effetto significativo. Ciò rappresenta la base delle attuali raccomandazioni dell’U.S. Navy.

Dr. E. D. Thalmann

 

 

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